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Valentina Fuscoletti, Camilla Marchiafava, Daniela Mattei, Federica Nigro Di Gregorio, Massimo De Vincenzo e Luca Lucentini Dipartimento di Ambiente e Salute, ISS
– L’acqua è una risorsa limitata e vulnerabile con un ruolo chiave per la vita, gli ecosistemi naturali e lo sviluppo economico e sociale. Lo sfruttamento eccessivo, le attività antropiche e i cambiamenti climatici correlati hanno impatti negativi di dimensioni crescenti sulla quantità e qualità delle risorse idriche e, quindi, sulla salute delle persone. Di fronte alla domanda sempre crescente di acqua, il riuso delle acque reflue e la dissalazione sono possibili soluzioni al problema della carenza di risorse idriche. Le complesse interazioni clima-ambiente-acqua e salute richiedono azioni urgenti rispetto alla prevenzione e alla gestione dei rischi legati alle pressioni antropiche sui sistemi naturali e agli utilizzi delle risorse. In Italia, un efficace strumento di azione in tal senso è rappresentato dai Piani di Sicurezza dell’Acqua (PSA) per la filiera idropotabile e dai Piani di Sicurezza igienico-Sanitari (PSS) per la filiera di depurazione e del riuso delle acque. L’Istituto Superiore di Sanità, attraverso le attività del Dipartimento di Ambiente e Salute, ha curato l’elaborazione delle prime linee guida nazionali applicative per i PSA nella filiera idropotabile e svolge attività di formazione al fine di assicurare un processo di implementazione adeguato agli scopi di prevenzione sanitaria collettiva, sostenibile per i sistemi di gestione idrica e armonizzato e controllato in tutto il Paese. Parole chiave: ambiente; acqua; cambiamento climatico; salute; piani di sicurezza dell’acqua
L’acqua svolge un ruolo chiave per la vita dell’uomo e del pianeta ed è il pre-requisito per lo sviluppo sociale ed economico della società. Il riconoscimento internazionale di tale ruolo arriva, solo nel 2010, da una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: l’acqua potabile e i servizi igienico-sanitari sono un diritto umano essenziale per il pieno godimento del diritto alla vita e di tutti gli altri diritti umani. Tuttavia, già nel 2000 a conclusione del Vertice del Millennio (il Vertice del Millennio si è tenuto presso la sede delle Nazioni Unite a New York, il 6-8 settembre 2000. Erano presenti 149 capi di Stato e di governo e funzionari di alto rango provenienti da oltre 40 altri Paesi. Il documento principale, adottato all’unanimità, è stata la Dichiarazione del Millennio, che conteneva una dichiarazione di valori, principi e obiettivi per l’Agenda internazionale del XXI secolo. Ha anche fissato scadenze per molte azioni collettive), i leader mondiali si erano impegnati al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals, MDGs). Tra questi, l’Obiettivo 7 – Assicurare la sostenibilità ambientale – prevedeva di dimezzare, entro il 2015, la porzione di popolazione
mondiale senza accesso ad acqua potabile e a servizi igienico sanitari. Nel 2012, al termine della Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile (la Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile – Rio+20 – si è svolta a Rio de Janeiro il 20-22 giugno 2012. In tale occasione, gli Stati Membri hanno deciso di avviare un processo per sviluppare gli SDGs, basati sui MDGs e convergenti con l’Agenda di sviluppo post 2015. La Conferenza ha anche adottato linee guida innovative sulle politiche in materia di green economy) i contenuti dei MDGs sono stati ridefiniti, convergendo, in un quadro più ambizioso, negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs), che si spingono ben oltre il quadro di azioni specifiche individuate precedentemente. In particolare, l’Obiettivo 6 – Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari – abbraccia l’intero ciclo delle acque in natura e per le attività umane, e mira alla gestione integrata e sostenibile delle risorse idriche, affrontando problematiche quali la disponibilità e la qualità delle acque, il riuso dei reflui e la protezione degli ecosistemi acquatici. Il disegno identifica nell’acqua un ruolo fondamentale nel garantire e mantenere integro l’ambiente naturale, pur rappresentando un elemento di pericolo quando è correlata a eventi meteorici estremi e, nel contempo, considera questa risorsa come