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Alla ricerca delle diagnosi e terapie perdute

Alla ricerca delle diagnosi e terapie perdute

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a cura della Redazione

 

SIG. ROSSI: Buongiorno dottore.

MEDICO: Buongiorno Sig. Rossi, mi dica.

SIG. ROSSI: Da qualche settimana avverto una strana tosse notturna irrefrenabile e mi ritrovo con un violento affanno, quasi una fame d’aria. Sudo a profusione, tanto che sveglio anche mia moglie.

MEDICO: Si distenda, si faccia visitare.

Il Sig. Rossi si distende sulla lettiga ma resta teso, vestito come uno stoccafisso, con le mani sulla pancia.

MEDICO: Si spogli, la prego, se non si scopre come faccio a visitarla? Farsi visitare è come fare l’amore: si può fare anche con gli abiti addosso, ma svestiti viene meglio.

SIG. ROSSI: Mi scusi, dottore. Lei ha ragione, ma non ci sono abituato. Il medico dove ero in cura prima non faceva altro che richiedere esami e prescrivere integratori.

 

 

 

 

 

 

 

A questo punto il Medico controlla le mucose e le sclere, la lingua, i polsi, misura la pressione, ausculta il torace, il cuore, palpa l’addome, lo percuote, lo ausculta, controlla i riflessi e fa delle domande sui sintomi e sulle percezioni del suo stato di salute seguendo i dettami del Prof. Lenzi.

Alla fine prescrive un gastroprotettore, una dieta e consigli sulle abitudini di vita. Un passaggio dal farmacista, e dopo qualche giorno il Sig. Rossi è tornato alla sua vita normale.

Sempre più spesso oggi il paziente è una pallina di pingpong tra medico di famiglia, territorio e ospedali.

Non è infrequente trovarsi in situazioni in cui il medico sbadiglia mentre gli parli, si interrompe per rispondere al cellulare, la lettiga nello studio è un oggetto di scena pienodi libri e riviste che disordinatamente sommergono lo sfigmomanometro, il fonendoscopio e un camice gettato lascivamente sopra. Se in sala d’aspetto c’è la calca nemmeno ti visita. Ti guarda infastidito e sbrigativamente ti prescrive cinque integratori e una corsa ad ostacoli di esami diagnostici e visite specialistiche. L’algoritmo seguito dal paziente a questo punto si differenzia. I meno abbienti con rassegnazione si rivolgono all’Azienda Sanitaria di pertinenza e prenotano appuntamenti per i mesi e l’anno successivo. I più agiati si recano a un centro privato e rimbalzano da uno specialista all’altro, sperando di trovare qualcuno che non scambi un banale reflusso gastro-esofageo per una patologia cardio-polmonare.

Raramente il paziente esce dallo studio di un medicolicenziato con una pacca sulla spalla sentendosi dire “Lei non ha nulla di importante. Cerchi di perdere peso, difrazionare l’alimentazione in cinque pasti nella giornata, mangi poco la sera e non vada a coricarsi subito dopo, possibilmente faccia una passeggiata prima”.

E spesso questi pazienti si allontanano dall’ambulatorio dubbiosi e perplessi, quasi delusi. Avrebbero probabilmente preferito qualche sbrigativa prescrizione farmaceutica o almeno qualche integratore. E non è detto che non si rivolgano al medico della porta accanto che magari gli prescriverà qualche pillola.

Al giorno d’oggi la medicina si è involuta in un prodotto di consumo dove anche le persone in buona salute sono state trasformate in potenziali malati per potergli vendere qualche compressa utile solo a chi la produce. La richiesta di benessere a tutti i costi, indipendentemente dall’età e dallesituazioni contingenti, spesso sostenuta da pubblicità mascherate da informazione, contribuiscono a far incrementare la tendenza alla medicalizzazione del sintomo.  È quindi diventato quasi disdicevole che un paziente esca dallo studio di un medico senza alcuna prescrizione, poiché probabilmente si sentirebbe frustrato e trascurato.

Se la medicina ha raggiunto notevoli traguardi, la salute è stata trasformata in una merce. In quanto tale, è regolata dalla legge della domanda e dell’offerta che inevitabilmente viene condizionata dall’industria farmaceutica. Questa investe capitali ingenti (oltre un terzo dei suoi bilanci) nel marketing, spesso il doppio di quello che investe nella ricerca.

Ed è così che l’ultima terapia o l’ultima tecnologia diventa la migliore, anche se non sarà la più testata sotto il profilo scientifico. Pregi e difetti di un’innovazione hanno bisogno di tempo per emergere. Ciononostante, il fatto che l’EMA (Agenzia del Farmaco Europea) e la FDA (Food and Drug Administration americana) siano finanziate per una considerevole quota dall’industria del farmaco, influenzerà le loro decisioni a causa di inevitabili conflitti di interesse più o meno evidenti.

Così come il mondo del calcio ha spalmato le sue gare dei campionati nazionali e internazionali su 3-4 giorni a settimana per aumentare la platea di telespettatori e quindi il business della pubblicità, alla stessa maniera nel campo della medicina si è cercato di allargare il campo d’azione delle terapie. Quindi, se prima ci si concentrava su chi era malato, oggi ci si concentra attraverso una pseudo-prevenzione su chi malato ancora non lo è ma che lo potrebbe diventare. Basta che comitati di opinion leadermodifichino il range di riferimento dei valori del colesterolo o della pressione arteriosa che vengono create delle nuovecondizioni di pre-malattia, per esempio, la pre-ateromasia. Incrementa così la popolazione che si corica la sera in buona salute e si risveglia malato con la necessità di ricorrere a farmaci.

Sono sempre più i dubbi che insorgono anche negli screening o studi che influenzano le linee guida. Sono giàstati messi in dubbio la mammografia per la diagnosi del cancro al seno, o la terapia di alcuni tumori alla prostata che non andrebbero operati né trattati.

Si configura così il lato oscuro del progresso tecnologico. È l’overdiagnosis, seguita dall’overtreatment in soggetti che non presentano sintomi, ma a cui viene diagnosticata una malattia. Questa probabilmente non evolverà in una forma clinicamente significativa e quindi non sarà causa di morte per il soggetto che, senza che lui lo sappia, si è trasformato in paziente.