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di Antonino Arcoraci
Istituzionalizzata nel 2011 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con il nome International Day of Friendship, riconosce l’importanza dell’amicizia come “sentimento nobile e prezioso nella vita degli esseri umani in tutto il mondo” e
mira a proporre amicizia tra i popoli, tra i vari Paesi, tra le varie culture e tra i vari individui perché ispira pace, fa ponte di aggregazione e di serenità tra i popoli.
L’amicizia è un valore, un sentimento che promuove dialogo, facilita comprensione e solidarietà tra gli uomini. Può essere motivo di riconciliazione.
La risoluzione A/RES/65/275 lo sottolinea e la propone ai giovani, “futuri leader della comunità che includono culture diverse”, a tutti gli uomini di “buona volontà” che nell’oggi e nel domani, hanno il dovere di promuovere comprensione reciproca e rispetto nella diversità.
“È, l′amico è, qualcosa che più ce n’è meglio è” di Dario Baldan Bembo è diventato l’inno. Richiama all’amico persona a cui ci si può rivolgere nei momenti tristi o nei momenti di bisogno. All’amico che tende la mano, durante il temporale divide l’ombrello, non volta le spalle, cammina al fianco.
Epicuro sosteneva che “di tutte le cose che la sapienza procura in vista della vita felice, il bene più grande è l’acquisto dell’amicizia”. Perché l’amicizia è proprio dell’uomo che ha saputo elevare il suo spirito oltre l’istintualità.
Di amicizia si è parlato sempre; le citazioni sono migliaia.
L’uomo l’ha sentita come sentimento sin da quando ha iniziato a socializzare. Stando in amicizia con gli altri, si è sentito aiutato, cooperato, perché l’amicizia è disinteressata, non pretende, non fa prevaricare; non vuole vantaggi, non va a giorni, né a settimane e neppure a mesi. Non ha scadenza. Nasce spontanea dal Volere e non volere le stesse cose (Gaio Sallustio Crispo), raddoppia le gioie e divide le angosce a metà (Francis Bacon).
Plutarco fondava la vera amicizia soprattutto sulla comunanza degli interessi e sull’affinità dei caratteri. Per lui, ”Il rallegrarsi per le stesse gioie e fuggire gli stessi dolori è qualcosa che avvicina gli uomini e li lega grazie al sentire comune”. Il suo dire ha anticipato di secoli la teoria goethiana sulle affinità elettive, ha rafforzato il concetto di Tagore per il quale sono destinati a conoscersi tutti coloro che camminano per strade simili. Senza passionalità, in un rapporto libero, disinteressato, paritetico e senza nessuna prevaricazione affettiva né emozionale: l’uno per l’altro.
I greci, prima dell’esordio della psicoanalisi, sono entrati nell’animo dell’uomo ed hanno definito questa forma di “Volersi bene”, con il termine “amache”. Amache, nel suo alfa privativo, indica la mancanza assoluta di competizione, il riconoscimento dell’individualità e nello stesso tempo, la globale e reciproca accettazione. Emanuele Cardia ha scritto: L’amico vero, “leggero ed impalpabile”, entra nella bolla di sapone delle fantasie dell’altro, le condivide, ne diventa complice, si apre alle strutture culturali e sociali magari convenzionalmente non statuite. L’amico vero diventa solidarista.
L‘amicizia, può anche finire! Ma l’amicizia, quella vera, non muore mai. Cambia, si trasforma, si mette in pausa. Se è vera, continua a vivere nonostante tutto.
Khalil Gibran consiglia: l’amico, bisogna cercarlo sempre….Poiché egli può colmare ogni bisogno, ma non il …nulla. Con lui si possono condividere i piaceri, si può sorridere della dolcezza amica. Poiché nella rugiada delle piccole cose il cuore scopre il suo mattino e si conforta.
Gli italiani si dichiarano soddisfatti della propria rete di amici. Specie i giovani della Generazione Z. Per Public Affairs di Ipsos, mettono gli amici al primo posto nella classifica dei compagni di viaggio.
Potrei continuare a lungo, ma voglio chiudere con il proverbio siciliano che considero la summa di quanto ho detto: Quantu vali n’amìcu ‘nta chiazza nun vannu cent’unzi ‘nta cascia e con l’augurio che, nel rispetto del principio per il quale la Giornata è stata istituita, l’amicizia sia portatrice di pace.