la più vulnerabile agli effetti dei cambiamenti ambientali e climatici già in atto. In questo contesto, le sfide più importanti legate all’acqua possono ricondursi a due direttrici fondamentali: 1. garantire l’accesso universale ad acqua e servizi igienici; 2. sviluppare strategie di risposta efficaci a fenomeni ambientali disastrosi quali siccità e allagamenti. I rischi sul binomio acqua e salute associati ai cambiamenti ambientali e climatici, evidenti in un’analisi a livello globale, si articolano in una molteplicità di pressioni ed effetti manifesti a livello locale. Tale consapevolezza richiede, pertanto, la definizione di strategie di prevenzione e risposta da applicare su scala sovra-nazionale, nazionale, regionale e locale in contesti sito-specifici. Nell’area pan-Europea, nel 1999, la Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (United Nations Economic Commission for Europe, UNECE) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno sviluppato il Protocollo Acqua e Salute (1), un valido supporto per il raggiungimento dell’Obiettivo 6 e degli altri SDGs correlati ad acqua, salute e servizi igienico-sanitari. L’Accordo, entrato in vigore nel 2005, ha validità e implicazioni legali, e mira a proteggere la salute umana mediante una migliore gestione dell’acqua, compresa la protezione degli ecosistemi acquatici, altresì prevenendo, controllando e riducendo le malattie legate all’acqua. Quanto disposto sottende in effetti alla protezione di tutte le risorse idriche (acque dolci superficiali, sotterranee, acque destinate alla balneazione, destinate a usi umani, interne ed esterne, acque reflue e per il riuso). In Italia, il Protocollo potrebbe essere ratificato congiuntamente dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (oggi Ministero della Transizione Ecologica), coinvolgendo un gruppo di lavoro interistituzionale e multidisciplinare con la partecipazione di molti portatori di interesse tra cui il Coordinamento Interregionale Prevenzione della Conferenza Stato-Regioni e Province Autonome, il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e Utilitalia, sotto il coordinamento tecnicoscientifico dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). La ratifica del Protocollo dovrebbe rappresentare la strategia chiave a livello nazionale per garantire il coinvolgimento di tutti i settori e attori in materia di gestione sostenibile e sicura di acqua e servizi igienico-sanitari nel raggiungimento di obiettivi prioritari, tra cui:
• rafforzare la protezione del ciclo idrico e delle risorse idriche all’origine;
• promuovere gli utilizzi sostenibili delle acque e la loro sicurezza per fini ricreazionali, per il riuso e per ogni altro uso umano;
• supportare una comunicazione evidence-based, coordinata, inclusiva e partecipata sul mondo dell’acqua. A livello europeo, nel 2009, la Commissione Europea ha presentato un approccio quadro finalizzato a rendere l’Unione Europea (UE) meno vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici. Il quadro strategico presentato, descritto in un documento programmatico (2), accompagnato da tre documenti settoriali sull’agricoltura, sulla salute e sulle acque, identifica azioni trasversali funzionali alla necessità di promuovere strategie di adattamento che aumentino la resilienza ai cambiamenti climatici, agendo su una migliore gestione delle risorse idriche e degli ecosistemi. Il successo di queste strategie dipende prevalentemente dalla possibilità di integrazione dei sistemi di gestione idrica nelle politiche dei settori correlati (agricoltura, energia, coesione, salute). Piani di Sicurezza dell’Acqua (PSA) Le strategie sopradescritte trovano, in Italia, un efficace strumento di azione nei Piani di Sicurezza dell’Acqua (PSA) (3) e nei Piani di Sicurezza igienico-Sanitari (PSS), la cui applicazione è trasversale in tutti i settori del ciclo idrico. I PSA sono basati su un approccio di valutazione e gestione dei rischi correlati alle risorse idriche, e ispirati al modello internazionale dei Water Safety Plans, proposti per la prima volta dall’OMS nel 2004 (4). I PSA sono stati introdotti in Italia a livello normativo dal 2017 per le acque potabili con il DM 17 giugno 2017 (recepimento della Direttiva UE 2015/1787). L’analisi di rischio attraverso i PSA è inserita anche nella