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Un recente studio sperimentale condotto dalla Rutgers Health, pubblicato l’8 gennaio 2025, ha portato alla luce una scoperta promettente: un comune antistaminico potrebbe rappresentare una nuova opportunità terapeutica per i pazienti affetti da una rara condizione genetica chiamata protoporfiria eritropoietica (EPP). Questa malattia causa un’estrema sensibilità della pelle alla luce e può generare un accumulo tossico di una sostanza, la protoporfirina, nel fegato e in altre parti del corpo, con conseguenze potenzialmente gravi, fino alla necessità di un trapianto di fegato.
Un problema complesso con poche soluzioni
Attualmente, i pazienti con EPP che sviluppano gravi danni al fegato hanno come unica opzione il trapianto, un intervento salvavita ma limitato dalla disponibilità di organi. L’EPP è una malattia rara, che colpisce circa 4.000 persone negli Stati Uniti, e solo una piccola percentuale sviluppa danni epatici tali da rendere necessario un trapianto. Questo rende poco appetibile lo sviluppo di nuovi farmaci specifici per la malattia. Per questo motivo, i ricercatori si sono concentrati sul testare farmaci già esistenti.
Una nuova strada: la clorciclizina
Tra i 2.500 composti analizzati, molti già approvati dalla FDA, la clorciclizina si è rivelata particolarmente efficace. I test sono stati condotti inizialmente su larve di pesce zebra, un modello sperimentale utile perché trasparente allo stadio larvale, consentendo di osservare facilmente l’accumulo di sostanze tossiche e l’effetto dei farmaci. Nei topi, la clorciclizina ha mostrato di ridurre significativamente l’accumulo di protoporfirina nel fegato, oltre che nel midollo osseo e nei globuli rossi, favorendo l’eliminazione di questa sostanza attraverso le feci. È interessante notare che l’effetto è stato osservato solo nelle femmine di topo, probabilmente a causa di differenze nel metabolismo del farmaco tra maschi e femmine. Nell’uomo, però, tali disparità di genere non sembrano esistere.
Il meccanismo d’azione e le prospettive future
Gli studi hanno dimostrato che l’accumulo di protoporfirina è legato all’istamina, una sostanza coinvolta nelle risposte allergiche. La clorciclizina e altri antistaminici, come la cimetidina, possono bloccare questo processo, riducendo l’infiammazione e aiutando il fegato a eliminare le sostanze tossiche. Oltre alla clorciclizina, altri antistaminici comunemente utilizzati per le allergie o per ridurre l’acidità gastrica (come la ranitidina) potrebbero agire in modo complementare, aprendo la strada a nuove combinazioni terapeutiche.
Al momento è già in corso uno studio clinico di fase 2 per testare l’efficacia della cimetidina nel trattamento delle manifestazioni cutanee dell’EPP. I risultati preliminari sul potenziale della clorciclizina potrebbero portare presto all’avvio di nuovi studi clinici per valutarne l’uso nei pazienti affetti da EPP, sia per il fegato che per la pelle.
Una scoperta promettente per il futuro
Questo studio rappresenta un passo avanti significativo per il trattamento di una condizione rara ma debilitante. Se ulteriormente confermata, la clorciclizina potrebbe offrire una soluzione terapeutica accessibile e meno invasiva rispetto al trapianto di fegato, migliorando la qualità della vita di molti pazienti.