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M. Miraglia1, C. Mannucci2, V. De Blasi2, E. Lauretta2, D. Di Mauro2
1Dip. di Medicina Clinica e Sperimentale: Università di Messina
2Dip. di Scienze Biomediche, Odontoiatriche e delle Immagini Morfologiche e Funzionali; Università di Messina
In molti contesti educativi e lavorativi, attualmente vengono utilizzate le pause attive (PA) con l’obiettivo di implementare il quantitativo di attività fisica e diminuire i periodi di sedentarietà (1). Si tratta di brevi momenti (max 10’) di attività comprendente diversi tipi di esercizio fisico, da effettuare durante le lezioni scolastiche o accademiche o durante l’orario di lavoro. I vantaggi riscontrati in letteratura scientifica sono notevoli, e peraltro non necessitano di grandi abilità motorie per essere eseguite, non richiedono costi economici elevati, attrezzature sofisticate, unitamente al fatto che possono essere effettuate anche in piccoli spazi (2). Il loro utilizzo è stato già sperimentato ampiamente nella scuola primaria con risultati più che positivi sul rendimento scolastico, sul miglioramento del comportamento in classe, sulla concentrazione, sulla promozione delle life skills, sulle interazioni sociali ed in generale sul benessere psico-fisico (1).
Com’è noto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) fornisce le linee guida di attività fisica distinguendo tra età e grado o quantità di attività necessari per la prevenzione della salute e tali raccomandazioni sono fornite anche dall’American College of Sports Medicine (ACSM) (3-4). In particolare, per il benessere e la prevenzione della salute indicano che i giovani di età compresa tra 5-17 anni dovrebbero svolgere almeno 60’ al giorno di attività aerobica, da moderata ad intensa ed esercizi di rafforzamento muscolo-scheletrico almeno tre volte alla settimana. Relativamente gli adulti di età compresa tra 18 e 64 anni, le indicazioni sono di almeno 150’ di attività motoria di moderata intensità, o 75’ di vigorosa intensità a settimana unitamente ad esercizi di forza per 2 volte a settimana. Tuttavia, nonostante le raccomandazioni, i livelli di inattività fisica sembrano essere in aumento e numerosi report indicano come l’aderenza all’attività fisica si riduce nel corso della crescita di ogni individuo, che aumenta sempre più i tempi di sedentarietà con i rischi ad essa correlati (5). È infatti riconosciuto che il comportamento sedentario è alla base dell’obesità, delle malattie croniche non trasmissibili, del diabete, delle alterazioni dell’apparato muscolo-scheletrico etc. (6). È stato anche osservato che esiste una correlazione tra sedentarietà ansia e depressione (7). A tal proposito, ulteriore obiettivo dell’OMS riguarda la riduzione del comportamento sedentario e quindi le PA rappresentano ad oggi una delle moderne strategie di promozione e prevenzione della salute sia fisica che mentale; infatti, anche brevi momenti di attività fisica, di intensità moderata, possono già essere utili, specialmente per l’umore e la salute mentale (8).
Una fascia di popolazione altamente a rischio con il più grande aumento del comportamento sedentario, è rappresentata dagli studenti universitari, che mediamente trascorrono circa 9,8 ore al giorno in attività sedentarie con basso dispendio energetico. A tal proposito è stato evidenziato che solo la metà della popolazione universitaria soddisfa le linee guida dell’ACSM sull’attività fisica. Il 25,3% degli studenti universitari riporta alti livelli di stress ed un aumento di comportamento sedentario rispetto a tutte le altre fasce di età (9). Risulta importante agire con interventi appropriati, specialmente in questa fascia di popolazione, ancora di più se si considera il contesto post-pandemico del Covid-19 che non ha permesso loro di svolgere una regolare attività motoria.
Laddove gli studi scientifici sulle PA in ambito scolastico e lavorativo sono sempre più numerosi, quelli relativi all’ambiente accademico sono esigui. Tuttavia, gli studi effettuati in ambito universitario hanno evidenziato risultati più che positivi, tra cui un miglioramento della capacità cognitiva e delle prestazioni accademiche (10).
