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Le liste d’attesa per visite mediche ed esami diagnostici sono un problema diffuso in Italia. Per questo è stato introdotto il “salta-code”: se i tempi di attesa sono troppo lunghi, la Asl deve garantire la prestazione pagando il privato o un professionista che lavora in ospedale.
Ma come funziona?
Il meccanismo non è automatico e la burocrazia complica tutto. Per far scattare il “salta-code”, spesso i cittadini devono presentare una montagna di documenti (impegnativa, consenso dati, documento d’identità, tessera sanitaria, prova della mancata disponibilità della prenotazione) e seguire procedure diverse a seconda della Regione e della Asl.
Cosa succede nella realtà?
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Molte persone non sanno nemmeno di avere questa possibilità e alcune Regioni non forniscono informazioni chiare sul “salta-code”. Inoltre, ottenere la documentazione necessaria è spesso impossibile, perché i Cup non rilasciano attestazioni di mancata prenotazione entro i tempi massimi.
La denuncia di Salutequità
L’associazione Salutequità ha denunciato la “babele” di procedure e la “giungla” di scartoffie burocratiche che rendono difficile l’accesso al “salta-code”. Secondo Salutequità, serve una norma nazionale più chiara che garantisca l’effettività, la tempestività e l’automatismo del meccanismo, senza scaricare oneri burocratici ed economici sul cittadino.
La proposta di Salutequità
Salutequità propone che sia il Cup, in collaborazione con la Asl, a farsi carico dell’intero percorso di tutela del paziente, senza chiedere al cittadino alcun adempimento burocratico. Se il Cup non riesce a trovare una soluzione entro i tempi previsti, deve comunicare al cittadino l’autorizzazione a rivolgersi a un privato o a un professionista che lavora in ospedale, pagando solo il ticket.
Conclusioni:
Il “salta-code” è un diritto che sulla carta dovrebbe aiutare i cittadini a ottenere più velocemente le prestazioni mediche di cui hanno bisogno. Tuttavia, a causa della burocrazia e della mancanza di informazioni, questo meccanismo è spesso difficile da attivare e rischia di essere inutile.