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Noterelle riabilitative del padre del libraio “Senz’ossa”

Noterelle riabilitative del padre del libraio “Senz’ossa”

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di Filippo Cavallaro

Questa saga, che mi capita tra le mani cercando un “tascabile” tra i libri di mio figlio, mi ha fatto compagnia questa estate sotto l’ombrellone.
Non ne conoscevo la trama, sapevo che le saghe rappresentano una sorta di mitologia delle popolazioni del nord Europa, parlando di un’epoca che per i popoli del mediterraneo era già storia documentata.
La storia è attorno alle gesta di Ragnarr, re di Svezia della seconda metà del nono secolo. Il personaggio che più mi ha interessato, per gli aspetti che poi lo portano ad essere qui citato, è Ivarr, suo figlio, detto Senz’ossa.
Questo nomignolo gli venne attribuito molto probabilmente da una condizione patologica che nel romanzo viene anticipata dalla madre, prima del concepimento, quando ipotizza che cause astrologiche influenzerebbero la salute dei nascituri nella sua famiglia. Definendola con le conoscenze odierne potrebbe trattarsi di una forma di Osteogenesi imperfetta, malattia genetica rara. Il racconto ci riporta che egli avesse le gambe molli come se composte solo da cartilagine, senza la possibilità di svolgere il ruolo del sostegno osseo, cosicché non poteva camminare e doveva essere trasportato su uno scudo.
La sua condizione di disabilità motoria era limitata al cammino, condizione che non inficiava la possibilità di diventare capo dei Vichinghi, in quanto l’unica attività considerata abilitante per prender parte ad una battaglia era quella di essere capaci di usare un arco lungo. Bisogna anche dire che qualora potesse soffrire di altri problemi di salute, essere il figlio del re gli permise di vivere in ambienti protetti, e poteva tenere un tenore di vita alto per la società del tempo.
La condizione fisica di Ivarr mi porta a ricordare qui due donne con lo stesso problema di salute che hanno deciso, anche loro di vivere pienamente, malgrado le criticità del loro corpo, intraprendendo una carriera artistica.
La prima è Chiara Bersani, attrice, anzi, meglio come lei stessa si definisce, una performer. Chiara dichiara che i pericoli per il suo fisico non sono legati al tipo di movimento, in quanto se si conosce la propria fragilità, conosci i limiti del corpo ed impari ad usarlo. I pericoli sono legati ai tempi di recitazione, che spesso risultano faticosi anche per chi è totalmente sano. Ci sono imposizioni di ritmi ed orari sulla scena ed ancora di più in tournée.
Per poter far i movimenti giusti in scena si deve tenere un’attenzione altissima che se si è stanchi può far correre il rischio di una irritazione muscolo tendinea o addirittura una frattura.
Poi c’è Veronica Tulli, in arte Lulu Rimmel, cantante solista. Veronica si è ritagliata un ruolo originale. quello della bambola cantante seduta su un pianoforte. Sorprende tutti nello spettacolo perché il pubblico non capisce subito che è viva e pensa che sia un automa con una registrazione che accompagna la performance. Lei raggiunge il teatro con una carrozzina/carrozzone, che porta oltre che lei anche i costumi e la strumentazione, per strada però, per superare i piccoli ostacoli, scende dalla carrozzina e la spinge.
Per lei la cosa più fragile non sono le ossa ma il cuore, tant’è che ne ha tatuato uno sul petto dopo un amore finito male.
Due donne che non considerano la propria condizione di salute un limite. Lo valutano come vincolo ma da questa consapevolezza acquisiscono la forza nello scoprire nuove abilità.
Auguro a loro lo stesso successo che ebbe Ivarr, il quale riuscì a sconfiggere il re degli Angli e conquistare la parte meridionale della Gran Bretagna fondando una città, Londra.

Filippo Cavallaro