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Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Apnea”

Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Apnea”

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di Filippo Cavallaro

È stato dimesso dalla Pneumologia covid. Persona nota per il suo percorso decennale di malattia cronico ostruttiva dei bronchi. 

Noto perché in dieci anni non ha schivato alcuna infezione, arrivando al ricovero una o due volte l’anno. Nel 2020 non “poteva” saltare l’appuntamento con SARS CoV 2 che ha puntualmente rispettato all’arrivo dell’autunno scorso. L’ho trovato stanco per il lungo ricovero, molto defedato nel fisico … si toccavano tutte le ossa. Scheletrito ma bisognoso solo di poco ossigeno per tenere una buona saturazione.  

Gli feci fare per alcuni giorni solo esercizi di tipo attivo assistito, lasciandolo ogni volta con una inclinazione maggiore dello schienale. Lamentava talvolta dolori strani presumibilmente da irritazione dei rami nervosi, resi irritabili, come fili scoperti, dal grande deperimento e dall’obbligo di allettamento. Ogni giorno riusciva ad interagire con me sempre meglio, ed abbiamo cominciato a parlare del suo lavoro, di quanto lo frenasse la BPCO, del bar che frequentava di fronte casa sua all’Annunziata. Era consapevole di quanto fosse stato dannoso il suo stile di vita relativamente all’attività motoria, quasi assente, ed al fumo, >30 sigarette, e di quanto forte fosse stata questa sua dipendenza. 

Gli feci provare la posizione seduto con i piedi fuori dal letto che reggeva bene per cui gli spiegai che malgrado il letto, per la tipologia di materasso antidecubito, fosse un supporto instabile, era utile se cominciava a fare degli esercizi per il controllo del tronco ed anche di ginnastica respiratoria diaframmatica da seduto. In qualità di ammalato covid, gli spiegai che, in questi mesi di esperienza sul campo, abbiamo imparato la differenza tra la stanchezza dovuta alla mancanza di ossigeno, di cui lui aveva consapevolezza, e questa malattia, che porta a dei fenomeni di crisi rapida, una stanchezza totale, un crollo. Per questo motivo sarebbe stato il caso di promuovere un’attività ridotta di un poco, rispetto a quanto ci si sente in grado di fare. Meglio restare un passo indietro che farsi prendere dalla debolezza. Il giorno dopo provammo addirittura la verticalizzazione sempre con 5 litri di O2 negli occhialini, mentre io obbligatoriamente ero scafandrato con visiera Dpi Ffp3 e tripli guanti. 

La seduta successiva, dopo che avevo condiviso con gli pneumologi i miglioramenti dimostrati e la possibilità di avviarlo al cammino, capitò che parlammo di Enzo Maiorca, di cui consiglio l’autobiografia, edizioni Mursia 2016, il libro “Sotto il segno di Tanit” che racconta le sue immersioni ed il mare, le onde, i fondali dello jonio siracusano. 

Parlammo di apnea e se lui avesse provato l’apnea, ne era cosciente a causa della BPCO, mi permisi di chiedergli se si sentiva pronto a stare in piedi e camminare. Ci fu un sorriso grande ed un si, sarebbero stati pochi passi con me accanto, eventualmente lo avrei sorretto. Avrebbe dovuto tenere il tubo e la sacca delle urine, avremmo staccato per pochi secondi tutti i monitoraggi e gli occhialini dell’ossigeno. Avrebbe contrastato il deficit ventilatorio di quei pochi secondi attraverso la respirazione spontanea glossofaringea. La riserva d’aria che usano le rane. Un patrimonio epigenetico legato ai movimenti bucco-linguali e faringo-laringei.

Non respiravo neanche io dall’emozione. In apnea, con Maiorca come esempio, fino a due metri dal letto e ritorno.