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di Giuseppe Ruggeri
Angoscia, senso d’impotenza, difficoltà a reggere le pesanti restrizioni imposte dalla pandemia che stiamo vivendo, tutto questo sta seriamente minando le basi del nostro vivere civile. Il mondo, e non è soltanto vuota retorica, sta cambiando. Soprattutto sta cambiando il nostro mondo interiore, il modo con cui ci rapportiamo l’un l’altro, il sistema di scambi che tengono vivo il tessuto della comunità.
Qual è, in tutto questo, il ruolo della scrittura? Secondo me, la scrittura può e dunque dovrebbe svolgere una funzione orientativa che non si limiti, com’è il nostro caso di Medici, alla comunicazione di studi e ricerche utili a superare questo momento, ma si estenda alla descrizione di stati d’animo scaturiti da un contesto particolare, qual è l’attuale, anche al fine di tracciare percorsi, immaginare soluzioni.
La scrittura, insomma, come veicolo di civiltà. Che affianchi (o anche opponga, quando ne ravveda la necessità) la legge del cuore a quella dei governanti. I quali, in circostanze estreme come quella che stiamo vivendo, non sempre riescono ad agire con la lucidità e il distacco necessari alla gestione del problema. Così come d’altronde avviene per i governati, sempre meno propensi ad assumere i comportamenti responsabili che le circostanze richiedono.
“Poesie al tempo di Covid” vorrebbe essere tutto questo. Ma, forse, è pretendere troppo.
In ogni caso, buona lettura.
Mancanza di colori, di suoni, della luce del sole. La visione solo di ombre, il piatto passare del tempo. La vita che diventa un DESERTO!
Bisogna imparare ad apprezzare le cose quando si hanno e no quando ci vengono a mancare.
Salvo Rotondo
Deserto
di Giuseppe Ruggeri
Non ha più colore l’alba
che vestiva il cielo di rosa
allo sfiorire del buio
incalzato dal soffio della luce.
Non hanno più voce gli uccelli
che salutavano in coro
il risalire del cocchio dorato
dalla gola del mare.
Fermo immagine il mio tempo
cristallo di neve sul vetro
fissa oltre il confine dell’anima
ma non scorge che ombre.
Muro contro muro s’alza
in quest’ora di ghiaccio
che nega il sole e spegne
ogni speranza sul nascere.
Non ha più senso il crescere
del giorno sui tetti
di questo pugno di case
che dormono un sonno senza sogni.
Passerà ma prima che succeda
tante albe incolori sbiadiranno
all’orizzonte e mille volti muti
planeranno sulle dune assorte
di questo interminabile deserto.
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