Views: 409
di Giuseppe Ruggeri
Tra gli effetti collaterali della pandemia da SARS-Cov2 – e dei più temibili, come spiegheremo – c’è il ritardo delle cure oncologiche. Un problema presente già prima della diffusione del virus ma che, in seguito a tale circostanza, ha assunto delle proporzioni decisamente preoccupanti. 2.500.000 screening oncologici saltati – che si sono poi tradotti in 14.100 neoplasie maligne diagnosticate in più nel 2022 rispetto all’anno precedente (dati Aiom e Artum) non sono uno scherzo. Tutto questo non potrà che ripercuotersi negativamente sulla salute degli italiani, accentuando la già avanzata difficoltà che essi hanno di ottenere in tempi brevi l’assistenza sanitaria pubblica. Attendere fino a 2 anni per una mammografia, 1 per un esame TAC e 6 mesi per una risonanza magnetica nucleare rappresenta allo stato attuale un vulnus di non poco conto.
La “Giornata mondiale contro il cancro”, che si celebra annualmente il 4 febbraio, è stata un’importante occasione di confronto per discutere di questo drammatico ritardo, anche in considerazione del fatto che, da studi condotti da Associazioni scientifiche della disciplina, oltre un terzo dei tumori maligni comunemente conosciuti non si svilupperebbe seguendo stili di vita sani. A riguardo, è stata approvata all’unanimità dalla Camera dei Deputati una mozione che fissa 28 obiettivi per migliorare la lotta contro il cancro.
Di tutto questo – e altro – abbiamo discusso con Pietro Spadaro, oncologo ed ematologo, presidente della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori (LILT) – sede di Messina.
- E’ possibile quantificare, nel dettaglio, il ritardo diagnostico cui si assiste oggi in Italia in tema di patologie oncologiche maligne?
Impossibile, al momento, effettuare tale valutazione in quanto la non esecuzione su ampia scala degli opportuni screening non ci consente di poter prevedere le ricadute nella diagnosi e in particolar modo di quella precoce. Intercettare una neoplasia maligna nelle sue fasi iniziali è indispensabile ai fini della totale guarigione clinica.
- Un altro grave problema viene costituito dalla mancata cosiddetta assistenza sanitaria “a tutto tondo” del malato oncologico, e cioè che solo il 25 per cento dei malati, di fatto, è preso a totale carico dalla struttura pubblica. Perchè?
Il motivo della mancata presa in carico globale dei pazienti oncologici risiede nell’assenza di una distribuzione uniforme, sul territorio, delle unità operative oncologiche in condizioni di effettuare la totalità degli accertamenti e delle terapie. Tutto questo si traduce in una carente gestione di questi pazienti e nel disagio rappresentato dal dover ricorrere a più di una struttura per raggiungere soddisfacenti livelli qualitativi.
- Quali sono i principali impegni governativi assunti nella mozione del Ministero della Salute recentemente approvata in Parlamento?
Oltre che adottare e rendere effettivi gli opportuni finanziamenti tanto a livello regionale quanto nazionale, definire anche un piano strategico per l’eradicazione dei principali fattori di rischio, attraverso azioni mirate alla promozione dei corretti stili di vita. Basterebbe solo questo per ridurre di un terzo l’incidenza del cancro nella popolazione. Infine promuovere la diffusione delle migliori alternative terapeutiche disponibili in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Una tra queste alternative viene rappresentata dal test genomico, che consente di instaurare trattamenti farmacologici tecnologicamente molto avanzati, non sovrapponibili alle classiche chemioterapie.