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Da una ricerca italiana promettenti speranze per il superamento del PSA: l’Exo-PSA

Da una ricerca italiana promettenti speranze per il superamento del PSA: l’Exo-PSA

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di Salvo Rotondo

 

Il carcinoma della prostata (PCa) rappresenta la seconda causa principale di decessi per cancro nell’uomo. La sua diagnosi e i conseguenti trattamenti sia chirurgici che medici sono ad elevato impatto medico, psicologico ed economico. L’attuale sospetto diagnostico del PCa è caratteristicamente condotto mediante l’esplorazione digito-rettale (DRE) e il dosaggio del PSA. Dalla combinazione di questi due esami scaturisce l’esecuzione di una Biopsia prostatica ecoguidata. Purtuttavia, il PSA è un marker specifico per la prostata ma non per il cancro che risulta indispensabile per il monitoraggio delle cure (sia mediche che chirurgiche), ma ha dimostrato una attendibilità notevolmente inferiore per la diagnosi precoce di PCa.

É per questo che lo screening del PCa basato sul PSA si traduce in un gran numero di biopsie non necessarie e nella diagnosi di numerosi PCa cosidetti indolenti perché chi li porta addosso morirà con il cancro della prostata ma non per il cancro della prostata. A questo va aggiunto che la bassa specificità del PSA porta ad un elevato numero di PCa non diagnosticati (falsi negativi).

Basando la diagnosi unicamente sul PSA quindi si inficia in maniera significativa il percorso diagnostico. Infatti la sensibilità del PSA ha dimostrato livelli pari al 70 all’80 per cento. Ciò significa che il 20-30 per cento dei PCa non viene individuato. I livelli del PSA, inoltre possono aumentare per multiple ragioni, la più frequente è costituita dall’infiammazione prostatica. Questo purtroppo fa ricorrere ad ulteriori indagini alla ricerca di un tumore che in realtà non c’è. Inoltre, anche quando si è in presenza di un PCa confermato dalla biopsia, non sempre si è in grado di comprendere se si tratta di una forma indolente che può non essere trattata o di una forma aggressiva (a probabile evolutività) che richiede un intervento, o una terapia medica o ancora un trattamento radioterapico.

Da qui la ricerca di un altro indicatore in grado di restituire risultati più affidabili circa la patologia di cui è affetta la ghiandola.

Nel corso degli anni sono stati sviluppati numerosi metodi per cercare di migliorare la sensibilità e la specificità ai test del PSA al fine di evitare biopsie inutili, ma nessuno di questi si è dimostrato efficace ed affidabile.

Per migliorare la diagnosi differenziale tra patologie benigne della prostata e PCa i ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma (link) hanno identificato il PSA contenuto negli esosomi (Exo-PSA), piccole vescicole che si liberano da tutte le cellule del nostro organismo. In caso di PCa l’Exo-PSA aumenta i suoi livelli in circolo a causa della aumentata quantità di questa dismissione.

Lo studio è stato condotto secondo un disegno prospettico in cieco, includendo 240 pazienti divisi in tre gruppi: 80 casi controllo tra 18 e 39 anni senza IPB e/o PCa, 80 casi affetti da IPB (con diagnosi acclarata mediante agobiopsia) e 80 casi affetti da PCa (anche questi con diagnosi acclarata mediante agobiopsia).

I risultati hanno dimostrato l’elevata affidabilità del test. I livelli plasmatici di Exo-PSA sono risultati di gran lunga più elevati nelle persone che presentavano un PCa. Vista l’accuratezza diagnostica del 100% di specificità e sensibilità nel distinguere i pazienti con PCa da individui sani (casi controllo) e una specificità e sensibilità dal 98% al 100% per distinguere

i pazienti affetti da IPB da quelli con PCa. Il rischio di falsi positivi (valutare come malati uomini sani) è stato praticamente nullo.

Se tali risultati verranno confermati utilizzando l’Exo-PSA si potrà iniziare a parlare di Screening per il Carcinoma Prostatico. Evitando che uomini sani o affetti da IPB vengano sottoposti a indagini costose e diventate inutili quali la RMN prostatica multiparametrica e la biopsia prostatica sia ecoguidata che Fusion.

La novità e la forza di questo approccio risiedono nella sua elevata specificità e sensibilità che consentono per la prima volta di discriminare in maniera affidabile tra pazienti con PCa e IPB, supportando il suo uso non solo come test di screening per la diagnosi precoce di PCa ma anche per il follow-up dei pazienti sottoposti a intervento chirurgico, a radioterapia e/o terapie mediche. Purtroppo questa nuova metodica non fornisce informazioni per l’identificazione delle forme più aggressive rispetto a quelle indolenti di PCa. Per tali informazioni saranno necessari ulteriori strumenti diagnostici oggi non in nostro possesso.

Il dosaggio dell’Exo-PSA, comunque, è allo stato una ricerca di base che necessiterà conferme sperimentali più approfondite per comprendere se realmente ci si trova di fronte ad uno strumento innovativo di straordinaria sensibilità per l’approccio clinico alla prevenzione secondaria del cancro alla prostata attraverso una metodologia che potrà agevolmente essere adottata dai laboratori clinici di tutto il mondo. Resta l’orgoglio che una ricerca originale tutta italiana possa avere individuato la probabile strada verso la diagnosi affidabile di una patologia così diffusa rendendo inutili ed obsolete tutta una serie di indagini invasive e costose per un enorme numero di pazienti.