La testata digitale dell'OMCeO Messina
 
Questioni di lingua: trentasettesimo appuntamento

Questioni di lingua: trentasettesimo appuntamento

Views: 796

di Carmelo Micalizzi

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è QUESTIONI-DI-LINGUA-356x200.jpg

TREMONTI, OGLIASTRI, SAN JACHIDDU.

NOMI E STORIE DI COLLINE

Tremonti, salita – da via Agliastro verso monte. É anche il nome del rione collinare tra i poggi Ogliastro e San Jachiddu e di una via nel piano Cardillo (o Cardilli). Fa riferimento alle alture a monte dell’antica salita che, deviando dalla sponda sinistra della fiumara Giostra, s’inerpica sul crinale che porta ai Peloritani. Il toponimo rimanda ad alcuni poggi di valenza paesaggistica e d’importanza strategica. Il comprensorio è infatti segnato dalla fondazione di due forti “umbertini” in corrispondenza delle colline Ogliastri e San Jachiddu e, poco più a settentrione, sul rilievo piano Cardillo, della batteria Masotto attiva durante l’ultimo conflitto ma oggi ridotta in rovina. Il nome collinare potrebbe anche essere una possibile corruzione da Tramonti1 nella lettura di trans montes, ‘oltre i monti’, e quindi Tramonti, conciliabile con la topografia del sito a nord-ovest di Messina.

Ogliastro – inteso anche Agliastro – è un fitonimo che prende origine dal latino oleaster, “ogliastro, olivo selvatico”, olea sylvestris, folio duro, in siciliano agliastru, agghiastru, ogghiastru: definizione toponomastica diffusa in Sicilia e di ampio riscontro anche nel sud della penisola. Fa riferimento all’olivo selvatico che tipizzava la contrada lungo le pendici collinari della parte bassa del torrente Giostra prima che venisse inserita nei piani regolatori di urbanizzazione2.

Cardillo – è, verosimilmente, un toponimo prediale che rimanda al cognome della famiglia un tempo proprietaria del fondo rustico. Nondimeno il nome di luogo si presta a curiose paraetimologie che, per quanto riconosciute false etimologie, è interessante ricordare: secondo alcuni, infatti, la contrada fu così chiamata per la pratica della cattura con le reti degli uccelli, soprattutto quaglie e cardelli, nei loro passi stagionali, oppure per il fatto che la zona, esposta a settentrione, è battuta da venti freddi di tramontana e maestrale: da qui forse l’origine delle ambigue espressioni – aforismi popolari ricordati ancora da qualche anziano – “si pigghiunu i cardiddi”, “pigghiari i cardiddi3.

San Jachiddu – è toponimo di particolare rilievo per le diverse introspezioni, non solo glottologiche, a cui dà adito. Il nome è lettura ipocoristica dialettale del nome Giacomo da Jachipu, per metatesi della seconda con la terza sillaba talora Japichu e quindi Japichiddu. Rimanda al culto del santo che mise radici nel territorio durante il secolare domino spagnolo, ad una chiesuola o anche ad un romitaggio ad esso dedicato ove si consideri che la vasta zona collinare da San Nicandro al torrente Trapani alto, fino a San Corrado era caratterizzata dalla presenza di grotte, spesso modeste cavità naturali riadattate e ampliate con precarie murature, già in epoca proto bizantina, alla maniera di santuarietti rupestri di cui vi è tuttora memoria e qualche riscontro archeologico. La caratteristica pietra di calcare pliocenico giallastro e rosato, estratta dalle piccole cave di San Jachiddu fu utilizzata, nel XVII secolo, per l’edificazione della Cittadella e per la realizzazione delle cornici marcapiano della Palazzata di Messina4.Sull’aspetto mineralogico della contrada vi è una pittoresca nota di Giuseppe Grosso Cacopardo5:

Le circostanti colline, oltre d’una infinità di piante particolari, racchiudono degli strati d’argilla, delle conchiglie impietrite, essendosi dal Conte Brocchi trovate fra le bivalvi la tellina lactea,  la Venus Gallina, l’Arca Noae, la pilosa, e fra le univalvi la Turritella terebra, Il Turbus rugosus, il Trochus Zizifinus, come altresì si trovano in abbondanza le madrepore, de’ coralli, delle glossopietre, e degli echini di varie specie: con una breve scorsa, che potrà fare il viaggiatore per questi luoghi.  

