Views: 94
di Massimiliano Cavaleri
“Oltre il Viaggio”
Esperienze e riflessioni di un giornalista appassionato viaggiatore, che ha visitato 49 paesi al mondo, alcuni diverse volte, concentrandosi sui continenti America, Asia ed Europa. Racconti di viaggio “oltre il viaggio”: consigli, informazioni, emozioni, curiosità e aneddoti alla scoperta di posti unici e meravigliosi.
La rinascita della Colombia:
dai narcos al turismo
Quando si parla della Colombia le prime parole che vengono in mente sono traffico di droga, armi, criminalità; un po’ come la Sicilia che all’estero è spesso associata alla mafia. Un’etichetta scomoda e anacronistica per un paese che oggi è molto altro e tenta di rinascere dalle ceneri di rivolte e problemi sociali; un recente e sanguinario passato che sta lasciando spazio al turismo, alla cultura, alla valorizzazione di una sterminata terra di oltre 1 milione di km quadrati dove convivono habitat differenti, con dune e deserti, paludi e spiagge, rocce e fincas (fattorie), distese di caffè e vulcani spenti, foresta amazzonica e isole caraibiche, città ricche di musei, arte e movida; e soprattutto un popolo cristiano e ricco di valori che ha voglia di riscattare la propria immagine e “disintossicarsi” dai brutti ricordi degli anni ’70, ’80 e ’90.
Non è facile visitarla in un unico viaggio, se non molto lungo: ho cominciato con un tour delle tre imperdibili città che meritano certo attenzione e sono occasione di un tuffo nel lifestyle locale e nella storia, abitudini e tradizioni di gente simpatica e accogliente, che parla poco l’inglese ma in compenso pronuncia uno spagnolo puro.
Arrivati a Bogotà, alloggiamo nella Candelaria, cuore pulsante della capitale: la Lonely Planet (unica guida cartacea al momento in commercio) ricorda comunque di prestare attenzione ed essere prudenti, evitare di girare da soli, soprattutto la sera. Quest’area è ricca di alberghi e boutique hotel come il nostro, sito nell’avenida Jimenez, e si può camminare facilmente cercando le principali attrazioni; dopo il tramonto si svuota, come se scattasse un “coprifuoco”.
Bogotà ricorda la struttura urbana di Santiago del Cile, con numerosi musei, spesso affollati nell’ultima domenica del mese perché gratuiti, dunque è necessaria una cernita, in ogni caso alcuni sono vicini tra loro: imperdibile quello dell’Oro con una straordinaria e stupefacente collezione di reperti dall’era pre-ispanica ad oggi. Il complesso del Banco de Republica (di fronte al centro culturale intitolato al grande scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez) comprende il Museo Fernando Botero, con un’ampia collezione di dipinti e sculture del pittore colombiano noto per le sue forme extra-large: così potete ammirare donne nude, famiglie, natura morta, cavalli, soggetti religiosi, mani e persino una “Monnalisa” obesa; gli spazi sono arricchiti da opere di illustri colleghi tra cui Picasso, Pissarro, Monet, Chagall e altri esponenti di correnti artistiche tra ‘800 e ‘900.
Nello stesso stabile la Casa Moneda dedicata alla storia della numismatica nazionale: dai vasi usati per i primi baratti precolombiani alle enormi e pesanti presse in ferro importate dall’Inghilterra per coniare le monete; infine una “Colleciòn de Arte“, dal XV secolo all’era contemporanea con centinaia di opere. Da segnalare anche il Museo Nacional che racconta la storia nazionale in modo cronologico e quello Militar con uniformi e velivoli da guerra. Assolutamente da non perdere tre luoghi, sempre nella Candelaria: la neoclassica Cattedrale, del primo ‘800, monumento nazionale che domina l’enorme piazza Simon Bolivar (prima denominata “della Costituzione”, poi dedicata al patriota venezuelano detto “Libertador” per il suo significativo contributo all’indipendenza della Colombia); la Iglesia Museo di Santa Clara, struttura esternamente modesta ma che custodisce un’eccezionale unica navata di un ex chiesa tempestata con 148 dipinti uno accanto all’altro (con relativa descrizione in basso) e un prezioso altare che lascia di stucco per i suoi colori dorati e varie preziosità; la Chiesa San Francisco, la più antica della città. Tappa immancabile quella al Cerro di Montserrat: i cerri nel Sudamerica sono colline-parchi, a volte legati a tradizioni religiose, vicini al centro, in questo caso il monte è parecchio alto (3.152 metri sopra il livello del mare, Bogotà è comunque a 2.640), domina La Candelaria e per raggiungerlo, dopo un breve tratto a piedi, si può scegliere tra una teleferica (moderna e panoramica cabinovia) e la funicolare (trenino che a metà percorso diventa ripidissimo).
