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di Marinella Ruggeri
La fragilità è definita come una diminuzione delle capacità nel portare avanti le principali attività sociali e pratiche della vita quotidiana fino a perdere la propria autonomia.
Non è legata all’età anagrafica e risente della influenza reciproca di fattori individuali ed ambientali.
Include componenti fisico-biologiche come la presenza di patologie organiche, una condizione di sarcopenia, una minoranza sensoriale uditiva o visiva, un declino cognitivo;
include componenti psicologiche come depressione, stanchezza cronica, fobie, ansia, o peggio psicosi;
include componenti sociali, come l’assenza di relazioni con l’ambiente e con gli altri, disadattamento sociale.
La fragilità è una condizione che può modificarsi nel tempo, è suscettibile di interventi che possono indurre un miglioramento o un peggioramento.
Oggi la fragilità è un tema sociale che richiede un lavoro di rete, valorizzando il volontariato, il Terzo Settore e tutti gli enti intermedi.
Quando azienda sanitaria e comune di una città decidono di occuparsi insieme di fragilità, riescono a fare meglio e di più, scommettendo su un target, che più di ogni altro, può veicolare il recupero dell’umanizzazione di una comunità, e che come tale, merita attenzione e impiego di energie.
La fragilità è davvero sinonimo di debolezza? O può essere un punto di forza?
Di certo, la fragilità è all’origine della comprensione dei bisogni, perché solo attraverso la fragilità, l’uomo scopre i propri punti deboli, si trova difronte alla sua impotenza, e, deve affrontare questo STATO, permettendosi di chiedere aiuto e di mettersi in relazione con gli altri.
Vivere la propria fragilità non è, quindi, necessariamente una vergogna da nascondere, anzi, se vissuta consapevolmente, consente di sperimentare la vera forza che si possiede, quella profonda, quella dell’anima. Al contrario celare la propria fragilità per volere apparire migliori e forti, ci indebolisce e ci toglie la possibilità di mettere in campo le risorse di cui disponiamo.
Esiste una socialità della fragilità, ossia, quando l’uomo manifesta la sua debolezza, promuove salute sociale e serenità anche negli altri che, di conseguenza, possono permettersi di mostrare la loro fragilità.
In un mondo di apparente forza e di perfezionismo, si concretizza un aumento esponenziale di insicurezze, limiti, frustrazioni e vulnerabilità sepolte, mai ascoltate, neanche da chi li possiede per timore di essere reietto dagli altri. Eppure, prendendo a prestito, il Leopardi che in questi giorni, una fiction televisiva ci ha fatto conoscere meglio, comprendiamo come la condizione di vita sofferente, consente di assaporare la propria anima che si traduce in arte, e nel caso di Leopardi, in poesia, mostrando come l’anima veicolata sul foglio di carta, è in grado di produrre capolavori.
Avere il coraggio di essere fragili può sembrare un grosso rischio, può indurre negli altri, l’illusione di essere un bersaglio facile, anche se mostrare le proprie crepe, può altresì, fare riflettere sul grande debito di amore che oggi ha l’uomo verso sè stesso e verso gli altri.
Se ci pensiamo, capiamo che lo stesso progresso scientifico è frutto di ricerca basato su fragilità che andavano studiate e affrontate, la CONOSCENZA stessa presenta delle fragilità e incertezze che ci consentono di cercare ancora. Una fragilità, nello specifico, come una malattia, specie se più complessa e inguaribile, induce, a creare associazioni fra le famiglie di questi malati, favorendo una “solidarietà della fragilità” che aiuta tutti i soggetti coinvolti, malati e familiari, ad affrontare con più serenità e forza.
Certamente, la fragilità può anche NON trovare nel soggetto la forza di lottare, ma piuttosto una debolezza fino al blocco e alla depressione severa. Questi casi, ancor di più, hanno bisogno di una rete sociale che li accolga e li supporti.
C’è poi chi usa la fragilità altrui, per un vantaggio da poter ottenere, questo comportamento dimostra il disprezzo e la mancanza di umanità che è la vera sconfitta del nostro tempo.
Possiamo piuttosto affermare, che la fragilità è fondamento di saggezza umana quando rende l’uomo capace di riconoscere che la ricchezza del singolo E’ l’ALTRO DA SE’.
In verità, i punti di forza dell’uomo sono spesso frutto della volontà di superare la fragilità, imparando a vivere insieme agli altri, uscendo dallo stato di solitudine. E’ la fragilità che ci obbliga al rapporto di cura con l’altro, già dalla nascita, venendo alla esistenza, infatti, il primo atto è il PIANTO, a cui segue, il respiro e la voce, già nota, della madre che lo rasserena. Sin dalla nascita, comprendiamo, come, quel grido del nascituro, induce tutti i presenti, ad intervenire, per confortarlo.
In un certo senso, la magia della vita, è farci nascere incompiuti per percorrere un lungo cammino, continuo ed infinito, verso la completezza, senza mai arrivare ad un punto definitivo, ma a tappe che aprono altre tappe. Persino, la conquista della nostra autonomia, può avvenire, dagli sforzi che facciamo nel cercare di superare i nostri limiti, le …., appunto… nostre fragilità.
La fragilità è dunque PREZIOSA, la vulnerabilità induce alla gentilezza, è pertanto una vittoria in una realtà in cui sembra difficile essere teneri. L’idea di infallibilità è illusoria.
Si scopre come proprio riconoscendo le proprie vulnerabilità, possiamo conoscere chi siamo realmente, ecco perché la fragilità è autenticità.
Il mondo social mette a dura prova entrambe, rimanda ad immagini di perfezione, di felicità che passano dal bello, con filtri che correggono imprecisioni, per mostrare solo la migliore versione di sé, filtri che tolgono autenticità, account che nascondono identità; ci si allontana dall’accettazione di se stessi, dalla possibilità di accogliere le nostre imperfezioni e i nostri fallimenti, dalla possibilità di imparare come amarci, perché solo facendo parlare, quella parte di noi, più vera, profonda, sofferente e fragile, possiamo scoprire la nostra vera bellezza.
E’ proprio nella fragilità che possiamo recuperare la nostra verità, dando la possibilità di essere cercati… e persino amati, lì…. nel nostro essere …stanchi … demotivati …spettinati …disordinati,sfiniti … sperduti a noi stessi… nudi di una nudità che è pienezza, senza sovrastrutture, senza filtri, senza maschere, senza artefatti,….lì…dove siamo VITA!!!