Views: 1097
di Francesca De Domenico
Il contagio da coronavirus in occasione di lavoro è un infortunio e non una malattia professionale.
È quanto stabilito dall’art. 42, secondo comma, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, per i lavoratori pubblici e privati che beneficiano della assicurazione obbligatoria INAIL. La disposizione prevede che, previa ricezione del certificato di infortunio che accerti che il contagio sia avvenuto in occasione della prestazione lavorativa, l’ente eroghi le relative prestazioni, che coprono anche il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria con conseguente astensione dal lavoro.
L’attuale quadro normativo nulla innova, atteso che l’orientamento tradizionale della giurisprudenza e della migliore dottrina medico-legale, ha da sempre annoverato l’infezione acuta da agenti microbici o virali tra gli infortuni sul lavoro.
Difatti, si ha infortunio quando una causa violenta che interviene in occasione di lavoro determina delle conseguenze invalidanti per il lavoratore. Per causa violenta la giurisprudenza intende, tradizionalmente, «un evento che con forza concentrata e straordinaria agisca, in occasione di lavoro, dall’esterno verso l’interno dell’organismo del lavoratore, dando luogo ad alterazioni lesive». Per converso, la malattia professionale consiste nella patologia, contratta nell’esercizio ed a causa delle lavorazioni, che si manifesta in un determinato lasso di tempo.
La differenza, dunque, si annida nella modalità con cui il fattore lesivo interviene: quest’ultimo, nel caso di infortunio, agisce rapidamente, concentrandosi in un unico contesto spazio-temporale (di regola un solo turno di lavoro); nel caso di malattia, invece, il fattore eziologico offende lentamente e progressivamente il lavoratore che, per la continua esposizione, sviluppa la patologia.
Posta la menzionata dicotomia, si comprende facilmente come l’infezione virale acuta, quale quella da Covid-19, sia una causa violenta nel senso sopra evidenziato, perché il contatto infettante è concentrato cronologicamente: deve necessariamente esistere un momento singolo in cui l’infezione viene contratta. Ciò anche se le alterazioni lesive conseguenti al virus intervengano a distanza di tempo dall’evento o in seguito ad un intervallo asintomatico.
Se ciò è vero, pare irragionevole la discriminazione che si determina per tutti gli operatori sanitari in rapporto di collaborazione coordinata e continuativa che non accedono alla copertura assicurativa obbligatoria, bensì alle tutele predisposte dalle polizze infortuni di compagnie private.
I principi generali enucleati dalla giurisprudenza e fatti propri dal legislatore vanno necessariamente applicati anche alle assicurazioni non obbligatorie, posto che, la definizione e la determinazione degli eventi coperti si basa sugli studi e sull’esperienza della dottrina medico-legale, indipendentemente dalla natura dell’assicurazione.
Di contro sarebbe discriminatorio ed in contrasto con la costituzione un diverso trattamento fra i lavoratori pubblici dipendenti, coperti dall’assicurazione obbligatoria INAIL ed i lavoratori in convenzione coperti da assicurazione privata.