nuova Direttiva Europea sulla qualità delle acque destinate al consumo umano (Direttiva UE 2020/2184). I PSA rappresentano un mezzo efficace di prevenzione, caratterizzato da una logica tipica dei sistemi multibarriera, potenzialmente applicabile a tutte le acque, siano esse a uso potabile, ricreativo, fino ad arrivare alle acque di riuso in agricoltura. Nel comparto delle acque potabili, i cambiamenti climatici hanno un impatto significativo sulle prestazioni principali dei servizi idrici (qualità e quantità dell’acqua, resistenza delle infrastrutture, pianificazione del ripristino della distribuzione sicura in caso d’interruzione e/o distruzione delle infrastrutture). I PSA, articolati in fasi successive di sviluppo (Tabella), offrono un utile strumento per gestire i rischi potenziali correlati agli effetti dei cambiamenti climatici e ambientali, aiutando i gestori idrici nella strutturazione di misure di prevenzione e controllo di breve-medio e lungo termine. Piani di Sicurezza dell’Acqua nel controllo dei rischi climatici Documenti recenti, in ambito nazionale e internazionale (5, 6), forniscono indicazioni su come integrare nei PSA valutazioni e azioni per la gestione dei rischi legati ai cambiamenti climatici. Le fasi di sviluppo di un PSA, nelle quali è possibile agire per aumentare la resilienza dei sistemi ai cambiamenti climatici, sono:
• la costituzione del team multidisciplinare (attraverso l’individuazione di figure con expertise in ambito clima-ambiente);
• la descrizione del sistema (evidenziando eventuali fragilità e gap conoscitivi);
• l’analisi dei pericoli e degli eventi pericolosi;
• i piani di miglioramento del sistema (individuando strategie di adattamento ai cambiamenti climatici). Applicazioni dell’analisi di rischio per la sicurezza sanitaria delle acque Sistemi idrici asserviti a impianti di dissalazione I PSA possono essere applicati anche ai sistemi idrici asserviti a impianti di dissalazione sia fissi che mobili (Figura 1), che producono acqua potabile sfruttando risorse alternative quali le acque marine o salmastre, oppure acque sotterranee altamente mineralizzate, consentendo pertanto di affrontare le problematiche globali correlate alla disponibilità di acqua da destinare, principalmente, alla produzione di acque potabili, esacerbate dall’avvento dei citati fenomeni di cambiamento climatico e dall’aumento della popolazione e dell’urbanizzazione. In questo caso, l’applicazione dei PSA è finalizzata a evitare possibili impatti sulla salute dovuti a contaminanti che potrebbero introdursi a valle del trattamento delle suddette acque, nonché problematiche sanitarie correlate alla stabilizzazione e alla re-mineralizzazione del prodotto della
dissalazione (il permeato), ma anche impatti sull’accettabilità dell’acqua e, non ultimo, la non corretta gestione della salamoia come prodotto di scarto. Filiera di riuso delle acque reflue Rimanendo in tema “disponibilità di risorse idriche” e in riferimento all’uso agricolo delle acque è importante sottolineare che negli ultimi anni, a livello internazionale, l’aumento delle pressioni antropiche sulle risorse idriche e l’affermarsi della green economy hanno condotto alla ricerca di tecnologie e soluzioni innovative volte al risparmio idrico e all’utilizzo sostenibile dell’acqua. Il ciclo idrico integrato convenzionale (Captazione della risorsa idrica e distribuzione di acqua potabile, gestione della rete fognaria e di quella delle infrastrutture impiantistiche per il trattamento depurativo prima della re-emissione del flusso finale (acque reflue) in ambiente) sta evolvendo, nell’ultimo decennio, verso cicli innovativi votati al recupero delle risorse (Figura 2). In Europa, la domanda d’acqua per uso agricolo è generalmente in aumento, benché l’industria rimanga il maggiore utilizzatore della risorsa. Come evidenziato, l’UE ha individuato il risparmio e il recupero delle acque come finalità prioritarie che gli Stati Membri devono raggiungere nell’ambito di una politica di gestione integrata e circolare delle risorse. In questo contesto, come visto per la dissalazione, il riutilizzo delle acque reflue dopo opportuno trattamento rappresenta un approccio evoluto e virtuoso che riduce sia il prelievo di acqua che l’inquinamento emesso, per effetto della riduzione di acque di scarico.
