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Lo studio pubblicato su The Lancet EBioMedicine, condotto in pazienti HIV-positivi in terapia antiretrovirale (cART) da vari anni, ha indicato il ruolo fondamentale della risposta immune contro la proteina Tat di HIV nell’indurre un continuo recupero dei linfociti CD4+ e nel ridurre la viremia residua che cART non riesce ad azzerare. Lo studio, condotto dal Centro Nazionale Ricerca su HIV/AIDS (CNAIDS) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), conferma il razionale scientifico alla base degli studi già pubblicati dall’ISS sull’importanza di un vaccino anti-Tat per potenziare la ricostituzione del sistema immune che la cART da sola, benché molto efficace nel bloccare la replicazione virale, riesce a ottenere solo parzialmente anche dopo anni di terapia. “La soppressione della replicazione virale determinata dall’inizio della cART porta a un forte e veloce recupero dei linfociti CD4+, le cellule immunitarie che “orchestrano” la risposta immunitaria e che vengono “aggredite” dal virus HIV. – spiega Barbara Ensoli, Direttore del CNAIDS dell’ISS e coordinatrice dello studio. – Tuttavia, dopo alcuni anni di terapia, l’aumento dei linfociti CD4+ rallenta ed eventualmente si arresta, anche se non ha raggiunto i livelli ottimali, soprattutto nei pazienti che iniziano tardi la terapia. Inoltre, anche nei pazienti in trattamento efficace permangono bassi livelli di viremia intermittente, denominata viremia residua, che è causa di progressione e comorbilità. Il nostro studio, condotto in pazienti in terapia cronica e seguiti per tre anni, ha identificato nella risposta immune a Tat il fattore determinante per il perdurare dell’aumento delle cellule CD4 e per il controllo della viremia residua”.