Il percorso collinare è segnato altresì dalla presenza di tre forti “umbertini”, presidi armati e corazzati edificati sulla costa peloritana e calabra nell’ultimo quadriennio del XIX secolo. I ventitré fortilizi – quattordici per Messina, nove per Reggio – furono fondati a cura dello Stato Maggiore del regio esercito su progetto dell’Arma del Genio, per difendere le acque dello Stretto, soprattutto riguardo il versante ionico, dai navigli nemici. Definiti “umbertini” in omaggio a re Umberto I non vennero mai utilizzati a scopo bellico e rappresentano oggi, magnifiche terrazze sul mare, tappe di un suggestivo percorso culturale periurbano ed extraurbano, una sorta di territorio protetto, talora adibito a spazi espositivi e a corsi di formazione professionale. Le batterie San Jachiddu e Ogliastri sono simili per dimensioni e planimetria, mentre la batteria di piano Cardillo, titolata all’ufficiale Umberto Masotto caduto ad Adua il 1°marzo 1896, è di dimensioni maggiori. Rimandano tutte ad una architettura militare composita ispirata alle fortificazioni militari cinquecentesche. Modesti fossati e ponticelli levatoi precedono gli ingressi mentre baluardi con cornici a sezione semicircolare e cannoniere ricordano le fortificazioni rinascimentali. Anche i materiali sono in stile: pietra calcarea e lava alternate a mattoni a vista. Sul versante marino le piccole piazzeforti sono mimetizzate da terrapieni e alberi, acquistando credibilità come struttura militare6.

Una riflessione, infine, sul tema dell’acqua che, assieme alla collocazione strategica del sito, si ritiene fondamentale nello sviluppo del comprensorio di Tremonti e di Ritiro7. Non l’acqua delle immani alluvioni, legate all’insensato disboscamento delle alture, che devastarono tragicamente, più volte, la vallata nel XIX secolo, ma semplicemente il tema dell’acqua potabile che ebbe un ruolo essenziale nella valorizzazione del territorio. Traccia recente è il riscontro della presenza di due “buttischi” sul crinale collinare di San Jachiddu sconsideratamente interrati negli anni ’80 del secolo scorso allorché si costruì il complesso edilizio “Città Giardino”8.    

Nella contrada Tremonti. S. Nicola e S. Jachiddu sono stati realizzati, dal 1985 al 1988, numerosi alloggi popolari e di cooperative che hanno completamente modificato l’assetto della zona. Da due “buttischi” nel versante nord delle colline di Tremonti scaturivano acque potabili che si riversavano nel ramo torrentizio S. Jachiddu e che, in tempi passati venivano convogliate verso i serbatoi del forte Ogliastri. I recenti sbancamenti effettuati per la costruzione di palazzine […], al di sotto del complesso edilizio “Città Giardino”, li hanno completamente sepolti.

“Buttisco” è un raro vocabolo siciliano talmente desueto da non essere raccolto in molti dizionari dialettali. Se ne vuole ribadire il ruolo riportandone le autorevoli definizioni (se ne accennerà più avanti) di Antonino Traina9, Giuseppe Piccitto10 e di Gerhard Rohlfs11