Conviene salire la mattina, le file non mancano mai, specie nel week end; occhio al tempo, perché se molto nuvoloso o arrivano le classiche mini – tempeste di pioggia tropicale, si rischia di andare invano e non poter apprezzare il panorama. In cima si erge un piccolo santuario di modesta architettura, un viale ricco di bancarelle, una via Crucis con sculture all’aperto, alcuni bar e ristoranti.
Al tramonto le zone degne di nota a Bogotà sono il Chapinero, in particolare le zone G e T (chiamata così per forma della sua isola pedonale): un’atmosfera bohemian in cui è facile trovare anarchici, ubriachi, punk e persone alternative che frequentano locali, uno diverso dall’altro e ben gestiti, pronti a offrirti il buonissimo canelazo, bevanda a base di cannella, alcol, succo, lime; un concentrato di cucina argentina, francese e italiana, come l’ottimo “18 scalini”; più a nord anche Parque 93 e Calle 24 offrono locali più eleganti.
L’ultimo giorno in capitale è dedicato ai dintorni: un’escursione a 50 km a nord di Bogotà per visitare Zipaquirà, una delle tre “cattedrali di sale” esistenti al mondo, costruita a 180 metri di profondità dalla terra in una miniera di sale; le altre due si trovano in Polonia (ho avuto il piacere di visitare, in un altro viaggio, quella considerata la più importante, non lontano da Cracovia e dai campi nazisti di sterminio di Auschwitz-Birkenau). Una via Crucis con 14 stazioni – sculture di sale guida i numerosi visitatori dentro la magnifica Catedral de Sal, anch’essa scavata grazie alla rimozione di 250mila tonnellate di sale.
Nella stessa giornata raggiungiamo la Laguna di Guatevita, un lago dal diametro di circa 1,5 km, altro luogo simbolo del Paese: immerso nella cordigliera delle Ande, è noto per essere stato sempre al centro di miti e leggende, in primis quella di El Dorado, il più grande scrigno naturale di oro al mondo che scatenò impavidi ricercatori a partire dal ‘500. Una pioggerellina ci accompagna attraverso un percorso pedonale piuttosto lungo e faticoso, preceduti da un esperto escursionista autoctono.
Il viaggio in Colombia, che fa da porta al grande e affascinante Sudamerica, prosegue per Medellín, proprio nei giorni in cui esce l’omonima canzone delle popstar Madonna e Maluma dedicata alla seconda città della Colombia, circa 500 km a nord della capitale. Le mete cruciali si raggiungono tramite aereo date le grosse distanze, sono servite da varie compagnie con un’ottima scelta di orari e prezzi molto accessibili. Nelle zone meno gettonate si arriva invece in autobus, senza grande confort in termini di qualità di strade e servizi, oltre al problema della sicurezza. La maggior parte dei voli per Medellin atterra in un aeroporto che sorge a monte della vallata urbana di 3 milioni di abitanti, dunque all’arrivo ci attendono circa 45 minuti di scomode curve e tornanti per scendere in una strada a un’unica corsia. Dormiamo nella zona El Poblado, la più residenziale, ricca di alberghi, centri commerciali, locali, ristoranti raccolti più che altro in calle 10 e parque Lleras, una piazzetta dove la sera pullulano giovani, movida e “buttadentro”, che ricorda lo stile europeo.
La città gode di un rigoglioso e lussureggiante verde, è pulita e ben curata quasi dappertutto: si alternano grattacieli e palazzi moderni, gradevoli dal punto di vista architettonico, ad aree più popolari, salendo verso alcune colline si intravedono quartieri più degradati. Ad esempio, quello soprannominato “Comune 13”, oggi riqualificato con un’idea semplice quanto geniale: estendendosi in cima ad una collina, a mo’ di favelas, l’amministrazione ha costruito “eletricas escaleras”, lunghe scale mobili capaci di attrarre moltissimi turisti. Attorno ad ognuna, terrazze con negozi, locali e bancarelle arricchiscono un panorama di case, baracche con tettoie in eternit ma una vista spettacolare su tutta Medellìn. Ciò che colpisce è il significato delle strutture: quello di risalire la china, alzare la testa, ergersi verso l’alto, verso una rinascita, una speranza per una cittadinanza che molti anni fa ha sofferto di una criminalità diffusa e feroce.
