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Carlino Mezzolitro e il cane alla catena

Carlino Mezzolitro e il cane alla catena

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Disegno di Giovanna Certo

Carlino Mezzolitro amava gli animali. Amava le rondini quando planavano sullo stagno del
vicino, i gatti che facevano le fusa scivolando sull’erba del giardinetto, il vecchio gallo
della signora Carbonella che con il suo chichirichì (non sempre in orario) dava il benvenuto al
nuovo giorno. Sentire la natura nel palpitare dei suoi piccoli protagonisti…e poi Carlino, aveva
un cane…Oddio non era veramente il suo…un po’ di tutti…Fidelio, così tutti lo chiamavano,
(e lui, infatti, si voltava), era un bastardino che vagava sereno tra le villette, mangiando un po’ qua, un po’ là… Col tempo cattivo, ognuno dei suoi” benefattori” gli offriva accoglienza e lui, a turno, accontentava tutti… Fidelio, era un cane, libero e felice.
Pioveva e era proprio la volta del nostro eroe. Tuttedue sul divano, a vedere Lassie!
Ma la serenità vive nell’attesa di essere interrotta e quindi, la solita, prevedibile telefonata!
-Carlino, Carlino, Carlino,un cane ha bisogno di te!
Il solito camurriuso, Vecchio detto il Saggio!
Una piaga, una sofferenza, ma come si fa a dire di no quando chiede per un cane, proprio
mentre tieni in braccio il tuo?
E così, anche se a malincuore, lasciò Fidelio sul divano per andare in Via dei Sogni al Numero
Che ne so.
-Bravo, bravo il mio Carlino, non manchi mai il tuo appuntamento con il Bene!
-Che succede, a questo povero cane?
-E’ in catena, in catena… E’ arrivata una telefonata di un’amica di Messina.
Lungo un viale di periferia, ci sta un’officina e il proprietario tutte le mattine prima
di aprire l’attività, attacca un cane alto e magro a una catena, posta dietro una macchina
parcheggiata di sua proprietà. L’animale per tutta la giornata, sta lì, invisibile ai più,
al freddo, all’acqua, al vento al sole, senza riparo. Unico conforto: una ciotola d’acqua.
Stanco di questa vita, si muove e abbaia poco…Soffre e dimagrisce sempre più.
-Povero cucciolo! Ci penserò io!
Arrivò nella città dello Stretto mentre c’era la Fata Morgana… La Calabria vicina e magica al tempo.
Trovò subito l’officina. Iniziò a piovere, prima lentamente, poi più forte, in modo incessante,
senza tregua.
Diego, questo era il nome del cane, fermo, sempre più inzuppato, con la catena corta che poco
gli permetteva. Nell’indifferenza generale del principale, dell’aiutante, dei clienti.
Nessuno aveva pensieri per lui… Dopo due ore circa l’acqua cessò, il padrone gli portò
la ciotola con dei croccantini, senza nemmeno guardarlo… lui mangiò, con l’acqua piovana
ancora sul folto pelo marrò.
Le zampe lunghe, gli occhi neri, e due orecchie grandi e cadenti, un meticcio che non poteva
vantare bellezza. Ma aveva un espressione dolce e scodinzolava la coda a tutti, anche se tutti
gli negavano un saluto.
Carlino al proprietario.
-E ‘suo questo cane? Mi piace! Me lo venderebbe? Quanto vuole?
-Ma mi sta prendendo in giro, questo coso brutto e insignificante! Chi può volerlo?
Lo tengo per pietà e per la buonanima di mia moglie che me lo lasciò in eredità.
Sto coso brutto con quelle orecchie e poi…fa la festa…non sa fare la guardia…l’ho
portato a cacciare: niente! Quando vede gli uccelli sparati: scappa! E’ una pietà.
Se non fosse per la povera Adele che me lo lasciò per comando… Una pallottola,
Una pallottola e avrei risolto tutto…Ma non posso! Adelina guarda, controlla!
Venderglielo? Se potessi glielo regalerei pure, questo mangiapane a tradimento!
Ma lo sa quanto mi costa da mangiare?! La notte lo lascio qui nella bottega, a casa
non lo voglio. Tutte le mattine quando alzo la saracinesca, spero, ma niente…sta lì!
E batte pure la coda, sto cretino!
-Mi scusi, lo posso accarezzare?
-Se proprio ci tiene!
Così fece Carlino Mezzolitro e gli occhi di Diego, si fecero dolci e languidi, fino alle lacrime.
Ma direte voi: può un cane piangere? Si, nelle fiabe, si.
Carlino Mezzolitro si accomiatò da Diego e dal suo tiranno con una certezza: sarebbe tornato.
Andò a cercare rinforzi.
E chi se non la Fata Turchina, notoriamente animalista!
E insieme andarono da Leonard Albert Della Mirandolis in Via dell’Inventore Pazzo
al numero che m’importa.
Lo trovarono più spettinato che mai mentre accarezzava il suo cane: un cucciolo adottato
con una triste storia d’abbandono che aveva ribattezzato… beh… Archimede… non poteva essere altrimenti…
Mentre sentiva la storia strinse Archimede più forte a sé, come per difenderlo, poi ebbe un moto di rabbia (strano per la sua persona).