L’incipit della riflessione – si diceva – è la storica presenza di un sito termale di epoca greco – romana12, ai piedi della parte alta di Tremonti,con rovine ancora visibili verso metà ‘800, che fruiva di una sorgente di acqua calda. Il tema dell’acqua fu certamente determinante per la fondazione, nel XIII secolo, di un convento di monache carmelitane poi, per circa un ventennio, convento di ordine cistercense e ristrutturato, nel secolo successivo, di un monastero francescano dei frati Minori Osservanti dedicato a S. Maria del Gesù, una istituzione che ebbe un secolare ruolo nella storia della città. Il fondo valle collinare è stato inoltre adibito, più volte, soprattutto lungo il margine sinistro della fiumara, a luogo di ricovero e di cura nelle circostanze emergenziali di calamità. Sovviene l’epidemia di peste del 1743 e i terremoti del febbraio 1783.  Intorno alla metà del XIX secolo vi venne organizzato un “Ospedale per le malattie infettive” per le frequenti recrudescenze endemiche del morbus cholera. Nel 1880 vi fu fondato, per iniziativa del giovane medico Lorenzo Mandalari, una complessa struttura ospedaliera che, con alterne vicende strutturali e modifiche funzionali, perdurò fino agli anni ’90 del secolo scorso. Giusto sul tema delle terme, in conclusione, si aggiunge una nota riguardo le acque salutari che motivarono – in antico – la fondazione dell’impianto termale extra moenia a nord della città storica, legato alle sorgive, al sistema idrico delle sàie, dei condotti, delle vasche e degli accennati “buttischi”, letteralmente “volte a botte”, “gallerie per giungere alla testa dell’acqua”13: le acque potabili che approvvigionarono il fortilizio San Jachiddu. Le stesse acque fresche e salutari che, vicariando il calidarium, il tepidarium e il frigidarium completavano – è molto di più di una suggestiva ipotesi – la funzione dell’antica struttura termale, confermando lo storico patrimonio idrico del territorio.     

CARMELO MICALIZZI

NOTE

1 G. CARACAUSI, Dizionario onomastico della Sicilia, «Lessici Siciliani. Centro Studi Filologici e Linguistici Siciliani», 8, Palermo 1993, vol. II, p. 1641

2 M. PASQUALINO, Vocabolario siciliano etimologico, Palermo 1785, vol. I, p. 57; C. MICALIZZI, Una strada, un nome. Dizionario toponomastico, della Città di Messina, a cura di G. Molonia, Messina 2013, p.302

3 A. DI BLASI, Glossario toponomastico ragionato, in Il Quartiere San Leone. Guida storico – artistica a cura di N. Principato, Messina 1989 p. 430

4 S. FRANCHI, Il terremoto del 1908 a Messina in rapporto alla natura ed alla riedificazione della città, Bollettino del Comitato geologico d’Italia, S. IV, 10 [1909], pp. 111-157

5 G. GROSSO CACOPARDO, Guida per la Città di Messina, Messina 1841, pp.  163-164

6 Il San Leone. Dal sobborgo “Saddeo” al più popoloso quartiere messinese, a cura di R. Sisci, F. Chillemi, A. Di Blasi, Messina 1989, pp. 235-238; F. CHILLEMI, Messina e i quarantotto casali, Messina 2015, p. 120

7 C. MICALIZZI, Ritiro in «Questioni di Lingua», diciannovesimo appuntamento in «Messina Medica» rivista on-line dell’Ordine dei Medici di Messina, 2 dicembre 2019

8 A. DI BLASI, Glossario toponomastico ragionato, cit., p. 621

9 A. TRAINA, Nuovo vocabolario siciliano – italiano, Palermo 1868, pp. XIV, 1159, ad vocem   

10 Vocabolario siciliano a cura di Giorgio Piccitto, Catania-Palermo 1977, ad vocem

11 G. ROHLFS, Nuovo dizionario dialettale della Calabria, Ravenna 1982, ad vocem

12 C. MICALIZZI, I Bagnicelli di contrada Ritiro. Le terme romane e il “putridarium” francescano in «Questioni di Lingua», trentaseiesimo appuntamento in «Messina Medica» rivista on-line dell’Ordine dei Medici di Messina, 7 febbraio 2022

13 Si auspica che una adeguata indagine idro-geologica e archeologica possa individuare la “testa dell’acqua” dei “buttischi” e condurre ai reperti a monte dei ruderi della chiesa di S. Maria di Gesù segnalati nel 1897 da Gaetano La Corte Cailler: un vasto serbatoio in cui si immettevano condutture in mattoni, […] una vasca quadrata costruita sui resti di altra più antica, […] un serbatoio sotterraneo ornato da un affresco e da una lapide già inaccessibili ai tempi dello studioso messinese. Cfr. G. La Corte Cailler, La chiesa di S. Maria di Gesù Superiore ed una statua di A. Gagino, Messina 1897