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di Antonino Arcoraci
Diabesità: due parole strettamente correlate al punto da esser definite con un solo termine; il neologismo coniato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per sottolineare la stretta associazione tra diabete mellito di tipo 2 e l’obesità. Diabesità pandemia dei nostri tempi, con una prevalenza e un impatto socio-economico-sanitario destinato a crescere sempre più.
Negli Stati Uniti i soggetti sofferenti di Diabesità, visti come diabetici e come obesi, consumano da soli, rispettivamente il 14 e il 5,7% della spesa sanitaria globale. Se a loro si includono i costi relativi al sovrappeso, il limite superiore della spesa associata all’obesità, sale dal 5,7% al 9,1% e non basta perché la diabesità è premessa delle complicanze a lungo termine che includono l’infarto del miocardio, lo stroke cerebrovascolare, le patologie renali in stadio avanzato a cui si aggiungono, recentemente e con documentazione scientifica, lo stress cronico, la depressione, i disturbi del sonno.
Se continueranno a prevalere le tendenze attuali, la maggior parte della popolazione mondiale (51%, ovvero oltre 4 miliardi di persone), entro il 2035, vivrà in sovrappeso o in obesità. In infanzia e in adolescenza, un bambino su quattro (quasi 2 miliardi) sarà in sovrappeso o obeso. I maschi raggiungeranno 208 milioni (aumento del 100%), le femmine aumenteranno del 125% fino a toccare i 175 milioni. Ci saranno più bambini in sovrappeso o obesi, che adulti.
Il World Obesity Atlas 2023, pubblicato dalla World Obesity Federation, prevede: se le misure di prevenzione e il trattamento non miglioreranno, l’impatto economico globale del sovrappeso e dell’obesità, entro il 2035, raggiungerà e supererà i 4mila miliardi di euro all’anno, quasi il 3% del Pil globale.
Le ricerche scientifiche condotte in parallelo nelle università australiane, nordamericane, francesi e irlandesi confermano che l’obesità potenzia i fattori di rischio di morte per le malattie cardiovascolari, incrementa l’ansia, la depressione, i disturbi del sonno e mentali. Lo studio analitico che è stato condotto su quasi 10 milioni di persone (9,9 mln) di persone, lancia un allarme perché si inizi ad adottare misure correttive.
In Italia se ne parla in maniera concreta già dal 2019. Nel 4° Obesity Summit organizzato da Ibdo Foundation-Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation e Intergruppo parlamentare ‘Obesità e Diabete’, con il contributo non condizionato di Novo Nordisk, si è incominciato a lavorare per dare sostegno al progetto internazionale Driving Change in Obesity. Gli addetti ai lavori hanno iniziato con il riconoscere che l’obesità non è una colpa individuale, ma una malattia; l’obeso è un malato e come tale deve essere trattato e curato. Roberto Pella, presidente dell’Intergruppo Parlamentare ‘Obesità e Diabete’ e vicepresidente vicario Anci, ha dichiarato: negli ultimi anni, siamo riusciti a facilitare il dialogo interistituzionale, tra tutti i livelli di governo, diffondendo le previsioni della Mozione e dando voce a ogni iniziativa congiunta. Abbiamo fatto uno straordinario lavoro che ha portato a concretizzare numerosi traguardi che ci eravamo proposti”.
Sempre nel IV Obesity Summit, Novo Nordisk – da sempre attenta nella cura e prevenzione dell’obesità – si è impegnata perché le persone obese, godano della dovuta assistenza: l’obesità sia priorità nella salute pubblica, sia riconosciuta malattia cronica e sia inserita nei LEA.
Le Organizzazioni Sanitarie e le Istituzioni Scientifiche, da tempo sottolineano l’urgenza di elaborare nuove Linee Guida per la terapia medica con l’analogo GLPp1e disostenere lachirurgia bariatrica. New England Journal of Medicine, ha pubblicato lo studio condotto in collaborazione dall’Università Cattolica, dal Policlinico A. Gemelli di Roma e dal King’s College di Londra che ha dimostrato che il calo del peso nei diabetici porta all’ottenimento e al mantenimento della remissione della malattia per 5 anni.
L’International Diabetes Federation (IDF), ha proposto nuovi criteri esemplificati per la diagnosi di pre-diabete e di diabete basati su concetti innovativi che valorizzano la glicemia alla prima ora della curva da carico di glucosio. Ha adottato la ‘mini-curva’: se la glicemia dopo l’assunzione di 75 gr di glucosio, alla prima ora supera i 155 mg/dl, si fa diagnosi di ‘pre-diabete’, se sopra i 209 mg/dl, si fa diagnosi di diabete. La Società Italiana di diabetologia aggiunge i valori di HbA1c (emoglobina glicata): li considera normali se > al 6%, a rischio di diabete nei cinque anni successivi se fra 6.00 e 6.49, ad alto rischio di diabete se uguali o < a 6.5% in due misurazioni condotte in tempi diversi.
Questo consente di mettere in atto una serie di provvedimenti facilitanti la diagnosi di diabete e usare le misure preventive.
Oggi la parola prevenzione è diventata parola chiave. Riguarda lo stile di vita e se il caso, l’adozione delle nuove terapie farmacologiche. Con lo specialista si inizia un percorso programmato che indirizza il potenziale paziente verso un modus vivendi nel quale prioritario è lo “stile di vita”. Si punta al calo ponderale, al riequilibrio della secrezione dell’insulina, alla gestione e monitoraggio della malattia. Al procrastinare nel tempo, le complicanze. Si tengono più in conto i due fattori facilitanti: la urbanizzazione e l’invecchiamento. Le organizzazioni scientifiche del settore, e l’OMS spingono sempre di più sulla dieta equilibrata, mediterranea, sull’importanza della perdita di peso, della riduzione del punteggio del BMI. Consigliano l’attività fisica, la lotta alla sedentarietà, la cura e l’igiene del sonno, lo stop al fumo di sigaretta.
