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di Giuseppe Ruggeri
Crea quantomeno sconcerto la recente posizione del professor Andrea Crisanti il quale dichiara di non volersi sottoporre a vaccinazione anti-Covid, poiché a suo dire non si è ancora in possesso di dati sufficienti a comprovare l’assenza di effetti collaterali. A Crisanti, microbiologo e maitre a penser della scuola del “contact tracing” vorrei con sincera modestia rammentare che nessun vaccino – e farmaco – è mai stato del tutto esente da effetti collaterali. A chi scrive, tanto per fare un facile esempio, è capitato di assistere, durante il proprio corso di studi, all’autopsia giudiziaria di un militare di leva morto a vent’anni per encefalite post-vaccinica. Il vaccino è sempre, come del resto qualunque altro preparato invasivo, una potenziale fonte di malattia perché, per quanto tecnologizzate allo spasimo, le tecniche di preparazione non si faranno mai tutti i conti con le infinite variabili connesse alle altrettanto infinite tipologie d’organismi presenti in natura. Conti che spesso e volentieri non tornano, prova ne sia, per rimanere in tema, il variegato assortimento di reazioni al contagio da Covid all’interno del medesimo nucleo familiare laddove c’è chi lo contrae in forma asintomatica, chi in paucisintomatica chi in malattia conclamata. E c’è pure, ovviamente, chi non lo contrae proprio perché le sue difese immunitarie, di superficie e profonde, reagiscono prima che il virione possa varcare l’anello linfatico di Waldeyer posto a guardia degli attacchi dei microrganismi diffusibili per via respiratoria.
Crea senza dubbio confusione – e di questi tempi non ne abbiamo davvero bisogno – l’affermazione di un opinion leader come Crisanti, vessillo del “lockdown totale e subito”, che rischia di gettare nel panico quella larghissima fascia di popolazione che confida nell’avvento del vaccino-panacea cui è assegnato l’alto compito di liberare il mondo dalla schiavitù di Sua Eccellenza il Virus. Un compito che, nella memorabile pellicola “Armageddon”, fu affidato se
ben ricordo alla coraggiosa falange di guerrieri spaziali capitanati da un Bruce Willis versione “supertutto”. Smontare questo castello di speranze con una frase definitiva come quel “non mi vaccinerò mai” espresso dal guru Crisanti sortisce l’effetto di una secchiata fredda. E, inevitabilmente, getta nello sconforto una comunità già duramente provata dal terrorismo di cui è stata costante oggetto in quasi un anno di bombardamento mediatico. Chiunque abbia le carte in regola per fare comunicazione scientifica ha l’obbligo di misurarsi con un pubblico che va opportunamente preparato a riceverla. Nessuna turris eburnea, ci mancherebbe, ma ci sono modi e modi di dire. E quello di Crisanti non mi sembra certo il più appropriato. Che i vaccini, nessuno escluso, abbiano i loro rischi d’impiego è incontestabile. Specie se la sperimentazione a monte è stata affrettata e dunque, ragionevolmente, lacunosa.
Ma bisogna anche fare un calcolo costo-benefici. E costatare che, allo stato attuale, a pesare più dei rischi da vaccino sul piatto della bilancia è una situazione morbigena, economica – e anche psicologica – che non mancherà, in un futuro prossimo, di riverberare i suoi drammatici effetti sull’intero tessuto sociale. Una situazione che l’adozione di un programma vaccinale rivolto alle categorie a rischio (medici, operatori sanitari, fragili, cronici) potrebbe modificare in misura determinante. Avviando una stagione di rinascita in cui si possa tornare a scommettere sulla scienza perché i vaccini, con buona pace dei “no-vax” che grazie alle dichiarazioni di Crisanti oggi prendono piede più che mai inondando le piazze con i loro striscioni, sono, di questa scienza, uno dei pilastri fondamentali.