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di Massimiliano Cavaleri
La fase 2 comporta un ritorno parziale, e in alcuni casi totale, alla vita normale e ciò fa sorgere numerosi dubbi e preoccupazioni di vario genere. Ne abbiamo parlato con il dott. Lorenzo Mondello, già direttore di Malattie infettive dell’ospedale Papardo e consulente infettivologo del gruppo Giomi di Messina, oltreché giornalista e già direttore di Messina Medica.
Fase2: prematuro il ritorno alla normalità? Ci dovrebbero essere differenze tra zone “rosse” e il resto d’Italia?
Per l’andamento dell’epidemia, che io ho definito recentemente endemia, e per i casi sporadici in Sicilia, credo sia corretta la riapertura, almeno per le regioni come la nostra. Il virus non è sospeso in aria, come è stato detto in precedenza da presunti esperti; quindi si può ripartire regolarmente con le dovute precauzioni di distanziamento interumano, da me chiamato “fisico” più che sociale, di almeno 1 metro (meglio di 2m in presenza di vento, ad esempio nelle spiagge), e avere senso di responsabilità. Il clima aiuta a far essiccare eventuali goccioline contagiose e non fa sopravvivere il virus. Io sarei a favore di una differenziazione tra aree più colpite come la Lombardia, che ancora conta numeri da non sottovalutare, e il Sud dove ormai si registrano quote insignificanti, in alcuni casi zero; le restrizioni andrebbero valutate in base ai numeri. Problema enorme sarà la libera circolazione a partire da giugno che potrebbe contribuire ad una diversa “distribuzione” del contagio.
Utilità di mascherine e guanti? Gli asintomatici possono contagiare?
Mascherina sì in luoghi chiusi, come ribadito dalla circolare della OMS del 7 aprile. I guanti invece non servono a proteggere, anzi sono controproducenti perché ricettacolo di batteri e difficili da smaltire o da cambiare per come si dovrebbe. Consigliabili frequenti lavaggi di mani e uso di disinfettanti a base di gel igienizzanti, anche agevoli da portare con sé. Ricordiamo che gli asintomatici difficilmente sono contagiosi, anche perché se non ci sono sintomi delle alte vie respiratorie, significa che la presenza del virus è occasionale e irrisoria, tale da non riscontrarsi nemmeno nelle goccioline.
Quanto ha inciso la carenza di personale durante l’emergenza? Saremo più pronti per eventuali ritorni epidemici?
La pandemia ci ha colto impreparati soprattutto per la scarsezza quantitativa di risorse umane e ciò ha inciso parecchio: molti medici e operatori sono stati trasferiti in reparti covid, senza adeguata preparazione e formazione; per prossime “occasioni” la vissuta esperienza drammatica e specifica risulterà indispensabile. Ma il problema della sanità in Italia è ancora più importante: negli ultimi 20 anni sono stati fatti solo continui tagli e ora ne subiamo le conseguenze. Mi auguro che nei prossimi anni ci sia una controtendenza: ferme restando la giusta eliminazione di sprechi e ottimizzazione di risorse, ma non si devono ridurre all’osso gli organici, non garantendo corretti turnover tra generazioni con l’antica quanto saggia relazione anziano-giovane, di fatto maestro-allievo, cioè il cosiddetto affiancamento.
La comunicazione in termini di prevenzione, soprattutto per le fasce meno colte di popolazione, è determinante: secondo lei quali errori sono stati commessi?
Il primo errore che riguarda non solo la comunicazione, ma anche la gestione affidata alla Protezione civile: una grande anomalia. Secondo sbaglio: non accompagnare, almeno inizialmente, il prezioso lavoro dei virologi di laboratorio con figure cliniche come gli infettivologi. Io avrei evitato anche conferenze stampa in orari notturni per annunciare provvedimenti epocali; l’ho trovato devastante anche dal punto di vista psicologico per la gente, presa da ansia, panico e depressione.
Polemiche su interventi in TV di noti virologi, epidemiologici, ecc. sia perché vengono pagati (alcuni hanno anche un manager) sia per presunti interessi legati ad aziende farmaceutiche o altro, che ne pensa?
Credo che questo tipo d’informazione, che riguarda la salute dell’intera popolazione, debba essere fatta a titolo gratuito. Per quanto riguarda gli interessi di qualunque genere, rientriamo nelle regole degli ospedali sulle incompatibilità; molti di questi ospiti tra l’altro, sono dipendenti dell’SSN quindi mi sorprende abbiamo potuto ricevere cachet per le partecipazioni.
E’ una fake news che la mortalità sia stata sovrastimata nelle zone “rosse” per un maggiore rendimento? Al contrario i morti sono sottostimati?
La mia sensazione, come quella della gente, è che molti pazienti, come quelli oncologici, in fondo, siano deceduti a causa della malattia di base e non del virus; la scoperta di un tampone positivo è stata concomitante e occasionale e non determinante per la dipartita. E’ stato però certamente fatto un errore importante: non eseguire le autopsie che ci avrebbero fornito preziose informazioni sulla patogenesi. Gira voce che in Lombardia ci sia stata addirittura una circolare per non farle, ma non ho certezze per affermarlo. La carenza di riscontri autoptici ha portato inizialmente fuori strada anche i clinici, perché in molti casi si è pensato si trattasse esclusivamente di polmoniti interstiziali; quando invece il meccanismo che portava alla morte era legato a fatti trombotici gravi delle arteriole polmonari, che provocavano infarti multipli massivi del polmone e quindi impossibilità di ossigenazione, come poi è stato dimostrato. In sintesi, mentre tutti rincorrevano ventilatori e respiratori, bisognava cercare più eparina…
A proposito di eparine: la terapia di prevenzione dei danni dell’endotelio può quindi migliorare la prognosi dei pazienti con altre malattie?
Sì, il meccanismo patogenetico alla base è la vasculite, infiammazione dell’albero vascolare arterioso e venoso di tutti i distretti; in modo particolare il covid colpisce il polmone e i vasi polmonari. E’ un meccanismo comune a tante malattie immunologiche e autoimmuni, agisce sulla coagulazione del sangue con un meccanismo “a cascata” come i fuochi d’artificio, nel senso che innescato il primo, partono anche gli altri. Per evitare questa “esplosione” è necessario intervenire con l’eparina e con i farmaci antiinfiammatori steroidei.
Che speranze ci sono per possibili vaccini?
Alte probabilità, perché ci sono quasi un centinaio di lavori in giro per il mondo: ricordiamoci che si lavora sul ceppo attuale, che si potrebbe definire “cinese-lombardo”, ma se nel frattempo il virus RNA muta (come per altri virus a RNA, ad esempio l’HIV), il vaccino potrebbe rivelarsi inutile. Conviene quindi concentrare gli sforzi soprattutto sulle terapie, come plasma-terapia o anticorpi monoclonali, derivati sinteticamente sull’anticorpo del siero delle persone guarite, oggi. Ci sono diverse realtà italiane che stanno lavorando in tale direzione. Il vaccino è una misura di profilassi fondamentale ed è destinato alla popolazione sana; le terapie nuove riservate ai contagiati. Importante è trattare i pazienti a domicilio fin dai primi sintomi, con farmaci: l’antimalarico idrossoclorochiina: il plaquenil, in associazione con l’antibiotico azitromicina che azione immunomodulante e di potenziamento sull’antimalarico che ha azione antivirale, cioè un effetto booster; una terapia steroidea a basso dosaggio, che ha un’azione immunomodulante e quindi modifica un po’ la storia clinica e il decorso di questa patologia e di tutte le malattie virali.