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ENPAM scrive al Garante della concorrenza contro la pubblicità di una società di consulenza che “sfrutta” la pandemia contro i medici

ENPAM scrive al Garante della concorrenza contro la pubblicità di una società di consulenza che “sfrutta” la pandemia contro i medici

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Il Presidente della Fondazione Enpam, Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri, ha scritto all’Autorità Garante della concorrenza e del Mercato – Direzione Generale per la Tutela del Consumatore in merito a una pratica commerciale gravemente scorretta posta in essere da un operatore economico che si pone sul mercato con la denominazione “Risarcimento e Consulenza” e che risulta costituire, come si evince dal sito internet “risarcimentoeconsulenza.com”), una società di consulenza specializzata nel risarcimento dei danni alla salute. Riportiamo il testo integrale:

“…Tale operatore economico, nel delicato periodo di grave emergenza sanitaria che sta attraversando il nostro paese, e non solo, per la nota pandemia in atto da Covid-19, ha lanciato una campagna pubblicitaria volta a reperire clientela interessata ad avviare cause legali risarcitorie nei confronti di medici e di strutture ospedaliere per le vittime o per i familiari delle vittime per infezioni contratte da coronavirus.

L’operazione commerciale può definirsi senz’altro di vero sciacallaggio perché finalizzata a reperire clientela tra i soggetti vittime dello sconosciuto, fino a pochi giorni fa, virus Covid-19 che, caratterizzato da un’elevata contagiosità, si è diffuso rapidamente nella quasi totalità delle nazioni del mondo, tanto da indurre l’OMS a proclamare lo stato di pandemia, e contro il quale i medici italiani, in assenza di cure convenzionali ed in una situazione gravemente emergenziale, sono impegnati in prima linea, mettendo a rischio la propria vita, al fine di curare i numerosi pazienti che ne sono colpiti.

Il messaggio pubblicitario è posto in essere con modalità e contenuti chiaramente contrari alla correttezza professionale, essendo volto a promuovere e commercializzare un servizio professionale del quale, tuttavia, non fornisce nessuna informazione, inducendo i destinatari, con modalità suggestive ma senza fornire indicazione alcuna, a ritenere la possibilità di agire per il risarcimento del danno causato dal contagio del coronavirus, facendo chiaramente ed esclusivamente leva sulla situazione di debolezza degli utenti in un momento di particolare disagio e di forte emergenza sanitaria.

Il messaggio è, invero, assolutamente poco trasparente e poco chiaro e volutamente allusivo e suggestivo: la informativa pubblicitaria, infatti, si limita ad affermare che “le infezioni ospedaliere rientrano tra le complicanze più frequenti in ambito sanitario” e che esse potrebbero dare diritto ad un risarcimento alla vittima o ai suoi familiari. Quindi, invita a richiedere una consulenza gratuita, indicando, poi, tra gli hashtag la parola “coronavirus”, inducendo, così, in maniera suggestiva e meramente intuitiva, ma senza fornire la benché minima indicazione al riguardo, l’utente a ritenere la risarcibilità per la infezione da coronavirus.

Talché, l’indicazione appare costituire un evidente specchietto per le allodole, un espediente idoneo ad indurre il potenziale utente a richiedere alla società la consulenza professionale offerta.

La comunicazione ha tutti i caratteri della comunicazione pubblicitaria scorretta ed ingannevole: essa appare gravemente in contrasto con le norme deontologiche cui sono soggetti i professionisti che dovrebbero fornire la consulenza richiesta dagli utenti.

Nello specifico, e senza dubbio, tale comunicazione – assumendo che la iniziativa sia avviata da o con il supporto di avvocati – è altresì contraria alle regole di correttezza poste dal Codice Deontologico Forense che, da un lato, pur consentendo informazioni pubblicitarie sull’attività professionale, richiede che esse, per essere lecite e corrette, debbano essere caratterizzate da trasparenza, correttezza, non equivocità, non ingannevoli, non comparative, né suggestive od elogiative, e ciò anche per un evidente scopo di tutela di affidamento della collettività; e dall’altro il divieto per l’avvocato di acquisire rapporti di clientela con modi non conformi a correttezza e decoro.

