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di Giuseppe Ruggeri (*)
Sono ormai passati più di settant’anni da quando, nel 1952, Corrado Tumiati (1885-1967), psichiatra, scrittore, giornalista e traduttore di fama, fondava “La Serpe”, periodico ufficiale dell’Associazione Medici Scrittori Italiani, assumendone la direzione responsabile. L’Associazione era nata a Torino appena un anno prima, nel 1951, per idea e su iniziativa del chirurgo Achille Mario Dogliotti e dello stomatologo Nello Falomo, che vi intesero raccogliere sotto una sola egida la folta schiera dei professionisti dello stetoscopio e della penna. Nel 1931, Tumiati, per i tipi della casa editrice Fratelli Treves (Milano), aveva pubblicato il romanzo “I tetti rossi. Ricordi di un manicomio” che gli era valso nel 1936 il prestigioso premio Viareggio per la Letteratura. A Firenze, Tumiati svolgeva attività di giornalista presso la Terza Pagina del “Corriere della Sera” e collaborava assiduamente a riviste specialistiche letterarie. Ebbe ivi modo di cementare amicizie con importanti personalità del mondo intellettuale dell’epoca come Pietro Calamandrei che nel 1945 gli aveva affidato l’incarico di redattore e vicedirettore della rivista politico-letteraria Il Ponte.
Da allora a tutt’oggi, decine di penne illustri si sono succedute nelle fila dell’A.M.S.I. – Carlo Levi, Mario Tobino, Giuseppe Bonaviri, solo per citarne alcuni – in ossequio al ben noto aforisma del commediografo (e medico) russo Anton Cechov che teneva “per sposa la medicina, per amante la letteratura”. Boutade a parte, il rapporto tra medicina e scrittura attraversa i secoli, anzi i millenni, e non è certo un caso se uno dei più famosi scrittori della storia (addirittura un Evangelista, ci riferiamo infatti a San Luca) esercitasse nel quotidiano la professione medica.
Affiliata all’U.M.E.M. (Union Mondial des Escrivains Medicins) fin dalla sua fondazione l’Associazione Italiana Medici Scrittori organizza ogni anno un congresso nazionale che raccoglie tutti gli associati, e inoltre patrocina e organizza importanti premi letterari su scala nazionale e internazionale. “La Serpe d’Oro” è il premio ufficiale dell’Associazione che, di anno in anno, viene assegnato ai generi saggistico e letterario (prosa e poesia), mentre, nell’ambito del noto premio “Cesare Pavese” di S. Stefano Belbo, patria del grande scrittore piemontese, l’Associazione coordina una sezione riservata appunto ai medici scrittori. Nel 2015, il direttore del Centro Culturale “Pannunzio” di Torino, Pier Franco Quaglieni, ha proposto una collaborazione tra il Centro e l’Associazione per dare ulteriore spazio ai medici scrittori più significativi, coniugando così la medicina scientifica alla disciplina letteraria ed umanistica.
Prima donna ad essere iscritta all’Associazione è stata Nora Rosanigo, pediatra e poetessa, che ha collaborato con numerosi programmi radiotelevisivi (Rai e Radio Vaticana) e conseguito importanti premi letterari (“Città di Roma”, “San Valentino”, “Porto S. Elpidio”, “Città di Venezia”, “Bisturi d’Oro”). Le sue poesie sono state tradotte e pubblicate su riviste specializzate di diversi paesi europei. Per anni è stata presidente dell’A.M.S.I. e direttrice de “La Serpe” e ha collaborato per oltre un decennio al “Medico d’Italia” (organo ufficiale della Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri) come responsabile della rubrica “Vetrina letteraria”, una finestra aperta sulle attività culturali extra-professionali dei medici. Alla sua memoria l’A.M.S.I. ha intitolato un premio letterario di poesia la cui prima edizione si è svolta nel 2013.
Un grandangolo insomma, l’Associazione Medici Scrittori Italiani, su quella spessa trama di interessi culturali che si muove attraverso la filigrana della professione medica. Una professione le cui origini classiche, che dal mito di Asclepio discendono fino al positivismo ippocratico, non sono mai rimaste esenti dal profondo spirito umanistico che le anima. La storia della medicina viaggia all’unisono con il secolare, anzi millenario, rapporto medico-paziente dal quale essa attinge vigore e senso, nutrendo al tempo stesso l’immaginazione di quei medici che, dotati di virtù di penna, lo raffigurano in forma di storie di vita vissuta. Non è un caso, a riguardo, che due illustri scrittori e psichiatri italiani – Corrado Tumiati e Mario Tobino – abbiano raggiunto la fama letteraria grazie a romanzi ispirati alle loro esperienze manicomiali (“I tetti rossi”, “Le libere donne di Magliano”).
(*) Presidente Associazione Medici Scrittori Italiani