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di Matteo Pennisi
Il senso di equilibrio e l’orientamento spaziale dell’uomo dipendono essenzialmente dal corretto funzionamento della percezione multisensoriale e dall’integrazione di questa con il sistema nervoso.
Le vertigini, il senso di instabilità ed i capogiri sono comunemente cause frequenti di consultazione medica con conseguente invio ad ulteriori approfondimenti specialistici.
In generale si ritiene che una quota prevalente di circa il 20-30% della popolazione generale soffra di questo disturbo con una incidenza annuale stimata di circa l’11%.
La vertigine acuta è una delle cause più comuni di accesso alle strutture di Pronto Soccorso.
Sono molti e vari i sintomi riferiti dai pazienti, ed in quanto difficili da descrivere sono il più delle volte rappresentati in maniera molto generica e con termini spesso intercambiabili. Anche per questo motivo molte volte vengono accumunati sotto lo stesso termine sintomi con caratteristiche simili ma appartenenti a categorie diverse, da qui la necessità di cercare di definirne meglio le singole specificità:
– La “vertigine” vera e propria, può essere definita come la falsa percezione di auto-movimento di sé o dell’ambiente che ci circonda senza un reale spostamento od anche la sensazione di un auto-movimento anomalo durante un movimento normale.
– Il “capogiro”, definito in genere come una sensazione di disturbo o di alterazione dell’orientamento spaziale in assenza di una vera percezione di movimento falso o distorto.
– Lo “stordimento” viene comunemente definito come una vaga percezione di disconnessione dall’ambiente circostante.
– Il “disequilibrio” o lo “squilibrio”, come l’incapacità di mantenere il normale equilibrio;
– La “presincope” come una sensazione di imminente perdita di coscienza;
CAUSE
Le principali cause riconosciute sono quelle cervicogeniche, i disturbi posturali-percettivo persistenti, le vestibolari (la cui prevalenza è stimata in circa il 7-8%), la vertigine posizionale parossistica benigna, le malattie cerebrovascolari, la neurite vestibolare, l’emicrania vestibolare, la paroxysmia vestibolare, la malattia di Menière.
La sindrome del dolore miofasciale cervicale comprende un gruppo di disturbi della muscolatura cervicale con riscontro all’esame clinico di punti dolorosi denominati trigger-point, più comunemente localizzati a livello del fascio ascendente del muscolo trapezio con nel 35% circa dei pazienti una riferita associata sintomatologia di tipo vertiginoso.
I più colpiti sono soggetti abbastanza giovani, in genere nella quarta decade di vita, con una maggiore frequenza del sesso femminile.
LA VERTIGINE CERVICOGENICA
La vertigine cervicogenica è così definita in quanto riconducibile a patologie o disturbi del tratto cervicale, in genere di tipo artrosico-degenerativo.
Nel 1952, il termine “vertigine cervicogena” fu introdotto da Ryan e Cope, che lo attribuirono a segnali anomali inviati dalle articolazioni cervicali superiori sede della degenerazione artrosica al nucleo vestibolare.
Le vertigini vengono in genere definite come “cervicogeniche” quando sono strettamente associate al dolore al collo e/o a patologie strutturate del tratto cervicale al collo, dopo aver escluso le altre cause di vertigini.
CLASSIFICAZIONE VERTIGINI CERVICOGENICHE
I segnali propriocettivi provenienti dai muscoli del collo e dalle articolazioni poste nel tratto cervicale svolgono un importantissimo ruolo nel mantenere la stabilità e l’equilibrio e l’orientamento della persona sia in condizione di riposo che durante il movimento e le varie attività.
L’integrazione dei segnali di questi sistemi afferenti è essenziale per mantenere un orientamento ed equilibrio normali, e qualsiasi disfunzione di questi organi sensoriali o asimmetria negli input afferenti può comportare la comparsa di alterazioni dell’equilibrio, senso di instabilità o di vertigini.
In particolare i corpuscoli di Ruffini sono meccanocettori in grado di registrare gli stiramenti che normalmente si verificano durante i movimenti delle articolazioni e dei legamenti e che quindi svolgono un ruolo preminente nella propriocezione.
È stato rilevato come in prossimità delle articolazioni cervicali sede di patologia degenerativa artrosica si riscontri un concentramento significativamente più elevato di corpuscoli di Ruffini rispetto alla normalità.
La modificazione od anche la sola distorsione dei segnali propriocettivi prodotti dai corpuscoli di Ruffini a livello del tratto cervicale possono quindi essere ritenute responsabili della cosiddetta “vertigine cervicogenica”.
