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Alla salute! Sì, ma l’invito a bere responsabilmente non basta

Alla salute! Sì, ma l’invito a bere responsabilmente non basta

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di Johann Rossi Mason

Alzare i calici e brindare dicendo “alla salute” è una consuetudine e a furia di ripeterlo ci siamo convinti che bere alcolici non facesse male, anzi, che potesse portare benefici. Dall’antica credenza che il vino rosso facesse “buon sangue” e che i francesi avessero meno malattie cardiache e maggiore longevità nonostante il bere grazie a sostanze antiossidanti nell’uva. 

“Alla salute” che se ne va, perché bisogna prendere atto che in qualsiasi bevanda alcolica è presente etanolo, sostanza classificata come cancerogeno di classe A, per la quale, non esiste una dose sicura. Anzi, all’aumentare delle dosi aumenta il rischio. Eppure, smettere di assumere bevande alcoliche, vino, birra, prosecco, cocktail, spritz, grappe e superalcolici sembra sinonimo di persona incapace di stare in compagnia. La convivialità è ormai diventata inscindibile dall’assunzione di bevande alcoliche. La regola non scritta della socialità esclude e stigmatizza chi non beve, gli astemi o chi non ama assumere alcolici sono quelli che non sanno stare in compagnia. Ogni cultura vede la tavola come un momento di socialità, accordo e perché no, diplomazia. Ma può continuarlo ad esserlo portando a tavola un nuovo invitato, la moderazione. Dai numeri: i problemi di salute legati all’alcol dell’America stanno aumentando rapidamente.

In un sondaggio nazionale sugli adulti negli Stati Uniti nel 2020, meno di un terzo degli intervistati sapeva che l’alcol aumentava il rischio di cancro. Circa il 10% ha detto di pensare che bere vino, invece, riducesse il rischio di sviluppare il cancro. Eppure, solo negli Stati Uniti cono circa 24.000 morti per cancro e 95.000 casi in un solo anno sono stati attribuibili al consumo di alcol. Oggi gli studi ci dicono anche quali sono: i sette tumori che vedono nell’alcol una causa scatenante: cavità orale, faringe, laringe, colon retto e seno femminile, nonché carcinoma a cellule squamose nell’esofago e carcinoma epatocellulare nel fegato. 

E se bevete poco non fatevi ingannare da un falso senso di sicurezza: un recente studio dei Centers for Disease Control and Prevention ha rilevato che circa il 17% dei decessi per cancro era attribuibile a bassi livelli di consumo di alcol, al di sotto delle linee guida dietetiche nutrizionali che vedono come ‘limite’ un bicchiere al giorno per le donne e due per gli uomini. Comunque, la ricerca ha scoperto che ridurre i livelli di alcol può anche ridurre il rischio di tumori correlati. Se ogni persona negli Stati Uniti che beve rimanesse entro le linee guida dietetiche, circa l’80% di tutti i decessi per cancro correlati all’alcol potrebbe essere prevenuto. 

Le donne, che hanno scoperto il piacere degli alcolici di recente, stanno pagando un prezzo molto elevato con un drammatico aumento dell’incidenza di tumori al seno (circa il 16%), alle ovaie e al colon retto (pari al 13%). Nel cancro del fegato, la quota degli uomini nei casi attribuibili all’alcol era tre volte superiore a quella delle donne (23% contro l’8%). La notevole eccezione a quella regola era il cancro esofageo, in cui il 24% dei casi tra le donne era attribuibile all’alcol, rispetto al 17% dei casi negli uomini.

Bere alcolici quindi non fa bene, una importante metanalisi che ha esaminato 107 studi svolti nell’arco di 40 anni ha concluso che nessuna quantità di alcol ha effetti positivi sulla salute. Anche piccole quantità hanno effetti negativi su cuore e cervello, che tende a restringersi nello stesso modo che avviene per effetto dell’invecchiamento. 

Essendo contraria ai divieti ritengo che sia necessario puntare sulla informazione e consapevolezza. I divieti devono essere applicati e fatti rispettare solo nelle popolazioni di giovani sino a 20 anni per limitare i rischi di danni cerebrali. Per tutti gli altri ci vogliono campagne di informazione e nuove linee guide come quelle allo studio in alcuni paesi che stabiliranno come ‘a basso rischio’ quantità di un bicchiere a settimana per le donne e due per gli uomini, mentre un rischio maggiore si ha con tre bicchieri a settimana per le donne e sei per gli uomini. Quantità superiori devono essere associate ad un rischio elevato. 

Questo perché le persone devono essere libere di consumare anche una sostanza dannosa purché ne conoscano le conseguenze. Lo Stato non può essere un poliziotto o una bambinaia, ma ha il compito di mettere a disposizione con chiarezza le informazioni in modo che le persone possano fare scelte consapevoli. Alcuni ricercatori hanno anche tentato di quantificare l’impatto del bere sulla minore durata della vita, giorni, settimane, mesi o anni, che potrebbero far dire che tutto sommato meglio godersela oggi e non pensare al domani. 

Dobbiamo smettere di celebrare una occasione con un buon bicchiere? No, certo, ma vorrei smettere di vedere una coppia che a pranzo consuma una bottiglia intera di vino, o una decina di bottiglie vuote su un tavolo da sei. C’è poi una importante differenza con altre forme di consumo come quella da fumo: l’alcol in elevate quantità (talora molto soggettive) ha effetti sul sistema nervoso centrale, sul controllo e sul comportamento il che apre ad un rischio per gli altri. E allora può aver senso riflettere sulle considerazioni di Emanuele Scafato, epidemiologo, gastroenterologo, Direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità, impegnato da oltre trent’anni nella prevenzione dei danni e dei rischi causati dalle bevande alcoliche: ”Esiste una responsabilità sociale dell’industria e delle autorità competenti nel favorire scelte informate, la riduzione e il contenimento del consumo di qualunque bevanda alcolica che non si può limitare alla raccomandazione di ‘bere responsabilmente’ sia perché è dimostrato essere un claim del tutto inefficace, sia perché nessuna linea guida istituzionale al mondo si sognerebbe mai di “raccomandare” un cancerogeno nella consapevolezza delle possibili rivalse che ne potrebbero derivare dai consumatori indotti a ritenere che possa esistere un consumo pur moderato di alcol privo di rischio e che ne dovessero derivare pregiudizio alla salute e persino quel cancro che non puoi dire che non ti aspetti. Conoscere è non rischiare”. 

(Fonte: www.huffingtonpost.it)