Nella World obesity Day del 4 marzo 2024, l’obesità è stata portata come malattia cronica progressiva e recidivante, anche quando, negli stadi iniziali, non è associata ad alcuna complicanza. Augusto Benini della FAND, che a Milano ha sostenuto il Summit di esperti per tecnologie sempre più vicine alle persone, ha insistito sul concetto di diabesità.
Durante il summit è stata data maggiore valenza alla patologia obesità-diabete e sono state programmate varie iniziative. In Italia, in Europa, nel Mondo, sono state coinvolte tutte le organizzazioni contro l’obesità, compresi gli operatori sanitari e le persone che vivono con l’obesità. C’è stata l’Obesity Food Time” promossa da ‘La mattina dopo odv – Associazione Nazionale Pazienti Bariatrici” che a partire da maggio 2024, per un anno intero, con appuntamenti mensili, porterà in giro per l’Italia, laboratori itineranti di cucina e pasticceria dedicati a persone con obesità e l’intesa di sottolineare l’importanza del cibo nei pazienti obesi e nei pazienti diabetici. Rossella D’Alessio, responsabile scientifico del progetto, ha detto: “chi si approccerà a questi appuntamenti, avrà la fortuna di essere uno chef per un giorno e si confronterà con chef e pasticcieri stellati”. Si è parlato di “Stili di vita” per combattere la “sedentarietà rischio per la salute”.
Isabella Faggiano ha ricordato che “alzarsi dalla sedia ogni venti minuti per fare almeno qualche passo su e giù per la stanza, allunga la vita”. Il suggerimento le viene dal lavoro pubblicato su Journal of the American Heart Association e condotto presso la University of California San Diego: Il team ha esaminato il tempo trascorso seduti e l’attività giornaliera di 6.489 donne, di età compresa tra 63 e 99 anni. Le ha seguite per otto anni, durante i quali si sono verificati 1.733 decessi, di cui 632 per malattie cardiovascolari. Ha messo a confronto le donne che avevano l’abitudine di stare più tempo sedute oltre 696 minuti al giorno (11,6 ore), con quelle che stavano nella stessa posizione meno di 556 minuti al giorno (9,2 ore) ed è emerso, che “le prime hanno un rischio maggiore del 57% di morte per tutte le causee del 78% maggiore di morte per malattie cardiovascolari. La sedentarietà infatti riduce le contrazioni muscolari, il flusso sanguigno e allenta il metabolismo. Stando seduti, il flusso sanguigno in tutto il corpo rallenta, diminuisce l’assorbimento del glucosio, i muscoli non si contraggono e il ritmo cardiaco si abbassa. Anche se si fa attività fisica saltuaria, gli effetti negativi della sedentarietà non vengono annullati.
L’Unicef Italia ha pubblicato un vademecum di sei punti su come educare i figli a una sana alimentazione e alle buone abitudini. Ai genitori ha consigliato diabituarsi a consumare gli stessi cibi dei figli, di usare le stesse bevande, gli stessi snack; di coinvolgerli nella scelta della spesa; di insegnare l’importanza degli alimenti e dei loro nutrienti, delle vitamine. Di preparare insieme a loro i pasti quotidiani. Li ha invitati a capire quando i figli hanno veramente fame. Ha sollecitato i genitori a evitare di dare cibi come ricompensa, di fare del cibo imposizione. Di non proibire mai la scelta, ma limitarsi solo a fare le porzioni e dare spiegazione del perché della quantità. Di mangiare con i figli e incoraggiare ad emularli. Di preparare la frutta e la verdura in modo creativo nelle forme e nei colori. Di fare iniziare la giornata con una colazione salutare, equilibrata, in cui non deve mancare la frutta fresca per abituarli a introdurre fibra. Di fare quanto possibile perché i bambini non vengano attratti dagli alimenti “spazzatura”, oggi molto presenti sul mercato. Li ha invitati a divertirsi con i figli, a fare almeno 60 minuti al giorno di attività fisica insieme a loro per addestrarli con il gioco e poi indirizzarli verso un’attività di tipo ginnico o sportivo. Di fare in modo che i bambini non si abituino a una vita sedentaria – oggi diventata problema – perché trascinati da una tecnologia che li attrae e li coinvolge e poi li isola.
Isabella Foggiano sostiene che l’obesità come malattia, ancora oggi non è conosciuta bene. In generale, viene sottovalutata. In America gira ancora il film Hairspray di Adam Shankman con John Travolta in cui spicca il significato “grasso è bello”.
L’Italia, secondo l’ultimo rapporto “Childhood Obesity Surveillance Initiative” dell’Ufficio Europeo della Organizzazione Mondiale della Sanità, si colloca al 4° posto in Europa per prevalenza di sovrappeso e obesità. Di poco al di sotto del 40% ed è superata solo da Cipro, Grecia e Spagna.
Il problema comunque è mondiale. La maxi metanalisi pubblicata di recente sulla rivista ‘Bmj’ ha sottolineato che, chi non mangia sano, non solo rischia di mettere su peso, mette in gioco la salute. Ha elencato 32 buoni motivi per non ignorare questo monito e ha mostrato come l’alta mortalità per cancro, l’alta presenza del danno cerebrale, polmonare, cardiaco sono conseguenza della diffusa malattia metabolica.
Umberto Galimberti, nei “vizi capitali e i nuovi vizi” 2003, ha scritto: “tutte le discipline che un tempo servivano per salvare l’anima – mortificazione, astinenza, digiuno – sono state reintrodotte sotto forma di esercizi, diete, moderazione e misura”.