Alcuni autori similmente usano il termine di “vertigine propriocettiva cervicale” per descrivere questo tipo di vertigine causata dall’iperattività disarmonica dei meccanorecettori cervicali situati nelle articolazioni, nei legamenti e nei fusi muscolari.
La condizione artrosico-degenerativa del tratto cervicale è comunemente osservata nei pazienti più anziani ed in genere si aggrava con l’avanzare dell’età.
Le vertigini non specifiche riferite da questi pazienti sono il più delle volte episodiche, della durata di minuti o ore. Spesso è riscontrata rigidità del collo, e possono anche essere presenti in questi pazienti dolore alla spalla, mal di testa, radicolopatia o mielopatia come naturale conseguenza della patologia artrosico-degenerativa.
In alcuni dei pazienti con questo disturbo l’insorgenza di vertigini presentarsi in conseguenza della rotazione del collo.
La causa delle vertigini nella rotazione del tratto cervicale in questa categoria di pazienti potrebbe essere conseguente ad una transitoria riduzione del flusso sanguigno vertebrale (insufficienza vertebro-basilare dinamica).
Oltre ai segnali propriocettivi anormali provenienti dalle articolazioni malate e la riduzione del flusso vertebro-basilare, l’artrosi cervicale può essere causa di vertigini con un terzo meccanismo che coinvolge la stimolazione del sistema simpatico.
Già nel 1926, Barre e Lieou proposero l’ipotesi neurovascolare per le vertigini cervicogeniche, in cui attribuivano la vertigine e i sintomi correlati ad una transitoria ischemia intracerebrale secondaria alla compressione delle fibre simpatiche poste nel legamento longitudinale posteriore da parte delle articolazioni cervicali malate.
Il riscontro quindi di patologia degenerativa artrosica nella radiografia del rachide cervicale con associazione di sintomi simpatici e il sollievo di questi stessi sintomi in seguito al trattamento delle articolazioni degenerate potrebbe suggerire la diagnosi di S. di Barré-Lieou
Sindrome Bow-Hunter’s (dell’arciere cacciatore)
Questa sindrome interessa comunemente i pazienti più anziani, ma può essere anche osservata anche in soggetti più giovani, con una prevalenza del sesso maschile.
Nel 1978 Sorenson ha definito questa patologia come la conseguenza di una compressione sintomatica dell’arteria vertebrale da postura dinamica del collo divenuta poi popolare come sindrome dell’arciere cacciatore.
Questo nome deriva quindi dalla rappresentazione del modo in cui un cacciatore che utilizza l’arco gira la testa per mirare ed indirizzare la freccia.
Sorenson correlava la sindrome alla possibilità di occlusione meccanica dell’arteria vertebrale a livello dell’articolazione atlantoassiale durante la rotazione del collo.
Infatti in genere i soggetti colpiti presentano i sintomi vertiginosi quando si ruota il collo trai 45° ed i 90 °, come ad esempio durante l’effettuazione dello shampoo dal parrucchiere e di solito questi sintomi scompaiono riportando la testa nella posizione neutra.
Altri sintomi possono comunemente accompagnarsi a questa sindrome, ed i più frequenti sono acufeni, cefalea, disturbi della vista, atassia, diplopia.
TERAPIA
Naturalmente la terapia proposta necessita sempre preventivamente di una diagnosi che identifichi la verosimile causa ritenuta alla base della sintomatologia vertiginosa. E’ bene anzitutto escludere che alla base del disturbo non vi sia un origine da ricondurre ad un problema vestibolare, neurologico o sistemico.
TERAPIA FARMACOLOGICA
Sebbene un recente studio retrospettivo affermi che i miorilassanti potrebbero essere efficaci nel capogiro cervicogenico, non sembrano essere disponibili in atto prove sufficienti per supportarne l’uso per controllare la sintomatologia vertiginosa nei pazienti con disturbi degenerativo-artrosici del tratto cervicale.
Allo stesso modo, attualmente non esistono studi significativi che valutino l’utilità di farmaci antinfiammatori non steroidei in questa tipologia di pazienti per il controllo delle vertigini.
TERAPIA RIABILITATIVA FISIOTERAPICA
Molti studi hanno valutato separatamente il ruolo dell’esercizio o della fisioterapia nel controllo delle vertigini cervicogeniche dovute alle patologie cronico-degenerative, con riscontro positivo.
L’associazione di terapia manuale e di fisioterapia ha dimostrato di essere migliore della sola fisioterapia.
In presenza di vertigini cervicogeniche su base degenerativa resistenti alla terapia può essere presa in considerazione la terapia infiltrativa dei trigger point.
