Views: 999
di Domenico Cucinotta*
Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni del prof. Domenico Cucinotta sull’articolo dedicato dal giornale Messina Medica alle RSA
Cari Colleghi,
ho letto con interesse l’articolo “Coronavirus e il dramma delle residenze sanitarie per anziani”, apparso su Messina Medica 2.0 oggi e volevo esporvi alcune mie considerazioni in proposito.
Premetto che, nella mia lunga passata esperienza professionale al Policlinico, ho sempre avuto a che fare con degenti anziani, che sono la tipologia di pazienti che ormai quasi esclusivamente affolla i reparti di Medicina. Quello che però è cambiato negli anni è il contesto familiare e sociale in cui essi si trovano: mentre in passato l’anziano era un bene prezioso sul piano affettivo e con un ruolo di leadership nell’ambito familiare, da riportare a casa appena possibile, negli ultimi anni è diventato un peso (eccezion fatta per la pensione e per l’indennità di invalidità..!) di cui liberarsi al più presto, almeno nella grande maggioranza dei casi. Non vi dico le difficoltà che incontravo negli ultimi tempi a convincere la famiglia a riportare a casa un anziano che non aveva più bisogno di cure ospedaliere e questo anche quando era evidente che il contesto familiare (economico e sociale) lo consentiva. Da qui la richiesta/soluzione: a casa non sappiamo proprio come gestirlo, per favore mandatelo in una RSA (o, per chi poteva permetterselo, in una struttura privata di lungodegenza). E queste strutture, come ormai sanno tutti, sia per problemi di gravi carenze sanitarie ma anche per la loro intrinseca natura, sono diventate in percentuale i principali focolai dell’epidemia attuale e, sopratutto, dei onseguenti decessi
Questa lunga premessa mi serve per arrivare al punto: se vogliamo veramente tutelare i nostri anziani (e non nascondo che in questo c’è anche un conflitto di interessi personale…), va completamente ridisegnato il modello gestionale sulla base di un principio fondamentale: fare restare l’anziano a casa, salvo che per reali esigenze di ricovero ospedaliero o obiettiva impossibilità. I vantaggi sono evidenti: a parte il fatto che si eviterebbero situazioni gravissime come l’attuale, ne trarrebbe grande beneficio anche la qualità di vita delle persone che, quasi sempre, preferiscono restare a casa. Certo esistono situazioni in cui questo è materialmente impossibile, per esempio le persone con disabilità permanenti non gestibili a domicilio, ma sono una minoranza esigua di tutti coloro che oggi vivono nelle RSA o nelle strutture private assimilabili. Nella stragrande maggioranza dei casi l’anziano è in grado di restare a casa, ovviamente con il supporto di un sistema di assistenza socio-sanitaria a bassa intensità di cura, che va dalla semplice “badante” ad una assistenza domiciliare più impegnativa, peraltro già prevista ed attiva anche sul nostro territorio ma certamente da implementare. I costi di questo sistema gestionale sarebbero probabilmente inferiori a quelli sostenuti per la gestione nelle strutture attuali e comunque è su di essi che il nuovo sistema sanitario nazionale (e non più regionale), che sorgerà spero presto dalle ceneri dell’attuale, massacrato da scelte scellerate e rivelatosi alla prova dei fatti inadeguato, dovrà prioritariamente investire. Ma anche la società civile dovrà riscrivere le regole di vita e spero proprio che accudire i propri anziani sia una delle prime .Con i più cordiali saluti
*già professore ordinario di Medicina Interna, Università di Messina e direttore UOC Medicina delle Malattie Meaboliche, AOU Policlinico Messina