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Considerazioni sulle varianti Sars Cov2

Considerazioni sulle varianti Sars Cov2

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di Mario Pollicita

Quando, un anno fa, il coronavirus SARS-CoV-2 ha fatto irruzione nel mondo, i virologi sapevano che era pericoloso, ma pensavano anche che fosse stabile. I coronavirus non mutano facilmente come, per esempio, i virus che causano l’influenza, l’epatite o l’AIDS, ma, allo stesso tempo, non sono stabili. Da quando è passato dagli animali all’uomo, SARS-CoV-2 ha acquisito piccole mutazioni casuali che hanno preso forma di errori in una sola lettera del codice genetico virale o di delezioni o inserzioni di tratti più lunghi.

Negli ultimi mesi, sono state individuate diverse nuove varianti del virus originale, selvaggio o wilde type, che sembrano determinare grandi cambiamenti nell’azione del patogeno e nella sua contagiosità e che preoccupano i ricercatori e tutta la comunità scientifica per eventuali ricadute negative sulla efficacia dei vaccini, delle terapie (specie anticorpi monoclonali) e sulla validità dei tests diagnostici.

Consideriamo quelle più importanti e gli studi che stanno cercando di chiarire, appunto, se queste mutazioni possono eludere le risposte del sistema immunitario o la protezione dei vaccini.

Queste versioni virali hanno fatto la loro comparsa quasi contemporaneamente in aree geografiche diverse, come il Regno Unito, il Sudafrica e il Brasile, e in alcuni casi hanno soppiantato le varianti esistenti. I miglioramenti nella sorveglianza e nel sequenziamento potrebbero contribuire a spiegare perché queste varianti stanno emergendo ora, ma alcune regolarità nei loro schemi di comportamento suggeriscono che le mutazioni non sono casuali.

Si tratta di varianti simili che compaiono in luoghi diversi e che sembrano aiutare il virus a trasmettersi più facilmente e ad eludere il sistema immunitario.

A gennaio si è visto che gli anticorpi di soggetti con COVID-19 non neutralizzano completamente una variante identificata per la prima volta in Sudafrica. Anche persone guarite dalla malattia sembrano essere state reinfettate dal virus mutante.

Fino ad oggi, i vaccini prodotti da Moderna e Pfizer sembrano funzionare anche con le nuove varianti, ma Moderna ha iniziato a sviluppare un richiamo specifico contro di esse.

Nei prossimi anni, in relazione a questo problema, potrebbe essere necessario che le aziende debbano riadattare i vaccini e realizzarne versioni aggiornate, allo stesso modo in cui quelli antinfluenzali vengono realizzati ogni anno in base ai nuovi ceppi virali.

La maggior parte dei vaccini, comunque, provoca una reazione immunitaria molto più forte di un’infezione naturale con il virus. Inoltre si è visto che gli anticorpi prodotti dopo la vaccinazione possono durare più a lungo di quelli prodotti naturalmente dopo l’infezione di SARS-CoV-2.

Vediamo alcune delle varianti più importanti, identificate in base al luogo in cui ognuna è stata osservata per la prima volta, con il nome tecnico che i virologi usano per identificarla.

Variante VOC 202012/01, Regno Unito

La variante definita VOC – Variant of Concern – 202012/01, emersa nel Sud del Regno Unito e dichiarata emergente nel dicembre 2020, è attualmente la variante predominante in Gran Bretagna. Al 25 gennaio 2021, 70 paesi hanno riportato casi importati o trasmissione comunitaria di tale variante. Nel Regno Unito, l’incidenza dei casi di COVID-19 è aumentata dall’inizio di dicembre 2020 fino al raggiungimento di un picco all’inizio di gennaio 2021; dall’11 al 24 gennaio è stata osservata quindi una tendenza decrescente, a seguito dell’implementazione di rigorose misure di controllo sanitarie e di distanziamento sociale.

La variante VOC 202012/01 presenta una delezione nel gene S della proteina spike e ciò può far sì che alcuni test RT-PCR su un unico target genico S producano un risultato negativo

Nel Regno Unito e in Irlanda del Nord la variante VOC 202012/01 ha dimostrato di avere una maggiore trasmissibilità rispetto alle varianti circolanti in precedenza. Studi preliminari suggeriscono una maggiore gravità della malattia, tuttavia per confermare questo dato sono necessarie ulteriori studi

Al momento non ci sono evidenze di una significativa differenza nel rischio di reinfezione rispetto agli altri ceppi virali circolanti. Sono in corso studi per valutare l’effetto di questa variante sull’efficacia vaccinale, che sembrerebbe limitatamente e non significativamente ridotta.

Variante 501Y.V2, Sudafrica

La variante 501Y.V2 è stata identificata per la prima volta in Sud Africa nel dicembre 2020, dove è attualmente la variante più diffusa. Alla data del 25 gennaio 2021 è stata riportata in 31 paesi. In Sud Africa i casi settimanali sono aumentati dai primi di novembre, e hanno raggiunto un picco ai primi di gennaio. Nelle ultime due settimane il trend è decrescente.

Tale variante ha mutazioni multiple nella proteina spike, comprese tre mutazioni all’interno del dominio legante il recettore. Non si conosce l’impatto di questa variante sull’efficacia dei test diagnostici.

