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Riceviamo e pubblichiamo dal Prof. Giuseppe Pracanica
Quanto di peggio potesse offrire la piazza politica di allora, anno 2000, si riunì per fondare i no-vax: il peggior presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, il peggior presidente del Consiglio dei Ministri, Massimo D’Alema, il peggior ministro della Sanità, Rosy Bindi ed il peggiore ministro della P.I. Luigi Berlinguer.
Oscar Luigi Scalfaro
Marcello Gardani, il 24 agosto 1996, quando Scalfaro era ancora in vita, sarebbe morto nel 2012, scrisse e pubblicò su internet:
In pretura
– Alzatevi, accusata: vi chiamate?
– Pia Tonzi. – Maritata? – Sissignora.
– Con prole? – No… con uno che lavora…
– D’anni? – Ventotto. – Che mestiere fate?
– Esco la sera verso una cert’ora…
– Già, comprendo benissimo, abbordate…
– Oh, dico, sor pretore, rispettate
l’onorabbilità d’una signora!
– Ma le guardie vi presero al momento
che facevate i segni ad un signore,
scandalizzando tutto il casamento…
– Loro potranno divve quer che vonno:
ma io, su le questioni de l’onore,
fo come li Ministri: nun risponno!
(Trilussa)
Regalo questa piccola gemma a tutti coloro che amano il sonetto satirico in romanesco.
Se poi a qualcuno venisse in mente una possibile intenzione critica nei confronti del nostro amato Presidente, Oscar Luigi Scalfaro, che, accusato di aver rubato 100 milioni di lire al mese per quattro anni, invece di negare, pronunciò uno stentoreo “Io non ci sto!” al che gli accusatori vennero per sempre confusi ed umiliati da una tale sfolgorante verità ed i magistrati ritennero di non poter procedere (però, che vitaccia, fare il pretore, soprattutto se gli imputati “Non ci stanno”… rimandare in libertà ladruncoli, scippatori, ogni grazia di Dio, catturata con tanta fatica, ma che si può fare, se “non ci stanno” non ci stanno (dentro), se a qualcuno, dicevo, venisse in mente questa intenzione, pensi che Trilussa lo scrisse quasi un secolo fa.
E’ evidente che non aveva quindi nessuna intenzione critica nei confronti della giusta reticenza del nostro Presidente. Pertanto nessuna Procura italiana dovrebbe sentirsi impegnata a dissotterrare i resti del Poeta per far loro subire la punizione dovuta a chi si macchi del crimine di vilipendio del Capo dello Stato, a cui invece auguriamo cordialmente di poter orgogliosamente “non starci” ancora per molti anni a venire.
Però coi 100 milioni al mese basta, eh?
Massimo D’Alema
Guido Rossi affermò, quando era primo ministro D’Alema, che “Palazzo Chigi è la più grossa merchant bank dove non si parla inglese” . Ad Alan Friedman che lo intervistava per La7, Massimo D’Alema rispose orgoglioso: “Abbiamo fatto questa fondazione, legata al Parlamento europeo, sul modello tedesco, e io ne sono il presidente”. La fondazione in questione è la Feps, Foundation for European Progressive Studies, pensatoio del progressismo europeo, più prosaicamente, l’area dei socialisti europei. D’Alema ne è il presidente fin dalla nascita, nel 2008-2009 e, come vedremo, al suo interno ha portato sempre una cerchia ristretta di fedelissimi. Il “modello europeo” significa, di fatto, il finanziamento pubblico da cui, come le fondazioni dei partiti in Germania, proviene la maggior parte dei fondi. Nel caso in questione, il finanziamento europeo, circa 3 milioni di euro l’anno, copre, come da regolamento, l’85 per cento delle spese documentate, lasciando ai soci fondatori delle fondazioni sovranazionali l’onere di recuperare il restante 15 per cento. In questi giorni l’ex presidente del Consiglio ed ex segretario del Pd (allora DS) Massimo D’Alema è stato citato in giudizio davanti al tribunale civile di Bruxelles. A promuovere la causa è la Fondazione dei socialisti europei che chiede a D’Alema di restituire 500mila euro di compensi ricevuti tra il 2013 e il 2017. A darne notizia è il quotidiano la Repubblica. D’Alema ha ricoperto la carica di presidente della stessa Fondazione tra il 2010 e il 2017 e nei primi tre anni non ha percepito alcun compensa per l’incarico, prassi peraltro seguita anche dai predecessori. Dal 2013, anno in cui D’Alema smette di essere parlamentare, l’ex segretario del Pd si accorda però con l’allora direttore generale della Fondazione Ernst Stetter per iniziare a ricevere un corrispettivo. Nei 4 anni di presidenza seguenti D’Alema riceve così circa 500mila euro (120mila euro l’anno), attraverso canali di pagamento che, secondo quanto scrive Repubblica, non sono mai digitali. L’avvicendamento ai vertici, avvenuto del 2019, avvia uno scrutinio sui conti della Fondazione che per la sua attività riceve finanziamenti dal Parlamento europeo. Sotto la lente finisce anche il compenso di D’Alema che viene ritenuto illegittimo in quanto l’accordo non fu mai sottoposto agli organi della Fondazione che avrebbero dovuto approvarlo. Viene quindi chiesto a D’Alema di restituire il denaro, nell’ambito di un’intesa “amichevole”. Il politico italiano però contesta la richiesta della Fondazione, sostenendo che i compensi sono legittimi e parametrati alle prestazioni intellettuali fornite, il cui valore è stato fatto valutare anche da una società indipendente. Alla fine la Fondazione decide così di portare D’Alema in tribunale, una decisione assunta con il voto favorevole di 23 delle 25 fondazioni di vari paesi europei che fanno parte del board della Fondazione.
Rosaria Bindi, in arte Rosy & Luigi Berlinguer
Ministro della Sanità, all’inizio mal consigliata, prese una chiara posizione anti-vaccinazioni, distruggendo quello che aveva fatto il suo grandissimo predecessore, l’on. Tina Anselmi, fino ad assumere il ruolo di irriducibile Torquemada contro tutti coloro che si permettevano di sostenere la validità del sistema vaccinale, in questa sua nefasta attività veniva assecondata dal ministro alla P.I. Luigi Berlinguer.
Un vecchio igienista
L’obbligo delle vaccinazioni per tutelare il bene collettivo, costituzionalmente garantito, del diritto alla salute è da condividere in pieno. Quando i quattro precursori dei no vax di cui sopra emisero il D. Legislativo 335/1999, l’Ufficiale Sanitario di Messina dell’epoca non lo tenne in alcuna considerazione ed, in base alla legge, continuò a segnalare i genitori inadempienti all’Autorità Giudiziaria.