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di Fabio Ambrosino (PENSIERO SCIENTIFICO EDITORE)
È noto dalle prime fasi della pandemia di Covid-19 che l’infezione da SARS-CoV-2 produce una serie di risposte immunitarie in grado di fornire una protezione, almeno parziale, da future infezioni [1,2]. Più o meno nello stesso periodo, tuttavia, è diventato chiaro che una precedente infezione non fornisce una protezione completa e a lungo termine da successive infezioni. Uno dei primi casi documentati di “reinfezione” fa riferimento a un paziente ammalatosi una prima volta a marzo 2020 e poi contagiatosi di nuovo ad agosto 2020 [3]. Il tema delle reinfezioni è però diventato centrale in seguito alla diffusione della variante Omicron. Alcuni report hanno infatti messo in evidenza come una reinfezione con la variante sequenziata per la prima volta in Sudafrica nell’autunno del 2021 sia non solo possibile ma anche più probabile rispetto alle varianti precedenti, da Alpha a Delta.
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La variante Omicron si associa a una maggiore rischio di ammalarsi di nuovo?
Ci sono state comunicazioni in merito a questa particolare caratteristica della variante Omicron già dai primi studi provenienti dal Sudafrica. Un’analisi condotta su quasi 2,8 milioni di sudafricani che avevano contratto un’infezione da SARS-CoV-2 tra marzo e novembre 2021 (al momento pubblicata solo in preprint, quindi senza essere stata sottoposta al vaglio di altri ricercatori) aveva messo in evidenza come il tasso di seconde infezioni, rimasto stabile nelle precedenti ondate con le varianti Alpha e Delta, fosse aumentato nettamente con l’arrivo della variante Omicron. “Le evidenze a livello di popolazione” concludevano gli autori dello studio “suggeriscono che la variante Omicron si associa a una sostanziale capacità di eludere l’immunità fornita da una precedente infezione” [4].
L’ipotesi è stata poi confermata da altre analisi prodotte anche in altri contesti. Di recente, ad esempio, il Regno Unito ha cominciato a esplicitare i dati sulle seconde infezioni da SARS-CoV-2, definite come un contagio che si verifica almeno 90 giorni dopo il primo, nella piattaforma dedicata. Analizzando questi dati è possibile vedere come più del 50% delle reinfezioni registrate nel Regno Unito dall’inizio della pandemia si sia verificata a partire da dicembre 2021, ovvero da quando la variabile Omicron ha cominciato a circolare in modo importante in Europa.
Il criterio dei 90 giorni dalla prima infezione è lo stesso utilizzato dall’Istituto Superiore di Sanità per definire le reinfezioni nei rapporti sull’andamento dell’epidemia di Covid-19 nel nostro Paese. L’ultimo rapporto, aggiornato al 23 febbraio 2022, mostra come anche in Italia alla diffusione della variante Omicron sia corrisposto un aumento delle seconde infezioni (pari ora a circa il 3% delle infezioni totali). Il Rapporto dell’ISS indica inoltre le situazioni in cui tale possibilità è più frequente, tra cui: le persone che hanno contratto Covid-19 da più di 210 giorni, i soggetti non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni, gli individui di sesso femminile, le fasce di età più giovani e gli operatori sanitari [5].
Perché con la variante Omicron le reinfezioni sono più frequenti?
Le ragioni per cui il nostro sistema immunitario può fallire nel prevenire una seconda infezione sono principalmente due. In un primo caso la variabile fondamentale è il tempo: è stato dimostrato che con il passare del tempo la risposta immunitaria prodotta dalla vaccinazione o da una precedente infezione perde potenza [6]. Nel secondo caso, invece, la perdita di efficacia degli anticorpi dipende dalle mutazioni a cui va incontro il virus della prima infezione. Se la nuova variante è molto diversa dal virus originale, come nel caso di Omicron, il sistema immunitario può essere meno efficace nel riconoscerla [7].
Uno studio (anch’esso pubblicato per ora solo in preprint, quindi senza essere stato analizzato da altri ricercatori) ha cercato di quantificare il livello di protezione dal contagio fornito da una precedente infezione nei confronti delle diverse varianti esistenti, mettendo in evidenza come questo sia pari a circa il 90% con le varianti Alpha, Beta e Delta e a circa il 60% con Omicron. Tuttavia, specificano gli autori, anche se il livello di protezione contro nuove infezioni è più basso con Omicron, il rischio di andare incontro a un ricovero o a morte dopo la seconda infezione con questa variante è comparabile a quello delle varianti precedenti [8].
Con Omicron posso ammalarmi di nuovoÈ stato poi ipotizzato che il maggiore tasso di reinfezioni che caratterizza Omicron potrebbe dipendere da un’ulteriore serie di mutazioni. Nello specifico, sono state individuate quattro sotto-varianti di Omicron – BA.1, BA.1.1, BA.2, BA.3 – con notevoli differenze tra loro (basti pensare che ci sono più differenze tra BA.1 e BA 1.2 che tra il virus originale di Wuhan e la variante Alpha).
I risultati di un piccolo studio su 187 casi di reinfezione con Omicron (dopo 20-60 giorni dalla prima infezione), pubblicato in preprint, ha individuato 47 esempi di reinfezioni con la variante BA 1.2 dopo precedente variante BA 1.1. “Il nostro studio” concludono gli autori “mostra che le reinfezioni con Omicron BA.2 possono verificarsi poco dopo un’infezione con Omicron BA.1 ma sono rare” [9].
Gli anticorpi per una variante proteggono dalle altre?
In questa fase della pandemia la variante Omicron sta lentamente sostituendo la Delta, divenuta dominante nel corso del 2021. È quindi importante chiedersi se gli anticorpi prodotti per la prima siano in grado di proteggere dalla seconda, e viceversa. Come detto in precedenza, nonostante le due varianti condividano alcune caratteristiche, Omicron è il risultato di un numero molto maggiore di mutazioni rispetto al virus originale. La conseguenza è che, come suggerito dai risultati di uno studio pubblicato a fine dicembre in preprint, solo una piccola parte degli anticorpi contro Delta sono in grado di neutralizzare Omicron [10].
Tuttavia, è stato suggerito che la loro efficacia nei confronti di Omicron potrebbe comunque essere superiore rispetto alle varianti precedenti Alpha e Beta, specie nei pazienti vaccinati [11]. Questo, infine, sembra essere vero anche a parti invertite: le persone contagiate con Omicron sarebbero più protette nei confronti della variante Delta che delle altre [12]. Per concludere: sì, gli anticorpi prodotti dall’infezione con una certa variante proteggono dalle altre, ma in modo solo parziale. La vaccinazione contro Covid-19 rimane quindi lo strumento migliore per proteggere noi stessi e gli altri, specie per quanto riguarda il rischio di ricovero e morte.
(Fonte: dottoremaeveroche.it)