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Questioni di lingua: quarantaquattresimo appuntamento

Questioni di lingua: quarantaquattresimo appuntamento

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di Carmelo Micalizzi

Gastone Vuillier e la caccia al pesce spada nello Stretto di Messina

Agosto 1893. La caccia al pescespada nelle acque dello Stretto1 in un racconto di Gastone Vuillier, pittore, disegnatore ed etnografo, tratto dalla monografia La Sicilia. Impressioni del presente e del passato2 in cui sono raccolte le memorie del suo soggiorno, tra la primavera e l’estate del 1893 nell’Isola3:

«In queste coste, mi disse la mia cortese guida vengono tutti gli anni molti pescispada; tal pesce deve il proprio nome all’arme formidabile di cui è fornito, poiché ha la mascella superiore fatta in forma di spada o di lama, lunga il terzo del suo corpo. È uno dei pesci più grossi che si trovino nei mari d’Europa; ma le sue dimensioni variano a seconda delle latitudini; essi non vanno mai soli, ma seguono sempre lo stesso itinerario riuniti in branchi. Tutti gli anni, dai primi di maggio alla fine di giugno, costeggiano il giro della Sicilia; in autunno soltanto ritornano verso il continente.
Il pescespada è un pesce agile e forte che nuota con grandissima lentezza. Si dice che battendosi col pescecane lo trafigge con la spada; pare che sia accanito contro i tonni, il passaggio dei quali si combina con la sua presenza nelle acque dello Stretto.
Strabone e Polibio parlarono della pesca del pescespada in questi mari. Non so come la facessero gli antichi; ma presentemente i pescatori si pongono in una barca lunga e piatta, costruita appositamente per questa pesca, e li prendono con la fiocina.
Quando si apre la pesca, tutte le barche si riuniscono sul luogo dove devono passare i pesci, disponendosi in semicerchio; una di queste, la Ferriera, si colloca, senza far rumore, all’avanguardia, e un marinaio, arrampicandosi in cima a un albero maestro, alto quattro o cinque metri, in sommo al quale trovasi una piattaforma, annunzia l’arrivo dei pescispada. Non si sta alle vedette soltanto sulle barche, ma anche sugli scogli della spiaggia e fin sotto le mura del castello di Scilla.
Allorché il movimento delle acque o il sibilo acuto che emettono i pescispada ne annunziano il passaggio, le barche vanno loro incontro e il lanciatore d’ogni barca getta la fiocina. Queste fiocine sono fatte in modo che la lama, quando vi è penetrata, non può più uscire dal corpo dell’animale; ma dopo averla lanciata si allenta il lungo canapo al quale è attaccata; e insomma, in piccolo, la pesca della balena. Quando il pescespada è indebolito per la perdita del sangue, viene issato a bordo e finito a furia di colpi di scure; sarebbe pericoloso attaccarlo prima.
Questa pesca è molto interessante, e attira sulla spiaggia un gran concorso di persone. Io vi ho assistito e vi assicuro che è una scena piena di animazione. L’uomo che è in vedetta dirige l’attacco gridando: Manosso! Manosso! e allora la barca con la fiocina prende il largo e fa di tutto per cacciare il pesce verso la riva4. Egli grida: Stinghela! e la barca investe il pesce più che mai5. Si corre a destra, a sinistra, di qua, di là e tutto ciò in un batter d’occhio mentre il lanciatore sta sempre dritto, all’avanti, con la fiocina tesa.
Se sbaglia il tiro, gli spettatori gli fanno l’urlata, alcuni dei presenti lo difendono, assicurando che la deviazione dell’arme è derivata da un movimento della barca, e succede pure che tali dispute degenerino in risse belle e buone. Ma se il lanciatore, dopo una lunga caccia, colpisce la preda, è per lui un trionfo; la folla lo saluta con applausi e grida entusiastiche”.


