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di ROBERTA VILLA
Qualcuno la chiama con un’espressione inglese “IV therapy”, che sta per “terapia in vena”, ma si parla anche in italiano di “infusioni vitaminiche”, per sottolinearne il contenuto. Di fatto si tratta di flebo contenenti soluzioni ad alte dosi di vitamine e minerali, a cui un numero crescente di persone si sottopone dopo una sbornia o per riprendersi dal jet-lag, per reidratarsi dopo un’influenza o un allenamento particolarmente intenso, oppure per una cura intensiva di bellezza nella speranza di ottenere pelle e capelli lucenti in vista di un’occasione speciale. Altri effettuano questi trattamenti con regolarità, convinti che servano a rinforzare l’organismo, combattere lo stress psico-fisico, potenziare le difese immunitarie, contrastare i segni dell’invecchiamento, migliorare l’aspetto o perdere peso [1].
Ne fanno uso alcuni personaggi famosi, come Kim Kardashian, Rihanna e Brad Pitt, o in Italia Melissa Satta e Tommaso Zorzi, che ne hanno parlato sui social media, scatenando una moda che negli Stati Uniti alimenta da anni un florido business e sta cominciando a prendere piede anche in Italia. Non c’è tuttavia alcuna prova che il trattamento produca gli effetti promessi e, soprattutto, che si tratti di una pratica da ritenere sicura. I pochi studi esistenti sono datati, poco solidi e pubblicati su riviste di medicina alternativa o complementare [2,3].
Nel 2018 la Commissione federale per il commercio statunitense ha multato una delle tante aziende che producono questi prodotti per aver dichiarato che si trattava di trattamenti medici e per aver millantato la loro efficacia contro cancro, scompenso cardiaco e sclerosi multipla [4]. I consensi informati che vengono fatti firmare prima della procedura dovrebbero quindi essere molto chiari su questo.
Dottore, che cosa contengono queste infusioni endovenose?
I fluidi somministrati goccia a goccia in vena nel corso di queste sedute possono avere diverso contenuto. Per questo vengono chiamati spesso “cocktail”: le diverse componenti sono infatti concordate dalla persona insieme all’operatore in vista dell’obiettivo che si spera di ottenere, talvolta scegliendole da un menù. Dove la pratica è molto diffusa, come a Los Angeles o a Londra, la metafora si spinge anche oltre, con appositi locali, detti “drip (flebo) bar”, dove le persone si recano per rigenerarsi da soli o in compagnia, seduti in poltrona o sdraiati su un comodo lettino.
In alcune parti degli Stati Uniti è possibile richiedere il servizio a domicilio, in ufficio, o in hotel. Esistevano per esempio a Las Vegas, prima della pandemia, perfino degli autobus attrezzati che giravano per la città raccogliendo gli ubriachi con la promessa – naturalmente a pagamento – di rimetterli in piedi in meno di un’ora. In genere, però, i trattamenti standard durano un po’ di più, e costano nell’ordine di alcune centinaia di euro [5].
Una delle combinazioni più famose prende il nome da John Myers, medico di Baltimora, che la mise a punto alla fine degli anni Sessanta. Il cocktail di Myers contiene alte dosi di vitamine del gruppo B, vitamina C, calcio e magnesio, idrossicobalamina, piridossina e dexpantenolo, miscelati in acqua sterile; altri, come la “banana bag”, contengono tiamina, acido folico, magnesio e un composto multivitaminico che attribuisce alla sacca il classico colore giallo del frutto tropicale [6]. Nelle versioni per chi ha abusato di alcol possono anche contenere antinfiammatori che contrastano il mal di testa e antinausea per controllare il vomito.
Dottore, a cosa serve la terapia in vena?
Le vitamine e i minerali forniti all’organismo da questi trattamenti sono sostanze che normalmente sono introdotte con una sana alimentazione, così come per ristabilire i liquidi persi per il caldo o lo sforzo fisico intenso basta bere acqua e, eventualmente, soluzioni reidratanti contenenti sali e zuccheri [7,8]. Le indicazioni mediche a un’integrazione vitaminica tramite flebo sono molto rare: gravi forme di malassorbimento intestinale, ustioni estese, intossicazioni o abuso cronico di alcol, e anche per questi casi il supporto scientifico è scarso [9].
Se si parla di una persona sana, poi, l’apporto vitaminico e minerale di un’alimentazione normale è più che sufficiente, tranne i rari casi (per esempio donne incinte o che cercano una gravidanza, bambini piccoli o anziani) in cui il medico prescrive integratori a base di vitamina D o di acido folico che si possono benissimo prendere per bocca.
La motivazione secondo cui la via endovenosa aumenta la disponibilità e la rapidità con cui i prodotti entrano in circolo perciò non regge, perché di questi supplementi la stragrande maggioranza di chi li usa non ha alcun bisogno [10].
Dottore, perché chi prova i trattamenti endovenosi riferisce un beneficio?
Dal momento che queste infusioni di minerali e vitamine non si propongono di curare una malattia o un sintomo, non è possibile nemmeno misurarne l’efficacia. Il concetto di “benessere” che si ricava dalla seduta equivale a quello che si ottiene con qualunque iniziativa in cui spendiamo del denaro per concederci “una coccola”, come il marketing ultimamente definisce qualunque trattamento venduto come modo per prendersi cura di sé. Se una persona lamenta una condizione di fatica o stress, starsene un paio d’ore sdraiato senza dover fare nulla, spendendo dei soldi per “ricaricarsi”, senza dubbio può far stare meglio.
La narrazione visuale e a parole di chi vende queste infusioni aiuta molto in questo senso: le immagini delle pubblicità rappresentano sacche per le flebo simbolicamente piene di frutta e verdura colorata, sottintendendo la “naturalezza” del trattamento; gli ambienti dove si esegue la cura sono comodi, lussuosi e rilassanti, facilitando la sensazione di benessere; l’idea di una soluzione che raggiunga direttamente l’interno del nostro organismo “rigenerandoci”, “rinforzandoci” e così via è estremamente allettante. Non è difficile in questi termini evocare un potente effetto placebo.
Dottore, quali sono i rischi delle flebo vitaminiche?
L’accumulo di alcune vitamine dette “liposolubili” (A, D, E, K) assunte in eccesso, soprattutto se per via endovenosa, può portare conseguenze patologiche, ma per quanto riguarda tutte le altre, così come per la quantità di liquidi e sali, il nostro organismo è impostato in modo da mantenere sempre un perfetto equilibrio, per cui la maggior parte del contenuto della sacca finirà semplicemente nelle urine. Se si esagera, però, o se la funzionalità di fegato e reni non è ottimale, il sovraccarico di lavoro richiesto può danneggiarli: per questo nel Regno Unito – almeno in teoria – si richiede di accertare con un esame del sangue che non ci siano problemi epatici o renali.
Il primo danno certo di questi trattamenti è quindi quello al portafoglio, ma anche in termini di salute non si possono escludere l’eventualità di infezioni o formazione di ematomi e tromboflebiti nella sede dell’iniezione, oltre a bruschi cali o aumenti di pressione. Inoltre, l’assunzione endovenosa di magnesio in chi ha già livelli alterati di questo elemento può causare aritmie cardiache o debolezza muscolare [11].
(Fonte: dottoremaeveroche.it)