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I raggi UV uccidono il coronavirus?

I raggi UV uccidono il coronavirus?

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di Giada Savini 

Da diversi mesi viene ampiamente diffusa la notizia circa l’utilizzo di radiazioni ultraviolette (UV) come strumento efficace per neutralizzare il SARS-CoV-2, grazie all’azione germicida dei raggi UV-C (le radiazioni ultraviolette il cui utilizzo è molto diffuso in ambito ospedaliero per la sterilizzazione dei dispositivi medici). Infatti, durante i mesi estivi è stato pubblicato uno studio in pre-print (non ancora sottoposto a revisione critica di altri scienziati) condotto in condizioni sperimentali da un gruppo di ricercatori di diversi istituti – l’Istituto nazionale di Astrofisica (INAF), l’Università statale di Milano, l’Istituto nazionale dei tumori di Milano (INT) e l’IRCCS Fondazione Don Gnocchi [1] – per definire le dosi dei raggi UV-C necessarie per inattivare il SARS-CoV-2. Dei raggi UV-C si conoscono però, altrettanto bene, anche i potenziali danni per la salute. Quindi proviamo a fare chiarezza.

Cosa sono i raggi UV?

Tutti noi siamo esposti quotidianamente a una certa dose di radiazioni ultraviolette che per la maggior parte provengono dal Sole, ma possono derivare anche da fonti artificiali, tra le più diffuse vi sono le lampade abbronzanti e le lampade germicide utilizzate soprattutto in ambienti ospedalieri. I raggi UV si distinguono in tre categorie principali:

  • I raggi UV-A, i quali costituiscono il 95% dei raggi UV che raggiungono la superficie terrestre, possono penetrare fino al derma e provocano l’invecchiamento della pelle (sono emessi anche dalle lampade abbronzanti).
  • I raggi UV-B vengono in buona parte assorbiti dallo strato di ozono presente in atmosfera, ma una non trascurabile percentuale riesce a raggiungere la superficie terrestre. Questi raggi vengono assorbiti dalla pelle a livello superficiale (arrivano fino all’epidermide) e sono indispensabili alla sintesi della vitamina D che fissa il calcio nelle ossa. Ciononostante, sono comunque responsabili di danni alla pelle.
  • I raggi UV-C sono i più dannosi per la salute, provocando gravi ustioni alla cute e agli occhi. Fortunatamente vengono assorbiti completamente dagli strati più alti dell’atmosfera (in particolare dall’ozono) e non arrivano sulla superficie terrestre. I raggi UV-C vengono emessi dalle lampade usate per la sterilizzazione e sono gli unici ad avere potere germicida [2].

In generale, gli effetti nocivi dei raggi UV possono essere a breve termine, quale la produzione di eritemi a seguito di brevi esposizioni, o a lungo termine, quali l’induzione di tumori della pelle a seguito di esposizioni prolungate. Sia i raggi UV solari che quelli emessi da lampade abbronzanti sono stati classificati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità quali cancerogeni certi [3].

Dottore, allora perché vengono usati per sterilizzare oggetti?

L’azione germicida dei raggi UV-C su batteri e virus è dovuta alla capacità dei raggi di “rompere i legami molecolari di DNA e RNA che costituiscono questi microorganismi. Diversi sistemi basati su luce UV-C sono già utilizzati per la disinfezione di ambienti e superfici in ospedali e luoghi pubblici” ricorda l’Agenzia regionale di sanità della Regione Toscana, un ente tecnico con finalità di consulenza e ricerca verso vari organi istituzionali [4].
I raggi UV-C, come sottolinea anche Francesco Bochicchio, fisico dell’ISS, in una recente intervista, “sono noti da tempo come antibatterici, utili per sanificare attrezzi e ambienti disattivando il virus. Mai però in presenza delle persone. Parliamo di attrezzi e ambienti, non di cura per l’uomo” [5].

La sterilizzazione è efficace?

Studi in vitro hanno dimostrato che i raggi UV-C sono in grado di inattivare considerevoli percentuali di virus dell’influenza disperso in aerosol, del virus H1N1, e altri coronavirus [6]. Un’ulteriore revisione e analisi degli studi condotti finora sugli esperimenti di inattivazione riporta che “i dati disponibili rivelano grandi variazioni [nei risultati], che apparentemente non sono causate dai coronavirus ma dalle condizioni sperimentali selezionate. Se queste vengono escluse il più possibile, sembra che i coronavirus siano molto sensibili ai raggi UV” [7]. Tra i molti studi condotti sull’efficacia della sterilizzazione per mezzo dei raggi UV, lo scorso giugno anche la nota rivista scientifica Nature ha pubblicato uno studio in cui i ricercatori hanno “dimostrato che dosi molto basse di luce UVC (a una distanza di sicurezza dalle persone) uccidono efficacemente i coronavirus umani trasportati dagli aerosol” e concludono: “È probabile che la luce UVC mostri un’efficienza di inattivazione rispetto ad altri coronavirus umani, incluso SARS-CoV-2” [8].
Questo tipo di radiazione ultravioletta “a distanza di sicurezza” viene definita “Far-UVC” e permette anche l’esposizione diretta alle radiazioni. Lo spiega a Dottore ma è vero che Edward Anthony Nardell, docente di Global Health and Social Medicine dell’Harvard Medical School. “Si chiama Far-UVC ed è un sistema efficace e sicuro a breve e lungo termine, anche se molto costoso. Un aspetto positivo dell’esposizione diretta è che non è necessario che l’aria arrivi nella parte alta della stanza per essere disinfettata: viene purificata costantemente”. Come è noto, i raggi UV-C causano danni a pelle e occhi, motivo per cui “le lampade germicide sono spesso applicate all’interno delle condutture dell’aria. Questo sistema però garantisce un’efficacia piuttosto limitata in un contesto epidemico perché non ferma eventuali contagi diretti che possono verificarsi all’interno di una stanza” spiega il docente dell’Harvard Medical School. Inoltre, Nardell ricorda anche che per “un’efficace disinfezione dell’aria”, oltre all’uso dei purificatori e di dispositivi UV germicidi, è caldamente raccomandato – dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie statunitensi – il ricambio frequente d’aria degli ambienti chiusi [9].