In Italia, il riutilizzo delle acque reflue è regolamentato dal DM n. 185 del 2003, che ha lo scopo di limitare il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, favorendo il risparmio idrico e riducendo l’impatto degli scarichi sui fiumi. Gli standard di qualità previsti da tale Decreto includono valori limite massimi per ben 54 parametri fisico-chimici, alcuni dei quali molto simili a quelli vigenti per l’acqua potabile. Tali vincoli impongono la necessità di effettuare trattamenti molto avanzati e un notevole dispendio economico per la loro applicazione. Il 25 maggio 2020, a seguito di un complesso dibattito europeo, con un rilevante contributo italiano sugli aspetti sanitari, è stato emanato il Regolamento (UE) 2020/741 sul riutilizzo delle acque affinate in agricoltura, che stabilisce prescrizioni minime in
termini di qualità e monitoraggio, e disposizioni sulla gestione dei rischi e sull’utilizzo sicuro delle acque affinate. Inoltre, sono in preparazione linee guida per la gestione dei rischi sanitari e ambientali derivanti dall’uso di queste acque di recupero per l’irrigazione agricola. Anche in questo contesto, un piano di gestione dei rischi ispirato ai principi espressi dall’OMS (7) è lo strumento d’elezione per garantire la sicurezza e l’accettabilità delle pratiche di riutilizzo dell’acqua. Acque di balneazione L’approccio di tipo preventivo, basato sul modello dei PSA, è in fase di introduzione a livello di OMS anche per la sicurezza delle acque di balneazione, su cui incide una molteplicità di fattori naturali e antropici di straordinaria dinamicità con carattere sito-specifico. In Italia, la sicurezza sanitaria delle acque di balneazione è attualmente regolata dal DLvo 116/2008, recepimento della Direttiva Europea 2006/7/CE, che prevede la ricerca mensile, limitatamente alla stagione balneare, dei batteri Escherichia coli ed enterococchi intestinali. Appare evidente che tali parametri risultano insufficienti per stabilire la qualità delle acque dal punto di vista sanitario. In particolare, i virus non sono tra i parametri controllati di routine nelle acque ricreative, come del resto in quelle destinate al consumo umano, benché molti virus enterici umani possano essere presenti nelle acque. La ricerca di tutti i microrganismi patogeni è tuttavia irrealizzabile. Sarebbe fondamentale l’identificazione di un adeguato indicatore della potenziale presenza di virus umani, che soddisfi i seguenti requisiti: elevata stabilità ambientale, stretta associazione rispetto a determinate fonti inquinanti, rapidità diagnostica. I colifagi somatici (batteriofagi, virus che infettano solo batteri) originano quasi esclusivamente dalle feci umane e da altri animali a sangue caldo, e si moltiplicano in maniera limitata nei reflui in determinate condizioni, suggerendone la possibile applicazione come indicatori, tanto da comportarne l’introduzione nelle attività di verifica avanzate previste dalla rifusione della Direttiva Europea sulle acque potabili (Direttiva UE 2020/2184). Il Rapporto ISTISAN 20/19 (8) (disponibile sul sito www.iss.it/rapporti-istisan) ha di recente approfondito e aggiornato molti aspetti di analisi di rischio legati alla tematica clima, ambiente, acqua e salute. Conclusioni Appare, quindi, sempre più chiaro che le principali crisi idriche quali- e quantitative che stanno interessando l’Italia, al pari di altri Paesi, sono dovute a complessi fenomeni strettamente connessi ai cambiamenti ambientali e climatici: aumento delle temperature, periodi di siccità prolungati, ricorrenza di eventi meteorici straordinari. Laddove tali fenomeni impattino su acquiferi vulnerabili, eventualmente già compromessi da inquinamenti storici, o su sistemi idrici caratterizzati da infrastrutture e reti vetuste, gli effetti tendono a essere più gravi. La sostenibilità dell’utilizzo delle risorse idriche (come servizi ecosistemici essenziali), il loro livello di protezione rispetto a contaminazioni storiche ed emergenti e il controllo dei rischi correlati all’esposizione alle acque nelle diverse destinazioni d’uso, sono oggetto di attenzione crescente a livello mondiale e locale e richiedono risposte adeguate. In tal senso, il modello dei PSA, applicabile in diverse realtà appartenenti al ciclo idrico, garantisce un approccio integrato e partecipato a presidio della sicurezza delle acque per la tutela della salute. Le azioni in corso si pongono in un’ottica di prevenzione sanitaria e presiedono a un rinnovamento culturale, gestionale e istituzionale, finalizzato alla sinergia e alla convergenza delle molte attività sino a oggi condotte dalle diverse istituzioni sul tema ambiente/clima-acqua-salute, affiancando un approccio che potremmo qui coniare in One Water,
