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Le attese – molto spesso lunghe – per un trapianto di cuore potrebbero diventare meno gravose e sfinenti per i pazienti con insufficienza cardiaca terminale, costretti a ospedalizzazioni continue e prolungate, esposti a complicanze e ad un elevato rischio di morte. Il cambio di scenario è dietro l’angolo: protagonista il cuore artificiale, indicato al momento come “ponte” per i pazienti, in attesa di trovare un cuore compatibile. Grazie a tecnologie in continua evoluzione, si aprono nuovi scenari con la prospettiva di ribaltare il paradigma di cura con cui fino ad oggi cardiologi e cardiochirurghi hanno gestito l’insufficienza cardiaca nelle fasi terminali.
L’insufficienza cardiaca1, pandemia globale in costante aumento2, grave patologia caratterizzata dall’incapacità del cuore di pompare efficacemente sangue nell’organismo, riguarda 64 milioni di individui nel mondo, con una mortalità altissima che varia a cinque anni tra il 50% e il 75%3.
In Italia l’insufficienza cardiaca è responsabile di oltre 200.000 ricoveri annui4, con un tasso di mortalità attestata al 50% entro due anni5.
Il gold standard universalmente riconosciuto per l’insufficienza cardiaca nelle fasi terminali resta il trapianto di cuore, sul quale però pesa un severo unmet need a livello mondiale: il reperimento di organo da donatore6. La discrepanza tra domanda e offerta è incolmabile: 6.000 trapianti di cuore all’anno7 coprono appena il 10% del fabbisogno totale8; in Italia, dove i trapianti cardiaci vengono effettuati nell’ambito di una Rete di 16 Centri cardiochirurgici altamente specializzati di cui 2 pediatrici, nel 2023 sono stati eseguiti 370 trapianti di cuore9 ma, secondo le stime, il numero di procedure soddisfa appena metà del fabbisogno complessivo di cuore nel nostro Paese. Le liste d’attesa al 2023 contavano 668 pazienti. I tempi medi di attesa per un trapianto di cuore sono di 3,7 anni nelle liste standard.9
Il numero limitato di donatori e le controindicazioni al trapianto per alcune categorie di pazienti hanno creato le condizioni per lo sviluppo di sistemi di assistenza meccanica al circolo sempre più avanzate e raffinate, che guadagnano spazio perché riescono a traghettare verso il trapianto tutti quei pazienti le cui condizioni cliniche non permettono l’attesa di un nuovo cuore o sono esse stesse una controindicazione temporanea al trapianto cardiaco.
E questa è proprio la peculiarità del cuore artificiale totale (TAH): fisiologico, altamente emocompatibile, pulsatile e autoregolato, frutto del talento e dell’esperienza di Carmat, MedTech francese da sempre impegnata a creare un’alternativa valida per i pazienti in attesa del trapianto di cuore.
Il cuore artificiale totale è disponibile nel mercato europeo con l’indicazione di “ponte verso il trapianto” (BTT, bridge to transplant) per i pazienti affetti da insufficienza cardiaca biventricolare terminale che non hanno più la possibilità di trarre benefici da una terapia medica o da un sistema di supporto meccanico al circolo, come il VAD (ventricular assist device), che peraltro assiste solo la parte sinistra del cuore, a condizione che la funzione del ventricolo destro sia normale. Secondo alcuni esperti, il cuore artificiale potrebbe avere le potenzialità di trasformare l’organizzazione e i trattamenti di questi pazienti in maniera radicale, come avvenne negli anni ‘70 per l’insufficienza renale severa con l’ingresso della dialisi, ma le aspettative vanno ben oltre, con un obiettivo strategico: il graduale passaggio dal “bridge to transplant” alla “destination therapy”, attraverso un cambio culturale profondo della pratica clinica che consentirebbe al paziente di vivere in modo duraturo con il cuore artificiale, quale terapia definitiva al trapianto di cuore, senza dover ricorrere ad un successivo trapianto di cuore.
«Il concetto di “bridge to transplantation” si riferisce ad un sistema meccanico impiantato temporaneamente in un paziente in lista di attesa per il trapianto di cuore, quando la sola terapia medica non è in grado di mantenere condizioni di stabilità – afferma Claudio Francesco Russo, Direttore Cardiochirurgia e Trapianto di cuore, Azienda Socio Sanitaria Territoriale Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano. Proprio per evitare il rischio di depauperamento di tutte le risorse dell’organismo in conseguenza dell’insufficienza cardiaca, è giusto ricorrere a questi sistemi di supporto meccanico al circolo, comunque definiti, che ci permettono di stabilizzare le condizioni del paziente, mantenergli la qualità di vita, mantenergli la funzione degli organi periferici, mantenere la sua condizione di riserva dell’organismo e affrontare nelle migliori condizioni un intervento di trapianto di cuore. Ci sono inoltre condizioni in cui il trapianto non può essere effettuato: pazienti che presentano problematiche diverse, ad esempio l’età avanzata o condizioni associate che controindicano la terapia immunosoppressiva. In tutti questi pazienti l’impianto del sistema meccanico, si presenta come alternativa definitiva al trapianto di cuore, cioè la “destination therapy”».
«In un terzo scenario – aggiunge Russo – il supporto meccanico al circolo può essere utilizzato come “bridge to candidacy” (ponte alla candidabilità), nel caso di un paziente con controindicazioni temporanee al trapianto di cuore, ad esempio soggetti giovani con storia di neoplasia non ancora clinicamente risolta, o soggetti con elevate pressioni nel circolo polmonare non permissive del trapianto stesso. In questi casi possiamo impiantare la macchina fino alla risoluzione delle controindicazioni al trapianto stesso. Vi è, infine, un quarto scenario: l’impianto di supporto meccanico al circolo, VAD, come “bridge to recovery”, per quelle condizioni su base infettivo-infiammatoria (miocarditi, tossicità…) che possono provocare un deficit temporaneo della funzione cardiaca potenzialmente reversibile. In questo caso, se il paziente è in condizione di gravissimo scompenso cardiaco o di shock cardiogeno intrattabile possono essere impiantati questi sistemi meccanici che, una volta recuperata la funzione cardiaca, possono essere rimossi».
Il cuore artificiale totale, ritenuto possibile Game Changing per i benefici che offre ai pazienti, sostituisce integralmente il cuore nativo e supporta temporaneamente il circolo. L’impianto del sistema stabilizza le condizioni cliniche del paziente, trasformando un’urgenza in una condizione gestibile anche a casa e con una migliore qualità della vita. L’innovatività distintiva di TAH si declina in emocompatibilità (tutte le superfici di contatto con il sangue sono rivestite da materiali biologici con riduzione del rischio tromboembolico e conseguente impiego di terapia anticoagulante a dosi minime); autoregolazione (il sistema adatta la pressione arteriosa e il volume di sangue a seconda delle esigenze fisiologiche del paziente); pulsatilità (i profili di pressione e flusso sanguigno mimano quelli del cuore nativo e vengono riprodotte sistole e diastole); compatibilità anatomica (il cuore artificiale totale si adatta perfettamente all’anatomia del torace umano).