La sterilizzazione è sicura?

Come riportato nel Rapporto ISS COVID-19 n. 25/2020 – “Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: superfici, ambienti interni e abbigliamento”: “La radiazione UV-C può essere utilizzata in sicurezza in sistemi chiusi per disinfettare le superfici o gli oggetti in un ambiente chiuso in cui la luce UV non fuoriesce all’esterno. Basta infatti un contenitore di plexiglas o di vetro per schermare efficacemente la radiazione UV-C. Viceversa, i sistemi tradizionali con lampade UV-C installate a parete o a soffitto che generano luce UV-C in assenza di protezione dell’utente dall’esposizione, rappresentano un potenziale pericolo in funzione della lunghezza d’onda, dell’intensità e della durata di esposizione, in considerazione del fatto che la radiazione UV-C di per sé non può essere percepita dall’essere umano in quanto non dà alcuna sensazione termica e non è visibile. Infatti, come documentato in letteratura, la radiazione UV-C (nell’intervallo 180 nm 280 nm) è in grado di produrre gravi danni ad occhi e cute” [6].

Le lampade a raggi UV che si trovano in vendita online… funzionano?

Prendendo di nuovo in prestito le parole del fisico Francesco Bochicchio è possibile constatare che “c’è un proliferare di pubblicità su lampade che producono UV-C che dovrebbero essere adoperate solo da operatori esperti e comunque mai davanti a estranei per evitare che i raggi colpiscano occhi e pelle. Alcune lampade producono ozono, che è altrettanto dannoso, e gli ambienti dovrebbero essere ventilati prima di introdurre gli utenti. È una situazione molto pericolosa. Si dicono mezze verità senza dare il giusto risalto ai rischi” [5].
Fa eco anche Antonio Clavenna, Dipartimento di Ricerca Salute pubblica dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri IRCCS, affermando che “queste lampade devono essere impiegate da personale specializzato e mai quando nell’ambiente sono presenti altre persone. Possono, infatti, causare rischi per la salute umana (irritazioni cutanee, danni agli occhi). Al momento le istituzioni sanitarie non consigliano l’utilizzo di queste lampade per gli ambienti domestici” [10].
Infatti, anche il Ministero della Salute si è espresso a riguardo, segnalando, in un’allerta, la presenza di alcune “lampade UV, in vendita su canali on line, che vantano poteri sterilizzanti nei confronti di virus e batteri, ma non emettono raggi UV-C e risultano, quindi, inefficaci; altre lampade emanano dosi di raggi UV-A, UV-B, UV-C non conformi alle norme europee e, quindi, sono potenzialmente nocive per la salute” [11].
“Oltre ad essere inefficaci contro il coronavirus e a presentare rischi per la salute, i prodotti segnalati, vantando attività sterilizzante nei confronti di virus e batteri, possono indurre nelle persone che li utilizzano un falso senso di sicurezza, potenzialmente pericoloso” [11].

Invece gli altri tipi di ultravioletti che arrivano sulla Terra?

I risultati dello studio condotto da diversi ricercatori appartenenti ai già citati istituti di ricerca italiani non provano l’efficacia dei raggi UV-A e UV-B per neutralizzare il SARS-CoV-2. Come afferma Antonio Clavenna, “gli stessi autori hanno condotto uno studio analizzando l’andamento della malattia in 261 nazioni, osservando una correlazione tra la durata dell’irraggiamento solare (e di conseguenza la durata di esposizione ambientale a una dose di raggi UV-A e B ritenuta sufficiente per inattivare il virus) e un minor numero di nuovi contagi. Si tratta, però, di uno studio da valutare con cautela, in quanto non ancora sottoposto al processo di revisione tra i pari (peer review); inoltre, la presenza di una correlazione tra due eventi non rappresenta una prova di un’associazione di tipo causa-effetto” [10].
Anche una rivista specializzata del gruppo editoriale del Lancet, molto autorevole in campo medico-scientifico, ha espresso alcune perplessità sull’efficacia dei raggi solari che raggiungono la Terra, dichiarando che “sfortunatamente, l’ultravioletto A è il principale componente della luce solare che raggiunge il suolo. La radiazione ultravioletta B può anche avere un piccolo effetto germicida, ma solo una piccola parte raggiunge la superficie terrestre poiché la maggior parte viene assorbita dall’atmosfera. La radiazione ultravioletta che è totalmente assorbita dallo strato di ozono è accettata come avente la lunghezza d’onda ottimale per l’azione germicida, cioè la radiazione ultravioletta C. Unendo tutti questi principi, è chiaro che la luce solare che raggiunge il suolo è priva di radiazioni ultraviolette C germicide” [12].
Indipendentemente dall’effetto protettivo dei “raggi del sole”, trascorrere del tempo all’aria aperta riduce il rischio di contagio – in quanto le goccioline respiratorie si disperdono maggiormente e più rapidamente – e ha numerosi benefici per la salute fisica e psicologica, ricorda Antonio Clavenna, aggiungendo che “occorre, comunque, mantenere le distanze fisiche, osservare le norme igieniche e indossare la mascherina” [10].

(Fonte: dottoremaeveroche.it)