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di Filippo Cavallaro
“La polvere del mondo” è un diario di viaggio scritto da Nicolas Bouvier, che ha avuto successo sin dalla prima edizione in lingua originale (1963), in italiano è prima stato pubblicato nel 2005 ed ora è presentato sempre da Feltrinelli in una nuova e più avvincente traduzione.
Si descrive il viaggio in auto dell’autore, che, in compagnia di un amico, nel 1953 parte da Ginevra per l’Afganistan. Wlodek Goldkorn, in una recenzione, ne esalta la descrizione che in ogni momento è ricca di riferimenti sensoriali ed esperienze percettive. Tutto viene coinvolto la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto ed il tatto come se le parole necessariamente dovessero trasmettere tutte queste sensazioni insieme.I protagonisti del viaggio arrivano anche a Kabul e la descrivono come era … inebriante … fantastica …Kabul mi fa pensare al collega Alberto Cairo, che, da trenta anni, lì dirige il programma ortopedico del Comitato Internazionale della Croce Rossa.
La città nota ad Alberto è una città distrutta dalle guerre combattute dai tanti eserciti sin dal 1979 ma sempre in grado di sopravvivereAlla stessa maniera i tanti civili afgani che lui è riuscito ad aiutare con la riabilitazione dopo le devastanti menomazioni causate dalle mine antiuomo, che ogni tipo di forza militare ha ritenuto logico lasciare sul terreno.Cairo che è autore di “Storie da Kabul” e “Mosaico afgano”, libri editi da Einaudi, l’ho conosciuto e mi è caro per due sensibilità che vanno oltre i cinque sensi esaltati nel testo di Bouvier. Una è la capacità di discriminazione positiva, utilizzata nei centri che gestisce, dove lavorano “disabili che riabilitano disabili”. L’altra è la preveggenza, che, associata alla prontezza, lo porta ad essere uno dei pochi, se non l’unico, ad aver mantenuto da 30 anni il proprio ruolo di professione di aiuto, in un paese che ha ereditato dai continui conflitti armati milioni di disabili. Alberto Cairo direbbe, per ambedue le sue specifiche sensibilità, che sono decisioni “perfettamente” logiche: sulla “discriminazione positiva” afferma, in una intervista, che “avere personale dedicato, che conosce i problemi e le esigenze dei disabili è una fonte di motivazione e di speranza per tutti”;
Sulla preveggenza/prontezza, invece, è da ammirare la capacità di modulare, all’occorrenza, l’organizzazione delle strutture di assistenza, in modo da rispettare, sempre, quanto ritenuto corretto dai vari governi, che continuano a succedersi nel paese.Un aneddoto paradossale è quello che vede protagonista Farzana Hashimi che arrivata al centro ortopedico senza la gamba destra, persa sopra una mina, diventa la migliore tecnico ortopedico del centro. Oggi grazie alle restrizioni teocratiche del governo Taliban di Mohammed Omar Akhondzada, salito al potere nel 1996, si trova a dirigere la struttura femminile del centro ortopedico. La struttura maschile è da allora diretta da Najmuddin Helal, fisioterapista, anche lui amputato, che continuamente ci ricorda dei 650 km² di territorio afgano cosparso di mine antiuomo.Farzana, Najmuddin ed Alberto … una forza!