-Ci penso, io, ci penserò io!
Mancò la solita mezzorata e tornò con il mano l’ennesimo manufatto e con
umore migliore.
-Si chiama faparlareicani. Me lo chiese un direttore di circo. Io lo preparai,
ma poi capii che lo voleva per speculazione e dissi che non ero riuscito!
Andate! Andate! Vi gioverà!
E così tornarono a Messina, da Diego.
Lo trovarono al sole. Era luglio. La ciotola con poca acqua.
Il suo principale lavorava su una Mercedes.
Come fare senza farsi notare?
Ci pensò la Fata Turchina!
Un abracadabra dei suoi e il principale come assorto dal rumore di
un radiatore non sentì nulla.
Il nostro eroe azionò il marchingegno e…
Con voce triste, quasi rotta da un pianto leggero e costante…
-Mi chiamo Diego, almeno così mi chiamano.
Un uomo, ero di pochi giorni, con la forza mi separò da mia mamma
e dai miei fratelli. Disse che avevo le zampe lunghe, che andavo bene per un cacciatore.
E mi portò da quest’uomo che dice a tutti che è il mio padrone.
All’inizio le cose sembravano andare bene. Mi fa faceva dormire a casa sua,
mi pasceva bene…Poi mi feci alto, grande e una domenica mattina mi disse:
È ora che ti buschi il pane!
E mi portò sui monti: io e quel dannato fucile!
Sparava a tutti gli uccelli che vedeva e pretendeva che io portassi quei corpicini,
morti e ancora caldi.
Mi rifiutai una volta, due volte, tre volte.
Le sue urla e il suo bastone su di me.
Senza pace. Ma le mie ossa non sentivano più dolore…E allora mi portò in officina
e mi legò alla catena per fare la guardia…Disse lui, per punizione dico io! E sono qui,
al vento, al gelo, al sole, alla pioggia…La sera mi entra dentro, e non devo abbaiare, per
i vicini…Solo, in mezzo agli odori degli olii, delle benzine che sono diventati i i miei unici

amici.
Carlino piangeva e anche la Fata Turchina…Chiese alla maga di togliere l’incantesimo,
bevve d’un fiato il canonico mezzolitro rosso e si presentò all’uomopadrone.
Questi era impaurito nel vederlo, stava per chiederre cosa volesse, ma non ebbe il tempo:
il vino fece effetto! Prese la chiave del catenaccio e quasi in trance disse:
-Diego scusami! Ora sei libero! Sei libero!
Proprio domattina avevo deciso di abbandonarti sui colli. Qua non mi giovavi più!
Perdonami, perdonami, se puoi!
I tre fuggirono (l’effetto dello sguardo non è eterno). Il nostro eroe restò con la voglia
di dare uno schiaffone al negriero.
Ma cosa strana, si sentirono altri cani abbaiare, felici, sembravano venire da ogni parte
del mondo…Non capirono cosa fosse successo fin quando non arrivarono dal vecchio.
-Cari, cari che cosa bella! Con il tuo barbera tutti i cani alla catena sono stati liberati!
Tutti! Capite! Tutti! In tutto il mondo!
Carlino! Carlino! Non sei felice? Non gioisci?
Al nostro eroe era rimasta la voglia di fare male a quella bestia chiamata uomo.

Francesco Certo