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di Vittorio Nicita Mauro
Da osservazioni recenti sembra emergere che il tabagismo favorisca l’insorgenza e l’aggravamento del Covid-19, la malattia causata dal nuovo coronavirus che sta provocando la morte di molti pazienti in tutto il mondo ed in particolare in Italia. Sono note da tempo le alterazioni che provoca il fumo sull’apparato respiratorio compromettendone la funzionalità in maniera più o meno grave in base alla suscettibilità individuale ed al consumo giornaliero di sigarette e/o di sigari. Il fumo esercita un effetto deprimente sulla funzionalità respiratoria che risulta inversamente correlata al numero di sigarette fumate ed agli anni di fumo. In particolare il fumo determina un’alterazione funzionale della mucosa bronchiale con rallentamento sino all’arresto dei movimenti ciliari e minore efficienza della clearance mucociliare che svolge un ruolo importante nell’ostacolare l’ingresso di inquinanti e agenti infettanti, incluso il coronavirus. Il tabagismo, spesso in associazione ad altri errori nello stile di vita, rappresenta un importante fattore proinfiammatorio in grado di favorire la comparsa di una infiammazione a bassa intensità ma persistente con possibili conseguenti processi patologici tra cui anche malattie virali a carico dell’apparato respiratorio. Spie di questa infiammazione a bassa intensità sono l’incremento dei leucociti, della proteina C reattiva e dell’interleuchina 6. Il fumo inoltre compromette le risposte immuni dell’apparato respiratorio contribuendo alla diminuzione delle difese nei confronti del coronavirus. A quanto sopra riportato si è aggiunto recentemente un dato nuovo (Olds JL et al, FEBS J, marzo 2020; Leung JM et al, Eur Respir J, aprile 2020) che rinforza l’ipotesi che il fumo favorisca ed aggravi il Covid-19 e ciò perché nei fumatori è presente una quantità più elevata di recettori ACE2 rispetto ai non fumatori. La maggiore disponibilità di recettori ACE2 potrebbe facilitare l’ingresso del coronavirus e l’insorgenza della malattia Covid-19. Infine, premesso che il fumo svolge attività protrombotica principalmente in conseguenza dell’aumento dell’adesività e dell’aggregabilità piastrinica, dell’aumento del trombossano, della riduzione della prostaciclina e della disfunzione endoteliale, bisogna evidenziare che è emerso recentemente che alcuni pazienti con Covid-19 hanno manifestato fenomeni trombotici ed embolia polmonare anche massiva. Si può quindi ipotizzare che nei fumatori queste gravi complicanze possono presentarsi con maggiore facilità. Prima di concludere è importante citare i primi dati clinici apparsi in letteratura sui rapporti tra fumo e Covid-19. In particolare Guan WS et al (N Engl J Med, febbraio 2020) in uno studio svolto in Cina su 1099 casi confermati di Covid-19 ha rilevato che un terzo dei fumatori presentava al momento del ricovero un quadro clinico più grave rispetto ai non fumatori ed inoltre il rischio di ricovero in terapia intensiva o la necessità di ventilazione meccanica era più che doppio (26% vs 12%). Inoltre Vardenas CL e Nikitara K, autori di una dettagliata review su Covid-19 e fumo (Tob induc Dis, marzo 2020), sostengono che il fumo è molto probabilmente associato alla progressione negativa e ad esiti avversi di Covid-19. Da quanto esposto si ritiene di poter concludere sostenendo che, anche per ridurre il rischio di ammalarsi di Covid-19 e, in casi di contagio, per contrastarne l’evoluzione sfavorevole, sia opportuno consigliare ai fumatori di interrompere l’abitudine tabagica o comunque ridurre il numero di sigarette mentre alle persone che debbono convivere con fumatori di limitare al massimo l’entità del fumo passivo.