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di MARIA CRISTINA VALSECCHI
Dal 1978, quando è nata Louise Brown, la prima “bambina in provetta”, i piccoli concepiti con l’aiuto della procreazione assistita (PMA) sono sorvegliati speciali: ogni aspetto della loro salute e del loro sviluppo è stato indagato e continua tuttora a essere oggetto di ricerca mentre, col passare dei decenni, quelli ormai cresciuti hanno a loro volta dei figli e, di pari passo, le tecnologie al servizio della procreazione assistita si affinano e si fanno sempre più sicure.
Pochi mesi fa un gruppo di ricercatori dell’Università di Bristol, in collaborazione col Registro Nazionale Gemelli dell’Istituto Superiore di Sanità italiano, ha valutato statura, peso e indice di massa corporea di oltre 150.000 neonati, bambini, adolescenti e giovani adulti, tra cui più di 4.000 concepiti grazie alla PMA [1]. È risultato che alla nascita e nei primi anni di vita i bimbi concepiti in vitro sono in media leggermente più piccoli, in termini di statura e peso, rispetto ai coetanei concepiti spontaneamente. Tuttavia, col passare degli anni la differenza si attenua e alle soglie dell’adolescenza si annulla. I “figli della provetta” recuperano altezza e peso e rientrano nella media della popolazione generale.
Dottore, come mai inizialmente i bambini concepiti con la PMA sono più piccoli?
Era già noto da studi precedenti che i bimbi concepiti con la PMA corrono un maggior rischio di parto pretermine e basso peso alla nascita. Nei decenni passati questo rischio era significativo a causa della frequenza elevata di gravidanze gemellari tra le donne che ricorrevano alla procreazione assistita. Era abitudine trasferire nell’utero più di un embrione simultaneamente, per migliorare la probabilità che almeno uno attecchisse. Quando più d’uno attecchiva, la gravidanza era gemellare e, quando i bimbi in arrivo sono due, nascono prima e sono più piccoli rispetto ai singoli.
Oggi i protocolli sono cambiati: si tende a trasferire un embrione per volta e la frequenza delle gravidanze gemellari da PMA si è notevolmente ridotta. Di conseguenza anche il rischio di parto pretermine e basso peso alla nascita si è ridotto, ma rimane tuttora più elevato rispetto alle gravidanze da concepimento spontaneo. Anche i bimbi concepiti con PMA che sono singoli, non gemelli, alla nascita e nei primi anni di vita sono in media leggermente più piccoli dei coetanei concepiti spontaneamente. Quel che conta, però, è che con la crescita recuperano la differenza, che non incide sulla loro salute generale.
La PMA comporta un maggior rischio per i bambini di difetti congeniti?
Diversi studi hanno evidenziato un lieve aumento della frequenza di alcuni specifici difetti congeniti tra i bambini concepiti col ricorso alla PMA rispetto a quelli concepiti spontaneamente [2]. Si tratta, in particolare, di difetti a carico dell’apparato gastrointestinale, dell’apparato muscolo-scheletrico e di quello genito-urinario. L’aumento del rischio probabilmente non è dovuto tanto alla tecnica di procreazione assistita di per sé, quanto a possibili fattori genetici sottostanti all’infertilità dei genitori o alla loro età al momento in cui sono stati acquisiti i loro gameti [3].
Per esempio, si indaga sul rischio che i figli maschi nati da padri infertili grazie alla ICSI, cioè alla tecnica che consiste nell’iniettare lo spermatozoo direttamente all’interno dell’ovocita, possano ereditare l’infertilità paterna e in seguito avere problemi quando a loro volta cercheranno di diventare genitori. La ICSI, cioè, non cura l’infertilità paterna ma la aggira e, se il problema è di origine genetica, può tornare a manifestarsi una generazione dopo. Su questa eventualità al momento mancano evidenze definitive. Il 15% delle infertilità maschili e il 10% di quelle femminili ha origine genetica [4], dunque le coppie che accedono a un percorso di PMA hanno un rischio maggiore di trasmettere a un figlio un’anomalia genetica rispetto alla popolazione generale. Ecco perché nei percorsi di procreazione assistita di norma agli aspiranti genitori viene offerta una consulenza con un medico genetista ed eventualmente dei test mirati.
Infine, c’è da fare un’osservazione: benché la frequenza di alcuni specifici difetti congeniti sia superiore tra i bambini concepiti con la PMA rispetto a quelli concepiti spontaneamente, la frequenza delle malformazioni di qualunque tipo, diagnosticate alla nascita, è inferiore tra i piccoli concepiti con la procreazione assistita rispetto alla popolazione generale. Da uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità [5], nel 2015 il tasso di malformazioni alla nascita per i bimbi concepiti con PMA era pari al 7,8 per mille, per la popolazione generale era pari al 21,2 per mille. Lo stesso studio evidenzia che questo dato è migliorato nel corso degli anni, dal 2005 al 2015, probabilmente per un progresso della capacità di valutare le caratteristiche degli embrioni prima di trasferirli.
(Fonte: dottoremaeveroche.it)