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di Filippo Cavallaro
Illusioni, nevrosi, terrore, incertezze e passioni sono il contesto che anima i tanti personaggi, in un momento di disagio della propria esistenza, per pericolo, novità o cambiamenti in “Resoconto del mio passaggio sulla terra”, scritto da Daniel Mason per Neri Pozza narrativa. Acclamato come uno dei migliori narratori americani della sua generazione in questo testo Mason crea un incantesimo introspettivo in cui pensieri, pulsioni e ossessioni dei suoi personaggi, reali o letterari, trascinano chi legge in un’esperienza empatica totale. Leggendolo mi sono sentito vicino alla storia di mamma Elizabeth e del piccolo William, nella storia ” Come coltivare felci e altre piante in teche di vetro nel fumo di Londra”.
L’ambientazione è la Londra del 1836, quando anche Charles Dickens descrive Londra nel raccontare le vicende dei suoi personaggi. Una Grande e sporca città quella City che in quegli anni scopre lo smog, appunto, ossia il misto di fumo (smoke) e nebbia (fog). In quel periodo i londinesi, per definire quella nebbia, usavano più pea-souper, zuppa di piselli, perché i densi fumi avevano dei colori giallo-verdastri, che sfumavano in nero ruggine, e lasciavano un deposito unto su tutta la città. Erano dovuti ai fumi di una crescente popolazione che aveva bisogno di scaldarsi e da un’industria in espansione che si affidava al carbone, quelle nebbie infestavano Londra e i suoi abitanti.
Dickens e la nebbia di Londra è anche una cronaca di quasi 200 anni di battaglie contro l’inquinamento. Un problema che ancora oggi dovremmo tenere in considerazione, anche se relativo ad altri gas, e soprattutto al CH4 (metano) tra i maggiori responsabili del riscaldamento climatico che non coinvolge più solo le città ma tutto il pianeta.
Daniel Mason è medico, e professore associato al dipartimento di psichiatria di Stanford, dal 2002 si dedica alla scrittura con un buon successo, tanto che i suoi testi sono tradotti in 28 lingue, una diffusione planetaria.
Per Dickens, quei fumi erano, oltre che un’ispirazione, una minaccia tanto che penetravano dal buco delle serrature nell’ufficio di Scrooge in “Canto di Natale”, il fenomeno fu ancora peggiore nei decenni successivi, fino al Grande smog. Questa è stata una catastrofe ambientale che colpì la città di Londra all’inizio del dicembre 1952, quando una coltre di smog densa e maleodorante avvolse la capitale inglese per alcuni giorni. Il numero di vittime fu stimato essere superiore a 12 000, cui aggiungere 100 000 malati in condizioni gravi. Una delle motivazioni dei fumi è data dal fatto che l’unico carbone disponibile per il consumo era di bassissima qualità (quello più pregiato, economicamente più remunerativo, veniva esportato) e ad alto contenuto di zolfo. Ad esso si aggiunse l’inquinamento derivante dagli scarichi dei veicoli a motore e quello prodotto dai forni delle industrie. La nebbia fu così spessa che andare in giro per strada divenne impossibile. Le persone dovevano appoggiarsi ai muri per orientarsi e le autorità raccomandarono che i bambini restassero a casa, per il rischio che potessero perdersi. Lo smog denso entrò perfino dentro gli edifici tanto che anche le proiezioni cinematografiche furono sospese poiché o schermo non era visibile al pubblico in sala. La maggior parte dei servizi pubblici furono bloccati in quelle condizioni. Persino gli animali morirono asfissiati, mentre alcuni bovini furono dotati di maschere antigas per prevenire ulteriori perdite. Nonostante le resistenze iniziali del governo, allora presieduto da Churchill, negli anni successivi venne preparata una legge per ridurre le emissioni. Il Clean Air Act (Decreto Aria Pulita) fu un atto promulgato dal Parlamento e approvato dalla regina Elisabetta II il 5 luglio 1956. Il decreto fu in vigore fino al 1964 e servì ad evitare che si ripetesse un’altra crisi ambientale come quella del 1952. Trattandosi di uno dei primi atti legislativi riguardanti il problema dell’inquinamento dell’aria, l’introduzione di questo provvedimento è, ancora oggi, considerata pietra miliare della storia dell’ecologia.
In questi giorni Antonia, ricoverata per una fistola broncopleurica, con il suo fiato corto, mi ha fatto tornare a mente questo libro.
William con la mamma, ma con il coinvolgimento di altri familiari si trova a tentare varie forme di terapia, sempre senza risultato, compresa quella che lo doveva portare in campagna. Questo non fu possibile perché bastava che uscisse in strada affinché la tosse e la difficoltà respiratoria lo bloccasse. Ciò fino a quando la mamma in una rivista di giardinaggio scopre che un appassionato di giardinaggio riesce a far vivere le piante ed anche un uccellino sotto vetro, purché i contenitori fossero costruiti in modo da far passare solo l’aria e non fumo e fuliggine.
Impegnandosi fortemente Antonia va ogni giorno meglio mentre Elizabeth, nel libro, decide di costruire una carrozza di cristallo per portare in protezione il piccolo William fuori città, all’aria buona.