Ed ecco che si apre il capitolo più interessante della recente storia cittadina: quello legato alla figura di Pablo Escobar, il più grande narcotrafficante colombiano e tra i più pericolosi al mondo. Ancora oggi il suo personaggio nutre di gloria e stima ed è venerato come il padre della droga da moltissimi “seguaci” trafficanti del nuovo millennio: la sua spietata, e a volte, gratuita violenza, il suo fascino capace di sedurre donne ma anche ragazzini provetti criminali, la sua diabolica e “pioneristica” organizzazione dei cartelli di droga che ha creato e per lunghi anni gestito, facendo arrivare eroina e cocaina negli Stati Uniti e in Europa attraverso l’Africa, lo hanno reso celebre soggetto di serie tv e svariati film, tra cui il più recente con Javier Bardem e Penelope Cruz dal titolo “Escobar – il fascino del male” (2007), da vedere per avere uno spaccato chiaro sulla sua vita e riconoscere alcune strategiche location. Questo gangster, morto a 44 anni, alcuni sostengono ucciso dalla polizia, altri suicida durante la cattura (la seconda versione è certamente più mitizzante) continua a far guadagnare tanto che a Medellin esistono diverse agenzie che organizzano il “Pablo Escobar Tour” in alcuni luoghi significativi: il palazzo a sette piani con piscina, la sua principale residenza cittadina (qualche tempo fa rasa al suolo per costruire in parco); La Catedral, celebre “prigione” in cima ad un’altissima montagna, in cui si fece rinchiudere stringendo un accordo con lo Stato; la sua cella aveva un letto circolare di 20 metri e di fatto il suo soggiorno fu lussuoso come se vivesse in un resort.
Condizioni a cui lo Stato si dovette piegare pur di non vedere uccisi giornalisti, candidati presidenti della Repubblica, giudici e altre figure di spicco che Escobar mandava ad ammazzare senza pietà e persino senza logica; noto un intero aereo fatto esplodere da lui. E ancora la casa nel cui tetto fu preso dalla polizia, oggi una scuola di spagnolo. Infine in un grande cimitero, sul prato inglese la tomba, accanto a quella di alcuni suoi parenti, stracolma di fiori freschi a testimonianza di quanto sia ancora “amato” e rispettato in certi ambienti.
Nel centro di Medellìn la piazza principale, sempre trafficata, è dedicata a Botero, che nacque qui: accoglie 23 grandi sculture donate dall’artista (è detta anche plaza de las Esculturas) che fanno da apripista al dirimpettaio Museo di Antioquia (dal nome di uno dei 32 dipartimenti in cui è divisa la nazione) con numerose opere boteriane e altri interessanti pittori.
Non lontano spiccano il Cerro Nutibara, piccolo villaggio con punti di ristoro e un centro culturale con case tipiche, che sorge dentro un parco immerso nella natura, alto 80 metri, e il Museo Casa de La Memoria, struttura architettonicamente originale e moderna costruita per onorare le vittime delle complicate e crudeli vicende, dagli anni ’70 in poi, e la loro sofferenza, con focus cronologici, approfondimenti giornalistici e struggenti scatti di ninos armados (bambini armati).
Dopo una “pausa” di qualche giorno per visitare il confinante Panamà, piccola nazione nota per il canale che unisce Atlantico e Pacifico e spezza il continente americano in due, prosegue il tour alla volta dell’incantevole Cartagena de Indias, meta balneare, patrimonio nazionale e Unesco affacciata sul grande Mar dei Caraibi.
Il cuore pulsante e turistico è l’antica città dentro le cinta murarie, percorribile a piedi o in bicicletta, perlopiù isola pedonale, immersa in una deliziosa atmosfera coloniale, tra ristoranti, negozi stravaganti, chiese, il Museo Historico, il Palazzo dell’Inquisizione, angoli e scorci suggestivi e pittoreschi dove i caldi colori pastello, dal giallo al rosa salmone, dall’azzurro al verde, incontrano sporgenti balconi lignei intagliati con legno scuro o bianco, tetti con tegole policrome e fioriere meritevoli di fotografia. Cartagena è in posizione strategica per chi ama fare sport e attività legate al mare, come lo snorkeling, nelle vicine isole con gite organizzate oppure scoprire le non lontane spiagge tra cui Playa Blanca, classificata la più bella della parte settentrionale del Sudamerica, anche se il vento e i fatiscenti lidi lasciano a desiderare…
Molto più coinvolgente passeggiare tre le viuzze del centro, assaporare il buon cibo di ristoranti che propongono i più disparati menu di cucina internazionale e soprattutto alloggiare e rilassarsi nei numerosi e graziosi alberghetti con appena sette-otto camere, una colazione servita nel cortile d’ingresso, impreziosito da una piccola piscina sotto un cielo quasi sempre azzurro.
Questa è la Colombia: il giallo dello spirito coloniale impresso nei luoghi e nella memoria visiva, il blu dei due oceani che la separano dal resto dell’America, il rosso del sangue sparso in passato ma anche della passione e della determinazione con cui i colombiani vogliono risorgere. I tre colori della sua bandiera.
Tutte le foto contenute nell’articolo sono state scattate dall’autore.
HASHTAG: #viaggi, #viaggiare, #colombia #visitingcolombia #travelblogger, #traveller, #travel, #travelling, #wonderful, #world, #discover, #discovercolombia, #colombian, #bogotà, #suamerica, #visitingbogotà, #cartagena, #cartagenadeindias, #medellin, #visitingcartagena, #visitingmedellin, #pabloescobar, #eldorado, #botero, #fernandobotero, #southamerica, #caraibi, #caribbeansea, #madeincolombia, #art, #church, #museum