E certamente la comunicazione in esame non è in linea con tali principi e norme. La informativa pubblicitaria, come detto, non fornisce la benché minima informazione sull’attività professionale offerta, evocando unicamente le infezioni da coronavirus, sì da condizionare le scelte dei potenziali clienti privi di adeguati strumenti informativi, inducendoli a contattare l’operatore e a richiedere la relativa consulenza.

Al riguardo, si fa presente che una precisa norma del codice deontologico Forense, ovvero l’art. 40, impone all’avvocato un esaustivo obbligo di informativa (“…l’avvocato è tenuto ad informare sulle caratteristiche, l’importanza, le azioni e se richiesto sui costi prevedibili della causa e sulle caratteristiche della stessa…”). Consulenza ed attività che vengono, nel caso in esame, pubblicizzate come sostanzialmente gratuite: il messaggio pubblicitario, infatti, come esposto, induce il consumatore a richiedere una consulenza gratuita e sul sito dell’operatore economico si legge: “Il pagamento delle nostre competenze avverrà solo in caso di risarcimento ottenuto.

TUTTE le spese di avvio e prosecuzione della pratica saranno a nostro esclusivo carico (perizie, consulenze, spese di giustizia).

La nostra forza: ZERO RISCHI, ZERO SPESE, MASSIMA PROFESSIONALITA’” (www.risarcimentoeconsulenza.com, pagina informazioni).

Circostanze tutte vagliate dal Consiglio Nazionale Forense, in un caso non dissimile e ritenute integrare una condotta violativa delle norme del Codice Deontologico, confermando la sanzione disciplinare irrogata dal COA di Pescara (CNF, Decisione del 23/4/2019).

In definitiva, il messaggio pubblicitario diffuso sui mezzi di informazione e sui social network dall’operatore economico “Risarcimento e Consulenza” è gravemente contrario alle norme e ai principi di correttezza professionale ed integra una pratica commerciale scorretta, vietata dal Codice del Consumo.

I suoi contenuti, finora illustrati, sono evidentemente contrari alle norme di cui agli artt. 18-23 del Codice del Consumo, integrando evidentemente una pratica commerciale ingannevole.

Oggettivamente contraria alle regole deontologiche che si impongono ai professionisti operanti il servizio professionale, la comunicazione è, infatti, certamente contraria, stanti contenuti reticenti e modalità suggestive di sollecitazione del pubblico dei consumatori, all’art. 22 del Codice del Consumo, che, notoriamente, prescrive “è considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o e’ idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o piu’ dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o e’ idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:

a) l’esistenza o la natura del prodotto;

b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilita’, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione, la composizione, gli accessori, l’assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l’idoneita’ allo scopo, gli usi, la quantita’, la descrizione, l’origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto;

c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e la natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla sponsorizzazione o all’approvazione dirette o indirette del professionista o del prodotto;

d) il prezzo o il modo in cui questo e’ calcolato o l’esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo;

e) la necessita’ di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione;

f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali l’identita’, il patrimonio, le capacita’, lo status, il riconoscimento, l’affiliazione o i collegamenti e i diritti di proprieta’ industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i riconoscimenti;

g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell’articolo 130 del presente Codice.”.

Si chiede, pertanto, che codesta Autorità voglia porre in essere tutte le attività di accertamento e sanzionatorie di sua competenza, ai sensi e per gli effetti dell’art. 27 del Codice del Consumo, inibendo e sospendendo sin da subito la prosecuzione della pratica commerciale scorretta, a tutela dei diritti dei consumatori, oltre che dei medici che, con grande senso di responsabilità e deontologia, sono schierati in prima linea contro il virus Covid-19 e mettono a rischio tutti i giorni la propria vita per curare le numerose persone contagiate e per salvare vite umane.

Si chiede altresì – conclude Oliveti nella lettera – che codesta Autorità voglia inoltre accertare d’ufficio e sanzionare la eventuale esistenza di altri comportamenti analoghi da parte di altri operatori economici, intesi ad approfittarsi dello stato di particolare ansia e preoccupazione dei consumatori nel presente periodo di eccezionale emergenza sanitaria nazionale.