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I manager della sanità pensionati ma ancora al timone? Ci sono esperienze e competenze che non vanno perse

I manager della sanità pensionati ma ancora al timone? Ci sono esperienze e competenze che non vanno perse

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Caro Direttore,
a proposito della questione dei direttori ASL, vorrei illustrare un esempio di come il divieto di cumulo di pensione e stipendio in certi casi possa rivelarsi controproducente per la collettività. Non arrivando la mia pensione a 1.200 euro invio regolare modulo MAD ai presidi di vari istituti offrendomi come supplente di lingue straniere, ed effettivamente mi chiama un istituto turistico. Mi trovo di fronte sei sezioni che da cinque settimane sono prive d’insegnante, ma gli allievi apprezzano il mio bilinguismo e iniziamo procedendo spediti. Tre giorni dopo però la vicepreside mi convoca per comunicarmi che la segretaria ha sbagliato a contattarmi in quanto pensionato. Obietto che non sono andato in pensione in anticipo, la mia è una regolare pensione di vecchiaia; obiezione respinta su indicazione della direttrice didattica. Dulcis in fundo: non mi spetta alcun compenso per le dieci ore di lezione svolte. Voglio concludere con una nota di ottimismo: nell’abbandonare l’edificio passo davanti alla classe in cui avrei dovuto tenere la lezione in quell’ora, una 5a. Gli allievi ignari sono lì che attendono. Entro e spiego che sono stato sospeso dall’insegnamento con effetto immediato, e che la titolare sarà assente ancora tre settimane. Mi aspetto un’esplosione di giubilo, mi arriva invece un boato di rabbia e disapprovazione. Ne deduco che le nuove generazioni sono più responsabili di quelle oggi al potere.

Caro lettore,
mi pare che la sua esperienza sia emblematica di una realtà che stiamo sottovalutando o affogando nella demagogia. Parto proprio dalla vicenda dei manager delle Ulss che, essendo pensionati potrebbero lavorare solo gratuitamente e non invece, com’è accaduto sinora, cumulare il loro assegno previdenziale opportunamente decurtato allo stipendio di direttore generale. Sull’interpretazione di questa norma esistono pareri legali diametralmente opposti: non sono un giurista e non posso ne’ voglio entrare nel merito della questione. Faccio però una riflessione: qual’è l’interesse dei cittadini e quale dovrebbe essere l’obiettivo dell’amministrazione pubblica? La risposta mi sembra ovvia: avere alla guida di strutture sanitarie così importanti manager esperti e capaci. Che siano già pensionati o meno, direi che è un aspetto abbastanza secondario. La competenza e la professionalità, a maggior ragione quando si parla di salute, dovrebbero essere il criterio discriminante. E se la legge non tiene conto di questo, semplicemente è una legge sbagliata. E anche ingiusta perchè vale solo per il settore pubblico e non per quello privato, dove gli stessi manager pur essendo pensionati, potrebbero lavorare senza dover rinunciare allo stipendio. Ma c’è anche una considerazione più generale da fare. La vita media si è notevolmente allungata: ci sono professionisti, in particolare nella sanità, che anche a 70 anni e oltre sono nel pieno dello loro capacità. Eppure sono costretti dalle leggi, scoccato il 70esimo compleanno, a lasciare le strutture pubbliche. Naturalmente quasi tutti il giorno dopo lavorano nel privato, com’è peraltro giusto che sia: perché sarebbe un danno per tutti disperdere competenze ed esperienze così preziose. Anche su questo aspetto credo dovremmo riflettere. E’ proprio impossibile fare in modo che professionalità di riconosciuto livello restino, se lo vogliono, all’interno della sanità pubblica e non siano vittime della inesorabile tagliola della carta d’identità?

(Fonte: https://www.ilgazzettino.it/AMP/lettere_al_direttore/sanita_veneto_direttori_ulss_pensione_stipendio-6791286.html)