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di redazione
Uno studio osservazionale, condotto su 130 pazienti condotto da un gruppo coordinato dal Prof. Andrea Alimonti, docente all’università di Padova, e coordinato dal Prof. Francesco Pagano, Messinese di Pace del Mela, in qualità di Presidente della Fondazione ricerca biomedica avanzata Onlus (Vimm) ha avanzato l’ipotesi che i pazienti affetti da Carcinoma Prostatico e sottoposti a farmaci che li deprivano di testosterone sembrerebbero immuni al COVID19. Lo studio è in corso di pubblicazione su ‘New England Journal of Medicine’ (NEJM)
La ricerca si basa sull’osservazione che un enzima, il Tmprss2, che fa da veicolo per infettare le cellule in corso di COVID19, è controllato dal testosterone, l’ormone sessuale maschile che, in alcuni pazienti con carcinoma della prostata, viene azzerato faramcologicamente mediante l’uso di farmaci che ne deprivano i livelli plasmativi. In questi pazienti, in particolare, sembra che la malattia non si sviluppi.
La notizia dell’importante scoperta è stata data nei giorni scorsi dal Governatore del Veneto Zaia (chissà se è a conoscenza che Pagano è un terrone con un intenso e duraturo legame con la sua terra?). Anche Silvio Garattini dell’Irccs Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, ha commentato positivamente la scoperta, confermando, però, che sono necessari studi controllati per la dimostrazione della sagace intuizione.
Non è la prima volta che farmaci, utilizzati per una patologia, nel corso del loro uso o delle loro sperimentazioni, dimostrano effetti positivi per altre patologie. L’esempio più classico è quello dell’aspirina: nata per il mal di testa, è stata poi sviluppata a basse dosi nella prevenzione di infarto e ictus grazie alla nota attività antiaggregante piastrinica.
Ma ve ne sono degli altri, come gli Alfalitici, utilizzati all’inizio come antiipertensivi, che hanno dimostrato un’efficacia nell’attenuazione dei sintomi del basso apparato urinario prodotti dalla prostata ingrossata. O ancora farmaci inizialmente studiati come vasodilatatori per la patologia coronarica, hanno dimostrato effetti sull’erezione e così è nato il VIAGRA. Il termine scientifico di questa tipologia di effetti è “repurposing” ossia “riposizionamento”: cioè, come gli uomini, anche un farmaco, nel corso della propria carriera, può cambiare “mansioni” o svolgerne di nuove.
Il Professor Francesco Pagano è nato a Pace del Mela (Me) e laureato col massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Messina nel 1957. Nel 1964 si è specializzato in Urologia presso l’a Clinica Urologica di Padova dove prima da assistente, poi, nel 1968 come Professore Associato di Urologia ha percorso una folgorante carriera distinguendosi sia dal punto di vista scientifico che da quello operatorio e, non meno importante, sotto il profilo umano. Dal 1980 ha diretto la Clinica urologica con annessa Scuola di Specializzazione in Urologia dell’Università di Padova. A lui si devono numerose scoperte e innovazioni scientifiche che hanno cambiato il corso dell’Urologia. Probabilmente le più significative sono sugli studi sul carcinoma vescicale e ancor di più sull’originale derivazione urinaria universalmente conosciuta come vescica VIP (Vescica Ileale Padovana).
Oggi il professore Pagano ha dimostrato, ancora una volta, di possedere una gioventù mentale che si discosta parecchio da quella anagrafica, riuscendo a sbalordire il mondo scientifico con acute osservazioni che potrebbero rappresentare una soluzione dal COVID19.