La combinazione di terapia manuale, infiltrativa e riabilitazione vestibolare aggiunta ha dimostrato di fornire il massimo beneficio in questi pazienti e lungi dal rappresentare solo un ripiego può risultare infatti una soluzione efficace nei soggetti in cui la qualità della vita quotidiana si è molto deteriorata, dopo notti insonni, assunzione di analgesici, e frequenti assenze lavorative.
La terapia manuale ha da sempre avuto un ruolo chiave nel trattamento delle vertigini cervicogeniche.Infatti potendo le vertigini derivare da uno stato di costante contrattura muscolare con conseguente sensazione di instabilità, un trattamento massoterapico applicato nella zona cervicale avrà lo scopo di rilassarne la muscolatura riducendo la tensione sottostante.La terapia manuale condotta dall’operatore faciliterà uno stato di rilassamento generale preliminare che quindi favorirà l’esecuzione di movimenti attivi guidati (chinesiterapia).
La terapia chiropratica ed in particolare la manipolazione cervicale hanno dimostrato di essere utili nel controllo delle vertigini cervicogeniche.
Tuttavia, questa terapia è circondata da alcune controversie e non può essere considerata in assoluto del tutto sicura e senza rischi.
La compressione acuta dell’arteria vertebrale, la dissezione dell’arteria vertebrale e la paralisi diaframmatica bilaterale sono alcune delle potenziali complicazioni riportate in letteratura in seguito a terapia chiropratica.
Sebbene la manipolazione cervicale sia descritta come sufficientemente sicura nei giovani adulti sani se eseguita secondo i principi e la corretta metodologia, deve essere preceduta naturalmente da una accurata valutazione clinica specialistica e l’esecuzione degli esami diagnostici strumentali eventualmente ritenuti opportuni dal medico (Rx, RM, ecocolordoppler etc.), ed è preferibilmente da evitarsi o da effettuarsi con tutte le cautele del caso nei pazienti anziani e nei soggetti con fattori di rischio.
Terapia propriocettiva
In casi particolari dopo un trauma o in una condizione di alterazione particolare (vedi cervicalgia cervicogenica), la funzionalità propriocettiva può risultare compromessa.
La comunicazione tra sistema nervoso centrale e muscoli va in tilt e per ripristinare la corretta trasmissione del messaggio può essere utile ricorrere all’adozione di specifici esercizi, molti dei quali possono essere eseguiti anche con l’ausilio di strumenti come:
– pedane oscillanti: (tavoletta di Freeman) usate per migliorare la propriocettività e l’abilità dell’equilibrio posturale.
– la swiss ball: con lo scopo di stimolare i recettori periferici e migliorare l’equilibrio al fine di restituire al paziente la capacità di saper sempre controllare il grado di contrazione muscolare ed il livello di tensione tendineo permettendo cosi una netta diminuzione della sgradevole sensazione di vertigine.
– il blazepod: nell’era della tecnologia avanzata, trova posto nella terapia riabilitativa anche in questo tipo di disturbo un sistema innovativo, costituito da 4 o più dischi con luci led (comunicanti tra loro ed il controller/smartphone tramite tecnologia wirless/bluetooth).
Il sistema permette di essere adattato e configurato per qualsiasi tipo di allenamento della coordinazione mano-occhio piede-occhio. I segnali luminosi possono essere utilizzati dal terapista per migliorare ampiezza del movimento, incentivare la coordinazione e la propriocezione degli arti, aumentare la forza. I programmi possono essere personalizzati e resi più intensi per aumentare il grado di difficoltà. I dati registrati dal sistema permetteranno al terapista di valutare il grado di recupero da parte del paziente .
Si potrà lavorare su agilità, reazione, percezione periferica, propriocezione, inoltre il sistema aiuta a migliorare la percezione visiva potenziando l’attività di coordinamento tra movimento oculare ed i movimenti degli arti.
Infine anche l’aggiunta dell’educazione cognitivo-comportamentale del paziente è un’altra modalità di trattamento risultata efficace specie se integrata con tutte le altre metodiche descritte e gli esercizi attivi a casa. L’educazione del paziente integrata nei programmi di esercizio fisico e nei programmi comportamentali non solo contribuisce a ridurre il dolore e le vertigini, ma migliora anche il recupero e la mobilità nei pazienti con sintomatologia cronica.
In alcuni casi selezionati non rispondenti alle terapie praticate in presenza di importante patologia artrosico-degenerativa associata a radicolopatia e/o mielopatia potrebbe essere necessario valutare l’opportunità di una terapia chirurgica.