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Carlino Mezzolitro e la Città Meliora

Carlino Mezzolitro e la Città Meliora

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Disegno di Giovanna Certo

Carlino Mezzolitro stava zappando la terra del piccolo giardino: gli dava gioia

sapere che da quel lavoro sarebbe nato un frutto della natura.

Pensava alla grande generosità dell’universo: due semini messi là, un po’ d’acqua

e la magia era fatta…

Ma la gioia dura poco si sa, soprattutto se ti chiama al cellulare il Vecchio, detto il Saggio.

-Allarme! Allarme! Carlino! Carlino!

La voce più stridula del solito sembrò perforare i timpani del nostro eroe che, dopo

le opportune maledizioni rivolte all’anziano, antipatico e scocciatore, si recò in

Via dei Sogni al Numero che ne so.

-Caro, Caro, non sai dire di no alla voce del cuore!

Carlino ebbe uno stravaso di bile, il  volto paonazzo, la pressione altissima;

comunque si diede un contegno.

-Cosa grave, grave assai! Dovrai recarti in una Città, il suo nome è Meliora.

Gli uomini, lì, vivono sempre in competizione tra di loro, ma il vero problema

sono i bambini, vai, corri, ti scongiuro, aiutali!

Arrivò dopo un lungo viaggio, sentì urla isteriche, applausi che provenivano da uno stadio.

Si, a Meliora era tutto gara, tutto competizione. Lo studio, il lavoro, lo sport, la musica, la letteratura,

qualsiasi cosa diventava occasione di ”guerra”: bisognava vincere, magari imbrogliando, ma vincere,

arrivare primi. Certo per un vittorioso c’erano tanti sconfitti, ma non si mollava, a forza di sforzi,

impegni ogni cittadino sarebbe diventato” il migliore”, avrebbe avuto la sua medaglia.

Era guerra, sempre. Le persone preferivano non invitarsi a pranzo per non perdere la gara della

cucina e non cantavano insieme se non per competere.

Ogni famiglia aveva un angolo del salotto per coppe, medaglie, targhe.

E i bambini, poveretti, sin da piccoli dovevano andare a scuola, a danza, a calcio, a nuoto,

sempre primeggiando, sempre in lotta, senza tregua.

Carlino cominciò a bere il fatidico mezzolitro, guardando le persone; lo fece una, due, tre,

dieci, venti volte, ma nulla, non succedeva nulla se non arrivare a un passo dall’ubricatura.

Esausto e alticcio, chiamò la Fata Turchina, amica di quell’amico nasuto di cui non ricorda

mai Il nome.

Arrivò in un baleno e sentenziò – Solo lui ci può aiutare, il prof. Leonardo Albert Della Mirandolis!

Un colpo di bacchetta magica e si trovarono in Via dell’Inventore Pazzo al Numero che mi importa.

Sembrava più pazzo e spettinato del solito.

-Scusate, sono in ansia, per l’ultima invenzione, una rivoluzione: lo spremiagrumi al contrario.

-Guardate! Mise una lattina d’aranciata su un macchinario grande e rumoroso, e, dopo un paio

di minuti di scoppi e vapori, si trasformò in un arancia rossa, che sembrava appena colta dall’albero.

-Grandioso, capite? Nessun rifiuto, tutto torna come prima!

Carlino Mezzolitro pensava che Leonard Albert avesse bisogno di uno psichiatra bravo, bravo assai,

essendo caso disperato, ma non avendo altre soluzioni gli disse della città Meliora.

Dopo una mezzorata buona, impolverato dalla testa ai piedi tornò con in braccio il pupazzo di una vecchia.

-Ecco a voi Cesira, la nonnina inventastorie. Cesira! Si inizia! Raccontami una storia, su, su su un’arancia,

si, sull’arancia.

Il pupazzo, una vecchina con occhi piccoli e buoni, megagrembiule da cucina e capelli bianchi come

la neve, aprì gli occhi e iniziò: C’era una volta un re che disse all’arancia che stava mangiando” Sei tu

la più bella” e lei rispose…

-Va bene, fermati Cesira! -E la nonna si arrestò. -Avete visto, è facile!

Carlino salutò Turchina e senza grosse speranze andò a Meliora, nella piazza principale.

Vide una bimba con una giovane mamma dai modi bonari.

-Fermati piccola, questa nonnina che si chiama Cesira ti racconterà una fiaba su qualsiasi

tu dica.

-Bambola! E il pupazzo parlò di una bambola dai capelli blu che volava nel cielo, di notte

per portare carezze a tutti i bimbi del mondo.

Si avvicinarono altri piccoli con i loro genitori; a sentire e chiedere un’altra favola suggerendo

l’inizio con un nome.

Da qual momento Cesira rimase sempre lì, pronta a inventare nuove storie.

E gli uomini, gli adulti, direte voi? Ebbero meno voglia di gareggiare, gli stadi si svuotarono,

invitarono le persone, cantarono in coro.

E raccontarono e inventarono favole e più erano incredibili più gli piacevano.

Qualcuno disse che da Cesira in poi a Meliora (è il caso di dirlo) si stava meglio.

Carlino tornò dal Vecchio detto il Saggio.

-Bravo, bravo Carlino.

-Come può l’uomo vivere senza fiaba?

Decrescente, al fine sussurrante.

-L’uomo è fiaba, l’uomo è fiaba, l’uomo è fiaba.

Francesco Certo