Dati preliminari indicano che anche questa variante possa essere caratterizzata da maggiore trasmissibilità; mentre al momento non è chiaro se provochi differenze nella gravità della malattia. Sono in corso studi sulla maggiore frequenza di reinfezioni, in quanto la variante 501Y.V2 potrebbe sfuggire alla risposta anticorpale neutralizzante provocata da una precedente infezione naturale. Studi preliminari in vitro hanno evidenziato una riduzione dell’attività neutralizzante contro le varianti VOC SARS-CoV-2 nelle persone vaccinate con i vaccini Moderna o Pfizer-BioNTech rispetto alle varianti precedenti ma i dati per ora sono contrastanti.

Variante P.1, Brasile

La variante P.1 è stata per la prima volta segnalata il 10 01 2021 in quattro viaggiatori provenienti dal Brasile in Giappone. Alla data del 25 gennaio 2021 la variante P.1 è stata segnalata in 8 paesi, compresa l’Italia. In Brasile il numero di nuovi casi settimanali nelle ultime due settimane è riportato a livelli più elevati rispetto a quello da settembre a novembre 2020, e dall’inizio di novembre sono aumentati i decessi.

La variante “Brasiliana” ha 11 mutazioni della proteina spike, 3 delle quali si trovano nel dominio legante il recettore. Non è stato riportato alcun effetto della variante sui test diagnostici. Indagini preliminari condotte a Manaus, nello Stato di Amazonas, riportano un aumento della percentuale di casi identificati come variante P.1, dal 52,2% (35/67) nel dicembre 2020 all’85,4% (41/48) nel gennaio 2021, evidenziando la trasmissione locale in corso e suggerendo una potenziale maggiore trasmissibilità o propensione alla reinfezione.

Non sono disponibili evidenze sulla gravità della malattia, sulla frequenza delle reinfezioni e sull’efficacia del vaccino

Secondo l’OMS l’emergenza di nuove varianti sottolinea l’importanza, per chiunque, compresi coloro che hanno avuto l’infezione o che sono stati vaccinati, di aderire rigorosamente alle misure di controllo sanitarie e socio-comportamentali.

Per limitare la diffusione di nuove varianti, sono state fornite indicazioni per implementare le attività di ricerca e gestione dei contatti dei casi COVID-19 sospetti per infezione da variante e dei casi COVID-19 confermati in cui il sequenziamento ha rilevato la presenza delle specifiche mutazioni che caratterizzano una determinata variante. Queste indicazioni, sono riportate in un recente documento del Ministero della Salute, a firma del dott. Rezza, “Aggiornamento sulla diffusione a livello globale delle nuove varianti SARSCoV2, valutazione del rischio e misure di controllo ” e prevedono:

a-Priorità alla ricerca e alla gestione dei contatti di casi COVID-19 sospetti/confermati da variante e identificazione tempestiva sia dei contatti ad alto rischio (contatti stretti) che quelli a basso rischio di esposizione.

b- Ricerca retrospettiva dei contatti, vale a dire oltre le 48 ore e fino a 14 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi del caso, o di esecuzione del tampone se il caso è asintomatico, al fine di identificare la possibile fonte di infezione ed estendere ulteriormente il contact tracing ai casi eventualmente individuati.

c- Esecuzione di un test molecolare ai contatti (sia ad alto che a basso rischio) il prima possibile dopo l’identificazione e al 14° giorno di quarantena, al fine consentire un ulteriore rintraccio di contatti, considerando la maggiore trasmissibilità delle varianti.

d- Non interrompere la quarantena al decimo giorno.

e- Comunicare ai contatti l’importanza, nella settimana successiva al termine della quarantena, di osservare rigorosamente le misure di distanziamento fisico, di indossare la mascherina e in caso di comparsa di sintomi isolarsi e contattare immediatamente il medico curante

f- Se un contatto di caso COVID 19 con infezione da variante sospetta/confermata risulta sintomatico al momento dell’identificazione o se sviluppa sintomi durante il follow-up, il contatto deve eseguire tempestivamente un test molecolare e devono iniziare immediatamente le attività di contact tracing anche prima della conferma del risultato.

g- Comunicare ai contatti stretti ed ai loro conviventi l’importanza di un corretto svolgimento della quarantena sottolineando la maggiore trasmissibilità delle varianti e l’importanza di questa misura di sanità pubblica nel limitarne la diffusione, e per i conviventi, l’importanza di rispettare rigorosamente e costantemente le misure di distanziamento fisico, di indossare la mascherina e in caso di comparsa di sintomi isolarsi contattando immediatamente il medico curante.

h- Comunicare ai contatti in attesa dell’esito del tampone, di informare tempestivamente, a loro volta, i loro contatti stretti e di raccomandare loro il rispetto rigoroso delle misure precauzionali (distanziamento fisico/utilizzo mascherine).

In conclusione possiamo verosimilmente aspettarci che il virus proseguirà a mutare con l’insorgenza di ulteriori nuove varianti, e questo perché la sua circolazione è molto alta e quindi subirà la pressione selettiva operata dal sistema immunitario, favorendo la diffusione dei ceppi mutati che non vengono bloccati. I vaccini potranno garantire una efficace protezione sulla popolazione purché vengano somministrati ad un ampio numero di soggetti e purché non si sviluppino ceppi mutati che abbiano la capacità di sfruttare la fuga immunitaria. Per questo motivo è importante insieme alla vaccinazione, ampliare il più possibile le indagini rivolte al sequenziamento genomico del virus circolante.