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Successo dello spettacolo organizzato da Asp, Lions e Leo Messina all’auditorium del Papardo

Successo dello spettacolo organizzato da Asp, Lions e Leo Messina all’auditorium del Papardo

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Il ricavato dell’iniziativa di solidarietà servirà ad arredare le stanze dei pazienti ricoverati dell’Hospice dell’azienda sanitaria con pannelli artistici utili a creare un percorso sensoriale-artistico per ospiti, familiari e operatori.

La Dea Cura: tra mito e realtà” il titolo dell’evento-spettacolo promosso e organizzato dal Lions Club Messina Ionio e Leo Club Messina Ionio al fine di sostenere il progetto di umanizzazione dei luoghi di cura varato dall’Asp di Messina a favore del proprio Hospice territoriale ubicato nell’Azienda Ospedaliera “Papardo”. Il ricavato dell’iniziativa, oltre che ad afferire al fondo generale del L.C.I.F. (Lions Club International Foundation) servirà ad arredare le stanze dei pazienti ricoverati nell’Hospice con pannelli artistici utili a creare un percorso sensoriale-artistico per ospiti, familiari e operatori così da ridurre il rischio di burn-out e favorire processi di benessere psicologico. Nel nome e del segno di autentici caposaldi dell’etica lionistica quali il rispetto della dignità dei pazienti e la tutela della persona umana nella sua complessità, nell’Auditorium dell’Azienda Ospedaliera “Papardo” si è svolto un momento d’incontro toccante, che ha messo insieme arti diverse – dalla musica, al canto, alla poesia – per guarnire di bellezza locali dove a prevalere è la sofferenza che si sperimenta nell’ultimo viaggio verso il fine-vita. Scommettendo sull’arte, autentica arma catartica contro il dolore, un duo strumentale, un gruppo musicale, un coro a cappella, un cantastorie, poeti e attori si sono messi insieme dando vita a un universo di suoni e di parole nel tentativo di riempire il silenzio dell’attesa, il vuoto della perdita imminente. Ed è stato così che l’arte stessa, nella sua accezione più ampia, ha finito per rivestire i panni della Dea Cura, la figura mitologica che il romano Igino, nelle sue “Fabulae” così tratteggia: “tu, Cura, che per prima hai creato e fatto vivere il corpo, lo possiederai finché vivrà e si chiamerà Homo perché è stato tratto dall’Humus”. All’iniziativa hanno aderito e dato il proprio contributo il coro giovanile “Note colorate” diretto dal maestro Giovanni Mundo, il cantastorie Mauro Geraci, il gruppo musicale “Elmar” composto da Elvira Marsico, Marilena Parlato, Alessio Barrile e Salvatore Parlato, il duo musicale formato da Daniela e Stefania La Fauci, l’attrice Giovanna Genitori e la giovanissima cantante Ginevra Barca. Ha condotto la serata la giornalista Letizia Lucca. Presenti in sala a porgere i saluti istituzionali il Presidente del Lions Club Messina Ionio Mariangela Giammella, il coordinatore L.C.I.F. per il Lions Club Messina Ionio Giuseppe Ruggeri e il Direttore dell’U.O.C. Assistenza Sanitaria Paziente Fragile dell’A.S.P.di Messina Natale Molonia.


Scommettere sulle parole

di Giuseppe Ruggeri (*)

Scommettere sulle parole. Si può, certo, a patto però che le parole riescano a rappresentare il vero mondo che ci attraversa. Vero perché invisibile e pertanto difficilmente percepibile con i cinque sensi canonici dal momento che, per questa conoscenza, ne necessita un sesto, il cosiddetto “occhio dell’anima”.
Una parola che rappresenta il mondo è sempre una parola di speranza. Dico speranza perché presumere in termini di certezza è presuntuoso e non si addice, dunque, all’umiltà del ricercatore. Ma ogni speranza che si rispetti è, giocoforza e indiscutibilmente, un atto d’amore.
Attraversare il mondo con un atto d’amore significa dare alle parole il senso che all’origine dei tempi è stato loro consegnato. Un lascito divino, di cui rendere grazie e da onorare fino in fondo se ci si vuole misurare con la realtà e non con una sua pretestuosa rappresentazione.
Scommettere sulle parole – ce lo insegna Blaise Pascal – equivale a scommettere sull’infinito. Sulle infinite possibilità, per meglio dire, che ha ciascuno di noi di osservare la realtà da soggetto e non da oggetto, facendone cioè parte viva e creativa a immagine e somiglianza di Chi, per antonomasia, è infinito.
Esistono tanti luoghi di cura. Tanti, ma mai troppi perché non si può porre limite alle, infinite appunto, possibilità che tutti noi abbiamo di declinare la nostra attenzione a chi ci è accanto. Ed esistono anche tante malattie, tante almeno quanti sono coloro che ne soffrono e che le vivono in maniera assolutamente soggettiva, in base al proprio trascorso, al proprio complessivo habitus umano e psicologico.
C’è tuttavia un luogo di cura particolare, d’eccellenza non è esatto perché in parte toglierei valore agli altri, un luogo dove la cura assume una connotazione peculiare. In questo luogo, la cura tradizionalmente intesa – praticata con farmaci o comunque sostanze atte a porre rimedio al male – viene del tutto o in gran parte dismessa per far posto a una cura diversa, la cura della persona nella sua interezza, l’attenzione a ogni suo pur piccolo dettaglio.
In questo luogo, la parola domina sul resto. La parola che esplora l’uomo, evocandone le emozioni più intime, che lo rovescia da capo a fondo scoprendone un cuore fragile ma pur sempre immenso come la scaturigine da cui proviene. Una parola che non si accontenta di descrivere ma, facendolo, penetra il mistero di quella vita ormai giunta al termine per proporgliene una nuova, che sta per avere inizio. Una parola sublime, infine, nel suo riconoscersi umile strumento della speranza alla quale è asservita, perché nessuno di noi è davvero solo se viene messo in condizione di esplorare l’origine reale della propria essenza.
Scommettiamo sulla parola, allora. Sempre e comunque. Anche quando sembra che tutto sia finito. Perché dalla parola, un giorno, tutto ha avuto inizio.

(*) Presidente Associazione Medici Scrittori Italiani