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Il 18/11/2020 L’AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Regionali) ha pubblicato il report con i dati della mobilità interregionale negli anni 2008-2018.
Da quando l’Europa ci ha imposto, al fine di rientrare entro parametri economici compatibili ad evitare il default di ridimensionare il deficit pubblico si è avuta l’attivazione di fini economisti che hanno individuato nella spesa sanitaria la principale causa delle spese. La complicata soluzione trovata è stata quella di operare dei tagli lineari dei costi senza tenere conto dell’orografia del territorio o l’efficienza dei collegamenti viari. La priorità da garantire è stata, nella pratica, quella di mantenere consulenze, prebende, benefit e in alcuni casi documentati e saliti agli onori della cronaca: i costi della politica. Ed ecco che partiva quindi la campagna di ridimensionamento e ottimizzazione delle risorse della sanità con la riduzione progressiva dei reparti ospedalieri, con il loro depotenziamento graduale bloccando le assunzioni di chi avrebbe dovuto rimpiazzare i posti lasciati vacanti da chi si dimetteva volontariamente o fuggiva andando in pensione spesso anticipata, negando inoltre l’aggiornamento tecnologico e la fornitura di materiali. Per poi denunciare la pericolosità di quei malridotti ospedali che continuavano a lavorare attraverso la buona volontà di pochi volenterosi, dichiarando che andavano immediatamente chiusi.
Tutto questo ha portato a evidenti criticità dell’assistenza nel sud Italia e in Sicilia in particolare già emersa e denunciata da molti anni, ma che oggi è stata certificata nell’analisi impietosa che l’AGENAS ha fatto analizzando i dati del decennio 2008-2018 della mobilità: principale indicatore di qualità assistenziale. Quando infatti un paziente ha un problema di salute che non può risolvere in maniera ottimale vicino al proprio domicilio, se ne ha la possibilità, emigra e cerca di risolverlo altrove.
Le cause di questa mancata percezione di qualità solo raramente risiedono nella impossibilità di sottoporsi a particolari interventi che in prossimità del proprio domicilio non è possibile eseguire. Nella gran parte dei casi la motivazione principale è legata alle carenze assistenziali che poi, al di là della capacità operative dei chirurghi o della buona pratica terapeutica, sono quelle che forniscono il maggiore impatto sulla percezione della qualità erogata.
La mobilità interregionale e internazionale, quindi, rappresenta un importante indicatore segnalando indirettamente quanti hanno una percezione di scarsa qualità delle prestazioni erogate nel proprio luogo di residenza e si spostano per ottemperare questo loro bisogno.
Due sono le componenti della mobilità:
• mobilità ATTIVA, cioè l’ATTRAZIONE esercitata, descrive cioè tutte le prestazioni erogate all’interno dalle Strutture Sanitarie delle Regioni/Province autonome – pubbliche e private accreditate – agli Utenti di altre Regioni/Province autonome/Stati Esteri dalle Strutture Sanitarie in favore di Utenti non residenti.
• mobilità PASSIVA descrive la FUGA dei Cittadini residenti e la loro scelta di curarsi all’esterno del territorio di residenza, descrive tutte le prestazioni erogate in favore di Utenti residenti, per opera di Strutture Sanitarie – pubbliche e private accreditate – ubicate fuori dal territorio delle Regioni/Province autonome
La mobilità sanitaria si differenzia in:
● mobilità INTERREGIONALE, in cui sono trattati i flussi di migrazione del Cittadino/Assistito quando usufruisce di prestazioni sanitarie erogate presso altre Regioni/Province autonome dello stesso Paese.
● mobilità INTERNAZIONALE, in cui sono trattati i flussi di migrazione del Cittadino/Assistito quando usufruisce di prestazioni sanitarie erogate presso altri Stati
Dall’analisi dei dati le Regioni del centro-sud subiscono spesso una fuga considerevole verso regioni più settentrionali. È questa l’impietosa analisi dell’AGENAS che è possibile analizzare in dettaglio nel report allegato.
La cosa che non troverete nel testo però è che troppo spesso i pazienti che i pazienti che si spostano presso altre regioni, solitamente del nord, si trovano ad essere curati da medici che, anche loro, non hanno trovato una adeguata sistemazione lavorativa in prossimità della propria residenza. Questo dovrebbe fare pensare chi governa le politiche sanitarie nel nostro paese, ma sembra che non interessi nessuno.
In allegato: