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Di recente presso il Tribunale di Messina si sono registrati alcuni casi di fatture non saldate da parte del Ministero della Giustizia nei confronti di CTU e periti: è arrivato nei giorni scorsi l’atteso chiarimento su come fatturare in modo regolare.
I punti chiave, che sottolinea la dirigenza del Tribunale sulla scorta delle indicazioni pervenute dall’Agenzia delle Entrate e quindi dal Dicastero, in sintesi sono tre:
- Si ribadisce che la parte obbligata deve effettuare il pagamento del compenso liquidato dal giudice in favore del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), consulente che deve emettere la fattura nei confronti dell’Amministrazione (in questo caso, Tribunale di Messina), evidenziando, però, nel corpo della fattura stessa, di avere ricevuto il pagamento dalla parte onerata;
- Gli Uffici Giudiziari non potranno che accettare le fatture in questione, ma esse dovranno essere complete dal punto di vista formale e dovranno recare l’espressa indicazione che il pagamento è a carico della parte (specificamente individuata) e non dell’Amministrazione;
- L’Amministrazione della Giustizia non dovrà assolvere alcun adempimento fiscale, essendo un soggetto del tutto estraneo al rapporto intercorrente tra il creditore (il CTU) e il debitore (la parte in causa tenuta al pagamento): consequenzialmente, questo Ufficio non curerà il versamento della ritenuta d’acconto né rilascerà la certificazione unica.
Per maggiori informazioni: leggi la nota del Tribunale e del Ministero oppure leggi l’approfondimento qui di seguito curato dagli Uffici dell’Ordine dei Medici:
CTU: fatturazione e relativi adempimenti alla luce dei recenti indirizzi ministeriali
Consulenti Tecnici d’Ufficio: fatturazione (con split payment) e relativi adempimenti degli Uffici Giudiziari alla luce dei recenti indirizzi ministeriali
In materia di Consulenza tecnica d’Ufficio per la Suprema Corte di Cassazione “in ragione della finalità propria della consulenza di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi che comportino specifiche competenze, la prestazione dell’ausiliare deve ritenersi resa nell’interesse generale della giustizia e, correlativamente nell’interesse comune delle parti”.
In relazione al richiamato indirizzo giurisprudenziale e in tema di split payment (c.d. scissione dei pagamenti) l’Agenzia delle Entrate ha affrontato, con circolare n 9/E del 7 maggio 2018, le modalità di liquidazione dei compensi ed oneri accessori dovuti ai consulenti tecnici d’ufficio (CTU) che operano su incarico, e come ausiliari, dell’Autorità Giudiziaria.
La Direzione Centrale Coordinamento Normativo dell’Agenzia fiscale, per la richiamata circolare del 7 maggio 2018, “con riguardo ai compensi e onorari, relativi alle prestazioni rese dal CTU “conferma “che titolare passivo del rapporto di debito sia la parte esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico”.
È la parte processuale, in base al provvedimento del giudice (che costituisce titolo esecutivo) “..tenuta al pagamento del compenso per prestazioni professionali rese, al di fuori del sinallagma commissione-prestazione, a favore dell’Amministrazione della giustizia, committente non esecutrice del pagamento”.
Ne consegue che “il CTU deve ritenersi obbligato ad esercitare la rivalsa ex art. 18 del D.P.R. n.633 del 1972 e ad emettere fattura ai sensi del successivo art. 21 del citato D.P.R. nei confronti dell’Amministrazione della giustizia (cfr. Circolare n. 9 del 1982), in cui si evidenzi, tuttavia, che la “solutio”, avviene con denaro fornito dalla/e parte/i individuata/e dal provvedimento del Giudice.”. Concludendosi che “in tali fattispecie, la P.A. (Amministrazione della Giustizia), pur essendo riconducibile nell’ambito soggettivo di applicazione della scissione dei pagamenti, non effettua alcun pagamento del corrispettivo nei confronti del CTU”. Con la conseguenza, pratica, che” per tali motivi si ritiene di escludere l’applicabilità, nel caso specifico, della disciplina della scissione dei pagamenti di cui all’art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972”.
Tra l’altro la materia della scissione dei pagamenti, su fatturazione da parte di professionisti, è oggi superata con l’entrata in vigore del c.d. “decreto dignità” che ha eliminato l’obbligo della scissione dei pagamenti per le attività prestate a favore di pubbliche amministrazioni.
L’indirizzo dell’Agenzia delle Entrate ha, però, comportato dubbi interpretativi in relazione agli, eventuali, adempimenti delle cancellerie, stante l’acclarato obbligo, a carico del consulente, di intestare la fattura all’amministrazione giudiziaria.
Gli uffici giudiziari destinatari, a far data del mese di maggio 2018, di fatture a loro intestate ma per le quali non risultano obblighi di pagamento hanno manifestato sin da subito, perplessità e difficoltà operative nella gestione contabile delle stesse.
Difficoltà operative ad oggi non ancora superate se è vero che il Ministero della Giustizia con circolare del 26 settembre 2018 “in considerazione delle molteplici criticità segnalate , si rappresenta di aver avviato al riguardo un’interlocuzione con l’Agenzia delle Entrate al fine di verificare la possibilità di individuare soluzioni operative in grado di non aggravare ulteriormente le complesse attività degli uffici giudiziari in tema di pagamento delle spese di giustizia; sarà dunque cura di questa Direzione generale far conoscere prontamente l’esito di tale iniziativa”. Gli Uffici di via Arenula erano, comunque, già intervenuti nell’immediatezza della circolare dell’Agenzia delle Entrate.
Con nota del 30 maggio 2018, nel rispondere a quesito avanzato dalla Corte di Appello di Bologna, gli Affari Civili Interni del Ministero della Giustizia dopo una breve disamina della disciplina avevano concluso, e non poteva essere altrimenti, che: “…deve affermarsi che la parte obbligata debba continuare ad effettuare il pagamento del compenso liquidato dal giudice a favore del C.T.U. ; quest’ultimo, ricevuto il pagamento, emetterà la fattura nei confronti dell’Amministrazione , avendo però cura di evidenziare che il pagamento è stato effettuato dalla parte e non dall’Amministrazione ; a tale fattispecie non si applica la disciplina della scissione dei pagamenti di cui all’art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972”.
Riassumendo il sopra richiamato indirizzo ministeriale: a) la parte onerata dal provvedimento giurisdizionale effettua il pagamento, b) il consulente tecnico d’ufficio ricevuto il pagamento emette fattura intestata all’Amministrazione, l’ufficio giudiziario del giudice che ha emesso il provvedimento, avendo cura di evidenziare che il pagamento è stato effettuato dalla parte processuale.
Quanto sopra trovava ulteriore conferma nell’indirizzo ministeriale del 26 settembre 2018 ai sensi del quale “il CTU ricevuto il pagamento dalla parte ..”deve “ emettere fattura nei confronti dell’Amministrazione giustizia ..”
In materia non poteva mancare l’intervento da parte dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS).
Istituto previdenziale (INPS) che, ricordiamo, essendo parte in innumerevoli giudizi innanzi al giudice del lavoro si trova più volte destinatario del provvedimento con il quale viene disposta la liquidazione della consulenza d’ufficio.
Per l’istituto previdenziale, con indirizzo interno del 7 settembre 2018, “in caso di condanna dell’istituto alle spese per CTU, non potranno essere accettate da parte degli operatori fatture emesse nei confronti dell’istituto da parte dei CTU nominati dal giudice, dovendo richiedere agli stessi copia del documento emesso verso l’Amministrazione della Giustizia al fine di consentire la liquidazione del compenso sulla base del dispositivo giurisdizionale”.
L’ INPS affronta, nel richiamato indirizzo, anche gli adempimenti successivi al pagamento a carico dell’istituto.
Dispone infatti che : “…si ritiene si debba operare la ritenuta fiscale , laddove prevista per la natura del reddito corrisposto e/o per il regime fiscale applicato al professionista, corrispondendo al CTU il compenso fatturato al lordo dell’IVA ma al netto della ritenuta fiscale a titolo d’acconto che dovrà essere versata all’Erario, come di consueto, entro il giorno 16 del mese successivo a quello del pagamento; per compenso e ritenuta andrà rilasciata apposita CU (ndr = certificazione unica) al professionista nei termini di legge.”
Tornando alle problematiche evidenziate dagli uffici giudiziari il più importate è quello relativo al “come” e al “dove” debbano essere registrate le fatture emesse dai consulenti tecnici d’ufficio.
Per gli Uffici ministeriale di via Arenula “ il modus operandi” derivante dall’applicazione della circolare dell’Agenzia delle entrate pone infatti il problema relativo alla lavorazione della fattura .
Per l’indirizzo ministeriale in oggetto “..accade in sostanza che dette fatture elettroniche (anche ove recanti la doverosa annotazione che il pagamento è stato effettuato dalla parte) pervenendo agli uffici giudiziari con il sistema di gestione contabile SICOGE risultano come crediti inestinti in quanto pagate da terzi.”
Infatti, sempre per gli uffici di via Arenula, “mentre il sistema SICOGE consente la chiusura automatica delle fatture pagate , non altrettanto avviene per quelle non pagate .”
Fatture in formato elettronico che se non pagate direttamente dall’ Amministrazione “..devono essere chiuse tramite una operazione manuale..”
Operazione di chiusura “ ..necessaria affinchè il relativo credito possa risultare estinto sulla piattaforma di certificazione del credito (PCC) gestita dal Ministero dell’economia e finanze”.
Quanto sopra, per come riconosciuto dal Ministero della Giustizia “..tenuto conto del considerevole numero di consulenze tecniche d’ufficio disposte nell’ambito del processo civile (nell’ordine di migliaia all’anno anche per uffici giudiziari di medie o piccole dimensioni) costituisce un evidente aggravio del carico di lavoro degli uffici stessi, con importanti riflessi negativi anche sulla determinazione dell’indice di tempestività dei pagamenti (alla cui formazione concorrono anche,allungandone i tempi, fatture che non corrispondono a debiti
reali dell’amministrazione)”. Gli Uffici giudiziari non si sono, però, limitati ad evidenziare le criticità all’Amministrazione centrale.
La Dirigenza Amministrativa degli Uffici Giudiziari, in attesa di definitive e superiori determinazioni ministeriali in materia, ha affrontato, in un serrato e proficuo scambio di opinioni e proposte, quelli che sono i problemi nell’immediato e , specificamente, come già accennato, quelli relativi al “come” e al “dove” debbano essere registrate le fatture emesse dai consulenti tecnici d’ufficio. Risulta assodato che la fattura emessa nei confronti dell’Amministrazione vada intestata e
trasmessa all’ufficio del magistrato che ha emesso il provvedimento. La trasmissione della fattura comporterà che, nella stessa, sia inserito il codice univoco IPA
dell’ufficio che riceve. L’ufficio giudiziario che riceve la fattura ne curerà la trasmetterà al competente Funzionario
Delegato non prima però di avere verificato la regolarità della stessa, specie riguardo alla presenza dell’ attestazione che il pagamento è stato assolto da terzi, indicandone le generalità complete.
L’Ufficio giudiziario rifiuterà le fatture in cui risulti omessa la detta attestazione. La successiva lavorazione, da parte dell’ufficio del Funzionario Delegato, delle fatture avverrà nel / e con il programma SICOGE.
Tale programma permette di ricevere una fattura certificando che il relativo pagamento non rientra in alcun capitolo di spesa assegnato al Funzionario Delegato e che, il pagamento di quanto dovuto in fattura è stato assolto da terzi giusto provvedimento giurisdizionale. Ai sensi della circolare n. 24 del 27/06/2017 Ministero dell’Economia e delle Finanze , infatti,
“se la fattura viene pagata da un soggetto diverso dall’Amministrazione debitrice, quest’ultima potrà utilizzare la funzione di “dichiarazione di pagamento/chiusura debito”, appositamente realizzata nel sistema SICOGE. Per tale fattispecie SICOGE trasmette automaticamente il dato di chiusura del debito a PCC…”. Quanto sopra permette di risolvere anche la criticità relativa alla piattaforma dei crediti.
Concludendo non ci si può esimere dal sottolineare come il lavoro nella pubblica amministrazione venga sempre più gravata di incombenze, il più delle volte inutili, che non possono non riflettersi, negativamente, sulla performance dell’ufficio giudiziario generando ingiustificati ritardi nella somministrazione del servizio giustizia al cittadino.
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