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CittadinanzAttiva ha voluto ripercorrere, sulla base degli atti, la lunga storia della mancata riconversione dell’ex P.O. “Regina Margherita” di Messina. Questa storia inizia nel 2003, quando il Governo Regionale, con deliberazione n. 135/03, previde la sua trasformazione in ospedale di riabilitazione con 182 posti letto; decisione successivamente confermata dall’Assessore Regionale alla Sanità con decreto del 27.05.2003. L’Azienda USL n.5, stante l’impossibilità di ottenere finanziamenti sui fondi dell’art. 20 di cui alla legge del 1982 per procedere alla ristrutturazione del detto ospedale, decise di attivare un “project financing”. Le motivazioni che consigliavano tale scelta erano da individuare nel fatto che una struttura di riabilitazione per pazienti post acuzie, unica in Sicilia, potesse divenire un forte punto di riferimento per tutte quelle patologie riabilitative che venivano trattate fuori Regione consentendo sia una consistente riduzione della mobilità passiva, sia un ritorno di risorse per mobilità attiva, quanto meno dalla vicina Calabria, tradizionalmente protesa verso la città di Messina nel campo delle prestazioni sanitarie. Secondo il consulente finanziario dell’Azienda la scelta del progetto di finanza appariva più conveniente rispetto ad altre forme di finanziamento (locazione finanziaria, accensione di mutui, e simili). In tale ottica, l’Azienda USL si attivava provvedendo a far inserire l’opera nel programma triennale delle opere pubbliche 2003/2005, pubblicità effettuata nelle forme di legge con comunicazione dell’ipotesi di intervento a tutti gli Uffici preposti fra cui l’Assessorato regionale sanità, l’Osservatorio delle opere pubbliche, la Presidenza della Regione Siciliana. Alla data di scadenza del bando (30.06.2004) veniva presentata una sola proposta da parte del promotore “Tecnis s.p.a. – Ignazio Ali s.p.a. – Si.Gen.Co. s.r.l. – Hospital Management Italia s.r.l. – Studio prof. Fulci – Architecna – Gè.Sa.Co. s.r.l.). Veniva nominata una Commissione di esperti (tutti estranei all’Azienda USL) che procedeva all’esame ed alla valutazione della proposta presentata; a conclusione dei lavori la Commissione si esprimeva favorevolmente per cui l’Azienda USL procedeva alla dichiarazione di “pubblico interesse” con deliberazione n.3909 del 15.11.2004. Veniva quindi indetta la successiva obbligatoria licitazione privata ai sensi dell’art.37 quater della Legge 109/94 nel testo coordinato con le Leggi reg.li n.7/02 e 7/03. Dopo la scadenza dei termini, non essendo pervenute altre offerte, il promotore veniva considerato aggiudicatario alle condizioni e secondo le previsioni del bando di gara, del relativo capitolato, del progetto di massima e della convenzione (documenti tutti allegati alla deliberazione n.3909/04).A questo punto, il promotore avviava dei colloqui con l’Azienda per la definizione di eventuali modifiche alla convenzione al fine di rendere meglio “bancabile” l’operazione, ricevendone un diniego. Si procedeva, quindi, alla firma del contratto. Dal punto di vista tecnico-scientifico l’intervento era stato dimensionato su 154 posti letto per la riabilitazione così distinti: 20 p.l. di per l’età evolutiva, 30 p.l. neurologica, 20 p.l. urogenitofecale, 10 p.l. per ustionati, 10 p.l. del linguaggio, 25 p.l. ortopedica 5 p.l. respiratoria, 5 p.l. per la domotica, 4 p.l. protesi, 10 p.l. cardiovascolare, 10 p.l. oncologica, 5 p.l. UTIC. Venivano, inoltre, previsti svariati ambulatori per la riabilitazione specialistica ambulatoriale. Oltre a rientrare nelle previsioni della politica sanitaria regionale, l’Ospedale di riabilitazione avrebbe costituito l’unica realtà del genere in Sicilia e in Calabria.