Gastone Charles Vuillier, pittore, disegnatore, etnografo e viaggiatore francese, nacque il 7 ottobre 1845 a Perpignan, cittadina dei Pirenei orientali6. Collaborò con i maggiori periodici e riviste dell’epoca, tra queste Le Tour de Monde, Le Monde illustré, Les Magasin Pittoresque, L’Art, Le Musée des Familles. Inizialmente studiò per l’avvocatura e lavorò in uno studio notarile, ma la sua principale ispirazione di diventare un artista lo spinsero a scriversi alla École des Beaux de Marsiglia. Prestò servizio nell’esercito francese in Algeria e fu in tale periodo che maturò il progetto che lo indusse a studiare a Parigi presso l’atelier di Emmanuel Lansyer, pittore paesaggista e incisore. Nel 1878, in occasione della terza Esposizione Universale, dopo avere presentato la sua prima mostra al Salon, famosa rassegna biennale di pittura e scultura presso il Louvre, fece domanda di essere assunto dalla prestigiosa Maison Hachette, venendo accettato come illustratore della Casa editrice. Durante i suoi tanti viaggi in Europa, intrapresi da solo o per incarico di Hachette, ebbe modo di conoscere figure di prestigio, intellettuali, artisti e politici. Significativa fu la frequentazione con l’arciduca Ludovico Salvatore d’Austria, studioso dell’area mediterranea e l’incontro con il folclorista palermitano Giuseppe Pitrè. Tali esperienze consolidarono il particolare interesse del Vuillier per l’etnografia al punto che, anni ancora dopo la sua morte, sarebbe stato ricordato più per il suo lavoro in quel campo che come artista».
Il viaggio in Sicilia di Gastone Vuillier, da marzo ad agosto del 1893, prese avvio da Marsala. Il giorno successivo giunse a Palermo. Qui ebbe modo di conoscere lo storico dell’arte Gioacchino Di Marzo e – come accennato –
l’etnologo Pitrè. L’opportuna frequentazione di questi intellettuali gli permise di venire a conoscenza di antiche usanze isolane non ancora scomparse, di leggende, di tradizioni, della capitale e dell’intera Sicilia.
Visitò Castelvetrano, Calatafimi, Selinunte, Sciacca e Girgenti. Da qui si diresse con la ferrovia a Cefalù, quindi toccò Termini, Caltanissetta e Castrogiovanni. Quindi, ancora in ferrovia, giunse a Catania dove la sua curiosità di erudito fu rivolta quasi esclusivamente all’Etna, visitando il comprensorio dei villaggi che la cingono. Quindi si recò a Nicolosi e poi a Paternò, S. Maria di Licodia, Biancavilla e Adernò. Fu affascinato dalla bellezza di Taormina, dove indugiò più di ogni altro luogo della Sicilia, e di Messina da dove s’imbarcò per visitare le isole Eolie. Ma, più di ogni altro luogo, fu sedotto da Siracusa dal cui porto lasciò definitivamente, nella metà di agosto, l’isola non nascondendo l’emozione della ultima visione della luce e delle rovine della città aretusea:
«Ho veduto tutto il giorno piovere torrenti di luce sugli avanzi di gloria dell’antica città […]. Essa è bella, la vecchia Ortigia, così pallida nella misteriosa trasparenza della notte. il cielo è popolato di stelle, Siracusa è costellata di lumi. I lumi della città, e il chiarore delle stelle tremola sul mare. Ho per tutto, dinanzi agli occhi un dolce scintillio; non so più dove principia il cielo … dove finisce il mare».
Nel 1895, in Francia, due anni dopo il suo ritorno in Francia, Vuillier viveva ancora del ricordo della Sicilia continuando a subirne il misterioso fascino. Ricordava gli amici siciliani e terminava le ultime pagine e la prefazione del libro sull’Isola, pubblicato infine nel 1897 per i tipi della casa editrice Treves, nella sua abitazione di Limousine presso Limoges, dedicandolo con toccanti parole, a Giuseppe Pitrè:
«Una pena infinita segue sempre il viaggiatore, la vita del quale si sminuzza a seconda le vie che percorre. […] Flaubert mi cade involontariamente dalla penna, poiché anch’io come lui ho provato lo stordimento dei paesaggi e delle rovine, l’amarezza delle simpatie interrotte […]».
Gastone Vuillier morì il 2 febbraio 1915 a Gimel les Cascades, cittadina nei pressi di Bordeaux.
Il volume di Vuillier è compendiato da 255 incisioni che la critica ha indicato opera dello stesso autore, abile disegnatore, contestuali al viaggio in Sicilia oppure realizzate al suo ritorno in Francia elaborando gli schizzi. Ciò è vero solo in parte poiché molte raffigurazioni sono palesemente copiate da stampe fotografiche. Riguardo Taormina, Messina e la sua provincia, Gastone Vuillier ha talora preso come modelli alcune fotografie realizzate da Wilhelm Von Gloeden7, Giovanni Crupi8 e Ledrù Mauro9, attivi tra l’ultimo scorcio dell’‘800 e gli inizi del ‘900.

NOTE

1CARMELO MICALIZZI, Gli Xìphia e le parole segrete. Così ei par che sappiano discernere la lingua Greca dall’Italiana, in Questioni di Lingua, 44° appuntamento in «Messina Medica 2.0» del 7 giugno 2024
2GASTONE VUILLIER, La Sicilia. Impressioni del presente e del passato. Illustrate dallo stesso autore, Fratelli Treves, Milano 1897, pp. VIII-460, con 255 incisioni in bianco e nero nel testo e fuori testo. In appendice indice dei XV capitoli e delle illustrazioni.
3 IDEM, La Sicilia…, cit., pp. 379-383
4Manosso: l’arcaico termine, usato dai pescatori ancora nella prima metà del ‘900, nella caccia al pescespada, corrotto dall’uso millennario, è traducibile mane exo, resta fuori. L’uomo di vedetta grida infatti l’ordine al timoniere di dirigere la barca verso il largo.
5Stingala: traducibile stin ghi èla, vieni verso terra. A tale comando, la barca con il lanzatore armat o di fiocina prende il largo e fa di tutto per spingere il pesce verso la riva
6 Dalla prefazione di Rosario La Duca in GASTONE VUILLER, La Sicilia…, cit., ristampa anastatica, Palermo 1985
7Giovanni Crupi (Taormina 1861-1925)
8Wilhelm Von Gloeden (Wismar 1856-Taormina1931)
9Ledrù Mauro (Piazza Armerina 1852-Messina 1901)