complementare alla visione olistica One Health (nella sua più moderna visione di Planetary Health), modello sanitario basato sull’integrazione di discipline diverse, che riconosce il legame indissolubile fra salute umana, salute animale e salute dell’ambiente e dei sistemi naturali. La partecipazione multidisciplinare e inclusiva, che caratterizza la costruzione del team dei PSA, e ne è la base del successo, è la strategia chiave anche a livello nazionale per rafforzare il coinvolgimento di tutti i settori rilevanti in materia di acqua e servizi igienico-sanitari, nel rispondere alle sfide sempre più incombenti sul fragile equilibrio acqua-salute attraverso azioni di governance multisettoriale a forte vocazione sanitaria verso obiettivi prioritari di sostenibilità, resilienza ed equità, per la tutela di questa e delle future generazioni. Ruolo dell’ISS In questo contesto di riferimento, il Reparto Qualità dell’Acqua e Salute del Dipartimento di Ambiente e Salute dell’ISS, costituito da circa trenta esperti, svolge attività di ricerca, sviluppo e controllo, finalizzate alla protezione e promozione della salute e alla prevenzione delle malattie in relazione alle acque, disponibilità e qualità di queste, dall’origine delle risorse idriche alle loro interazioni con le componenti ambientali e antropiche, agli usi e riusi delle acque, alle diverse vie di esposizione dirette e indirette correlate a utilizzo potabile, produzione agricola, animale e alimentare, balneazione, ricreazionale, depurazione e riuso (economia circolare). Le azioni contribuiscono ai nuovi indirizzi di ONU e OMS su rischi clima-ambiente-acqua e salute per il controllo di pericoli legati ai recenti cambiamenti climatici e ambientali, come virus, patogeni e sostanze chimiche emergenti. Il Reparto è inoltre promotore, anche attraverso il Programma Nazionale di Formazione per team leader di Piani di Sicurezza dell’Acqua (PSA), coordinato da ISS e Ministero della Salute in condivisione con l’OMS, dell’implementazione dei PSA su tutto il territorio nazionale. Dichiarazione sui conflitti di interesse Gli autori dichiarano che non esiste alcun potenziale conflitto di interesse o alcuna relazione di natura finanziaria o personale con persone o con organizzazioni, che possano influenzare in modo inappropriato lo svolgimento e i risultati di questo lavoro.
Riferimenti bibliografici
1. World Health Organization. Protocol on water and health to the 1992 Convention on the Protection and Use of Transboundary Watercourses and International Lakes, done in London, on 17 June 1999. Geneva: WHO; 2006.
2. Commission of the European Communities. White Paper. Adapting to climate change: Towards a European framework for action. Brussels, COM; 2009,147/4.
3. Lucentini L, Achene L, Fuscoletti V, Nigro Di Gregorio F, Pettine P (Ed.). Linee guida per la valutazione e gestione del rischio nella filiera delle acque destinate al consumo umano secondo il modello dei Water Safety Plans. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2014. (Rapporti ISTISAN 14/21).
4. World Health Organization. Guidelines for drinking-water quality. Third edition. Geneva: WHO; 2004.
5. World Health Organization. Climate-resilient water safety plans. Managing health risks associated with climate variability and change. Geneva: WHO; 2017.
6. Utilitalia. Note tecniche su crisi idriche siccità e servizio idrico integrato. Roma; 2020.
7. World Health Organization. Sanitation safety planning. Manual for safe use and disposal of wastewater, greywater and excreta. Geneva: WHO; 2015.
8. Lucentini L, Marchiafava C, Mattei D, Nigro Di Gregorio F, De Giglio O, Montagna MT (Ed.). Acqua e salute: elementi di analisi di rischio in nuovi scenari ambientali e climatici. Roma: Istituto Superiore di Sanità ; 2020. (Rapporti ISTISAN 20/19).