Con la sua attività si sarebbe ridimensionato il saldo negativo regionale in materia di mobilità passiva per pazienti costretti a ricoverarsi in strutture di altre Regioni, e si sarebbe avuto un saldo attivo per la mobilità di pazienti provenienti da altre Regioni, per cui l’Ospedale si sarebbe autofinanziato e la Regione avrebbe dovuto farsi carico solamente delle rette di degenza, che comunque avrebbe pagato alle strutture extra regionali, restando alla fine proprietaria dell’immobile. Che questa fosse la scelta giusta anche per i cittadini lo confermava Tempo Stretto che, il 16 Luglio 2009, testualmente scriveva “L’ex ospedale Regina Margherita deve diventare un grande centro di riabilitazione. Questo il parere espresso dall’oltre il 56 per cento dei quasi 1400 lettori di Tempostretto che in queste settimane hanno risposto al sondaggio lanciato in home page. […] Niente complesso alberghiero (ipotesi scelta da circa il 13 per cento dei lettori) né polo museale, come aveva suggerito il vicesindaco (idea piaciuta a meno del 6 per cento dei votanti), né, ancora, casa di associazioni culturali e giovanili (quasi 16 per cento).” Anche un assessore della giunta comunale in carica confermava che: «La sua destinazione d’uso è vincolata a servizi socio-sanitari». Tempo Stretto concludeva amaramente “una mole di carte accumulate in 12 anni senza che si conoscesse mai la verità sul Polo riabilitativo e sulla sua ingloriosa fine, inghiottito in buco nero, nonché sul perché la Regione volesse venderlo”. Non è finita. Passano altri sei anni e nella legge 9 ottobre 2015, n. 24 che si occupava di altro, e cioè dell’accorpamento dell’ospedale Piemonte all’I.R.C.C.S. Centro Neurolesi «Bonino Pulejo» di Messina, viene inserito, illegittimamente, l’art.2, comma1, “Disposizioni in materia di salvaguardia e tutela dell’immobile sede dell’ex ospedale Regina Margherita di Messina”, normativa utilizzata per consegnare l’immobile, in comodato d’uso gratuito per 99 anni, all’Assessorato regionale ai BB.CC.AA. I cittadini vengono informati, dalla stampa cittadina, di come il predetto Assessorato salvaguarda e tutela l’immobile: giornalmente si susseguono notizie di furti, bivacchi, vandalismi, distruzioni, incendi, per cui ormai è ridotto ad un ammasso di ruderi e di immondizia, mentre del tanto atteso polo culturale non si ha traccia. Il giornale online “Normanno” negli stessi giorni scriveva ”Sulla questione interviene CittadinanzAttiva che mette in guardia dal possibile fallimento del progetto per mancanza di fondi. “Molto probabilmente – spiega il movimento – come purtroppo capita spesso a Messina, della Cittadella della Cultura non se ne farà niente perché sono necessari, come molto onestamente ammesso dall’Assessore regionale ai Beni Culturali, 40 milioni di euro (ottanta miliardi delle vecchie lire). Per questo vigileremo, al di là della eventuale temporanea utilizzazione dei luoghi per finalità pubbliche legate alla cultura, la natura di beni dell’intero complesso appartenenti all’indisponibile patrimonio della Sanità non venga in alcun modo compromessa”. Con l’aiuto di quanto hanno scritto la prof.ssa Luciana Caminiti, il dott. Giovanni Molonia e l’arch. Nino Principato, abbiamo tentato di ricostruire la storia dell’ospedale Regina Margherita, che è stato, con alterne vicende, per oltre 110 anni, l’ospedale al servizio dei quartieri popolari e dei villaggi della zona nord, nonché dei comuni viciniori della provincia. Nel settembre 1909, su sottoscrizione promossa dal prefetto di Messina, era stato realizzato dapprima in baracca e poi in muratura, l’ospedale “regina Margherita” al servizio del villaggio di baracche “Regina Elena”, realizzato dai marinai della Nave “Regina Elena” e dai soldati del
XIX Fanteria. “Capace di 60 posti letto non era in grado, per la carenza dei servizi, di oltrepassare le 40-45 presenze gionaliere.” (Luciana Caminiti). Sempre dalla stessa fonte sappiamo che nel 1917, “ormai finanziariamente allo stremo” le strutture e gli operatori del Regina Margherita confluivano nell’Ospedale Clinico Consorziale che nel 1923 veniva definitivamente “chiuso non presentando i requisiti minimi di igiene”. Dal 1923 al 1930 non si hanno più notizie di sorta. L’ospedale come lo ricordano i vecchi messinesi, venne appaltato nel 1930, direttore dei lavori l’ing. Bianco, e venne inaugurato il 25 ottobre del 1933. Originariamente contava, su una superficie di 14.000 mq e di centoquaranta posti letto, manteneva i servizi del vecchio ospedale, Pronto Soccorso, Cardiologia, Anestesia e Rianimazione, Emodialisi, ed inoltre garantiva la presenza dei reparti di Medicina generale, Chirurgia generale, toracica ed addominale, Ginecologia ed Ostetricia, Pediatria, Urologia, Otorinolaringojatria, Malattie nervose e mentali, Malattie infettive, Ortopedia, Ematologia, etc. Venne ulteriormente ampliato nel 1937 (quando il 10 agosto del 1937 Mussolini venne a Messina gli venne presentato il plastico dei nuovi padiglioni). Nel 1938 garantiva 42.000 giorni di degenza. Oggi, dalla stampa, veniamo a sapere che della Cittadella della Cultura non se ne farà niente e che un ospedale viene impunemente distrutto per non far pagare il fitto all’Assessorato ai BB.CC. per la Sovrintendenza ed al Ministero degli Interni, per i Vigili del Fuoco. CittadinanzAttiva Messina, convinta che si tratti di un bene indisponibile destinato esclusivamente a servizi socio sanitari, dopo aver acquisito il dovuto consenso popolare ed il parere di illustri maestri del diritto, si riserva di assumere tutte le misure di contrasto che la legge consente.”