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Esiste sempre il libero arbitrio?

Esiste sempre il libero arbitrio?

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di Salvo Rotondo

Quando ci troviamo di fronte a un bivio e dobbiamo fare una scelta in modo rapido o distratto, questa non deriva necessariamente dal tanto celebrato “libero arbitrio”. In tali situazioni, le decisioni quotidiane che prendiamo sono frutto di adattamenti evolutivi della nostra specie, sviluppati nell’arco di milioni di anni.
Le nostre scelte sono il risultato di un lento e progressivo adeguamento all’ambiente selvaggio in cui vivevano i nostri antichi progenitori. Questo processo si è concretizzato attraverso tecniche di “riconoscimento di modelli” che, ancora oggi, determinano le nostre preferenze e comportamenti. Queste scorciatoie cognitive, sviluppate per la sopravvivenza, ci aiutano a proteggerci dai pericoli e a favorire la riproduzione e la continuazione della specie. Chi ignorava tali segnali automatici aveva minori possibilità di sopravvivere e tramandare il proprio patrimonio genetico.
Le decisioni euristiche (approssimative, intuitive, analogiche) erano originariamente strumenti per prevenire rischi e pericoli. Tuttavia, oggi possono essere sfruttate per ottenere effetti persuasivi, spesso usati subdolamente nel marketing per incrementare vendite o manipolare percezioni.
Nel corso dell’evoluzione, queste capacità sono state selezionate attraverso l’eliminazione di chi faceva scelte sbagliate, interrompendo così la continuità del loro lignaggio genetico. Anche prima della comparsa dell’uomo, mammiferi sociali avevano già sviluppato codici etici innati, registrati nel DNA, per garantire la cooperazione di gruppo e, di conseguenza, la sopravvivenza della specie.
Quando prendiamo decisioni rapide, che riteniamo autonome, spesso interviene la parte più ancestrale del nostro sistema nervoso, senza l’attivazione del complesso sistema cognitivo (la corteccia cerebrale). Invece, viene coinvolto il sistema talamico, responsabile delle risposte emozionali e adattative, che ci porta a prendere decisioni impulsive e inconsce. Successivamente, razionalizziamo tali scelte, conferendogli significato solo dopo aver agito.
Il nostro cervello può quindi essere definito “emotivamente intelligente”, poiché le emozioni giocano un ruolo cruciale nel processo decisionale. Le tecniche persuasive sfruttano proprio questo meccanismo, influenzando le nostre decisioni sulla base della percezione soggettiva della realtà piuttosto che sulla realtà stessa. È noto che il nostro cervello opera inconsciamente nel 95% dei casi, lasciando al “libero arbitrio” solo il 5% delle decisioni realmente consapevoli.
Inoltre, fattori ambientali come odori, colori e illuminazione possono influenzare le nostre scelte in modo determinante, attivando risposte automatiche del nostro sistema adattativo. Per persuadere qualcuno efficacemente, è utile adottare un comportamento isomorfo rispetto al proprio interlocutore (effetto camaleonte), al fine di attivare il sistema talamico e indurre una reazione rapida e inconsapevole, più facilmente manipolabile secondo le moderne tecniche di Neuroselling.