L’istruzione accademica e le modificazioni ad essa correlate, possono influenzare la qualità della vita (QoL) degli studenti universitari e quest’ultima può essere valutata da diversi domini, tra cui quello fisico, quello mentale, l’ambientale e delle relazioni sociali.
Da quanto precedentemente detto, abbiamo pensato di effettuare ed erogare le PA in ambito accademico al fine di evidenziare quanto la partecipazione costante al programma, attutato attraverso il progetto AttivaMEns, promosso dal Corso di Laurea in Scienze Motorie Sport e Salute, risultasse utile ad ottenere benefici sulla percezione di salute degli studenti, in ottica biopsicosociale, al fine di migliorare la loro qualità di vita.
Il progetto, che ricade nelle attività di III missione del Dipartimento di Scienze Biomediche, Odontoiatriche e delle Immagini Morfologiche e Funzionali (BIOMORF), è stato realizzato in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia- Ufficio VIII- Ambito Terrritoriale di Messina, con il patrocinio del Comune di Messina, Assessorato Istruzione e Servizi Scolastici e della Società̀ Italiana delle Scienze Motorie e Sportive (SISMES).
Hanno preso parte al progetto 52 studenti (età: 23,9±6,4 anni) dei corsi di Laurea Triennale in Scienze Motorie Sport e Salute e Laurea Magistrale in Scienze e Tecniche dell’attività Motoria Preventiva ed Adattata dell’Università di Messina. Il programma di PA ha avuto una durata di 40 giorni ed è stato eseguito quotidianamente (1 sessione al giorno) durante le lezioni curriculari. Le attività, della durata di 10’, comprendevano esercizi di resistenza, forza, mobilità e rilassamento, eseguiti seguendo le istruzioni video preventivamente preparati.
All’inizio e alla fine del programma di 40 giorni, gli studenti hanno completato un questionario (WHOQoL – BREF) (11) che rivelava la qualità di vita percepita (QoL) nelle aree della salute fisica, del benessere psicologico, della soddisfazione nelle relazioni interpersonali e della percezione ambientale. I punteggi ottenuti nelle aree QoL indagate sono stati poi analizzati per verificare se ad una maggiore partecipazione alle PA corrispondesse un miglioramento nelle stesse aree rispetto all’inizio.
I risultati ottenuti a completamento delle attività hanno mostrato una differenza significativa tra coloro che hanno partecipato al programma e coloro che non lo hanno fatto. Alla luce di ciò, i punteggi QoL medi di coloro che hanno partecipato, più alti rispetto coloro che hanno partecipato solo parzialmente o per niente, dimostrerebbero l’efficacia delle PA. I risultati mostrano anche un’elevata soddisfazione degli studenti riguardo all’utilità delle PA rispetto alle aspettative che avevano prima di partecipare al progetto.
Si può concludere quindi che le PA possono influenzare positivamente la qualità di vita dei nostri studenti universitari, sottolineandone ulteriormente l’importanza in linea con ricerche precedenti. Le PA possono essere implementate a tutti gli studenti in modo semplice ed economico. I risultati dello studio sono incoraggianti, evidenziando anche la fattibilità degli interventi in termini di efficacia e accettabilità, con studenti e docenti soddisfatti del programma particolarmente apprezzati. L’università svolge un ruolo chiave nel promuovere uno stile di vita ottimale per ogni studente, anche perché è probabile che queste buone pratiche vengano perpetuate nella vita futura, pertanto, tale Istituzione dovrebbe considerare seriamente l’idea di utilizzare anche questo modello di intervento strategico per il miglioramento della salute globale.
Lo studio è ancora in itinere con l’obiettivo di allargare ulteriormente l’utenza e potenziare le attività che, una volta standardizzate, potrebbero essere integrate strutturalmente e sistematicamente nelle lezioni curriculari universitarie.
Bibliografia
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