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Per tenere sotto controllo la pandemia di Covid-19, che a oggi conta nel mondo più di 50 milioni di casi, i ricercatori si sono mossi per sviluppare test affidabili in grado di identificare la presenza del virus nella popolazione. Ma quanti ne esistono oggi e quali sono le differenze? Innanzitutto bisogna sapere che esistono due diverse tipologie di test, quelli virali e quelli immunologici. Per test virali si intendono i tamponi naso-faringei o oro-faringei che permettono di diagnosticare la presenza o l’assenza del virus e la carica virale. I test immunologici, invece, grazie a un prelievo di sangue, misurano la risposta immunitaria dell’organismo al SARS-CoV-2 e verificano la presenza di anticorpi. Queste due tipologie di test hanno quindi una differenza fondamentale: i test virali mostrano se l’infezione da nuovo coronavirus è in atto, mentre i test immunologici indicano un’esposizione già avvenuta a SARS-CoV-2 e quindi non servono a diagnosticare Covid-19.
Dottore, come funziona il classico tampone per Covid-19?
Quello che comunemente viene chiamato tampone è il test molecolare. Fa parte dei test virali che, come detto, permettono di diagnosticare la presenza o l’assenza del virus nel nostro organismo. In particolare, il test molecolare cerca la presenza di materiale genetico (RNA) del virus. Come spiegato da Dottore ma è vero che nella scheda “Il tampone per Covid-19 può essere pericoloso per la salute?”, il test viene fatto sul materiale biologico prelevato dalle mucose del naso e della gola con un bastoncino di lunghezza adeguata e con del cotone a un’estremità. Se nel campione prelevato fosse presente il materiale genetico del virus, il test risulterebbe positivo; in caso contrario, sarebbe negativo. Per prelevare questo materiale biologico, il tampone mira alla rinofaringe, la parte superiore della gola posteriore al naso. Per raggiungerla, è necessario far avanzare il tampone nelle fosse nasali perpendicolarmente al volto del paziente per una lunghezza media da 8 a 12 cm fino a quando non si incontra una resistenza, appunto costituita dalla parte posteriore della rinofaringe. La rinofaringe è separata dal cervello dall’osso etmoide, che impedisce qualunque tipo di passaggio [1,2]. Per questo, i tamponi non possono in alcun modo danneggiare la barriera ematoencefalica (per approfondire leggi la nostra scheda).
Il test molecolare, con una sensibilità tra il 60% e il 90%, è il più efficace e attendibile per rilevare il virus durante la fase attiva dell’infezione, anche in assenza di sintomi. Attenzione: il termine “sensibilità” indica la capacità del test di identificare correttamente le persone malate. Per quanto riguarda i tempi di attesa, invece, si dovrebbe ricevere la risposta tra le 24 e le 48 ore [2]. Purtroppo, però, essendo un test dispendioso che richiede personale qualificato, reagenti specifici e strumentazioni costose, ed essendo in questo periodo i laboratori spesso oberati, i tempi per avere una risposta possono allungarsi anche di diversi giorni.
Dottore, ho sentito parlare anche di test rapidi…
A differenza dei test molecolari, i test antigenici rapidi rilevano la presenza del virus non tramite il suo acido nucleico (RNA) ma tramite le sue proteine (antigeni). Il materiale biologico prelevato dalla gola o dal naso con un bastoncino, senza raggiungere le parti più profonde del setto nasale, viene prima miscelato in un reagente e poi posto su una striscia di carta che tramite una reazione biochimica mostrerà con un segnale fluorescente o colorato la presenza o meno degli antigeni di SARS-CoV-2. L’affidabilità, però, non è ancora paragonabile a quella dei test molecolari e la positività in alcuni contesti può richiedere la conferma del test molecolare. Quest’ultimo, infatti, è in grado di rilevare una singola molecola di RNA virale in un microlitro di soluzione, mentre il test antigenico richiede che un campione contenga migliaia, se non addirittura decine di migliaia, di particelle virali per microlitro per riuscire a rilevare l’antigene del virus. Quindi, se la carica virale fosse bassa il test potrebbe erroneamente risultare negativo. Si è visto che la sensibilità di questi test è elevata in campioni raccolti alla comparsa dei primi sintomi e che superata la prima settimana si riduce notevolmente [2,3,4].
Sicuramente, però, il test rapido può essere importante proprio per la velocità con cui si ottiene il risultato: circa mezz’ora. Inoltre, con la circolare del 3 novembre 2020 il Ministero della Salute ha dato la possibilità di effettuare i test antigenici rapidi anche ai medici di famiglia e ai pediatri [5]. Dunque, come sottolineano il Ministero della Salute e l’istituto Superiore di Sanità, “sebbene i test molecolari siano quelli di riferimento per sensibilità e specificità, in molte circostanze si può ricorrere ai test antigenici rapidi che, oltre a essere meno laboriosi e costosi, possono fornire i risultati in meno di mezz’ora e consentono, se c’è link epidemiologico, di accelerare le misure previste” [6]. Attenzione: la specificità indica la probabilità che una persona sana risulti effettivamente negativa al test.
Dottore, invece i test sierologici come funzionano?
I test sierologici sono degli esami del sangue che servono per capire se una persona, anche senza saperlo, ha già contratto Covid-19 in tempi più o meno recenti. I test rintracciano nel sangue la presenza di immunoglobuline M (IgM) e immunoglobuline G (IgG) specifiche contro il virus SARS-CoV-2. Le immunoglobuline sono anticorpi che l’organismo produce quando il sistema immunitario riconosce la presenza di agenti estranei come i batteri o i virus. In particolare, le immunoglobuline M sono le prime a comparire nel sangue in risposta a un’infezione e hanno un ruolo molto importante nelle difese immunitarie. Le immunoglobuline G, invece, sono quelle più presenti nel sangue e le più importanti per la difesa dai microbi. Le IgM e le IgG, che possono rimanere nel sangue per settimane anche dopo la guarigione, richiedono tempi diversi per svilupparsi dopo un’infezione. In particolare, la positività del test sierologico alle sole IgM indica che la persona è entrata in contatto con il virus presumibilmente da una a quattro settimane prima. Al contrario la positività alle IgG, che si manifestano più tardi delle IgM e rimangono più a lungo nel sangue, indica che il contagio è avvenuto da almeno quattro o sei settimane. Questo è il motivo per cui i test immunologici non servono a diagnosticare la malattia in atto. Poiché la presenza degli anticorpi indica solo che la persona è stata infettata ma non se è guarita e non più contagiosa, per confermare o escludere la contagiosità è necessario eseguire il tampone [3,7].
La Food and Drug Administration (FDA) – l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici – ha messo in guardia i pazienti dall’utilizzare i risultati del test sierologico come un pretesto per interrompere l’adozione di misure per proteggere sé stessi e gli altri, tra cui il mantenimento della distanza fisica o l’utilizzo di mascherine [8]. Oltre al fatto che i test sierologici potrebbero non essere sempre attendibili, infatti, non è ancora chiaro se la presenza di anticorpi significa essere immuni a Covid-19 in futuro.
Dottore, esistono anche dei test salivari?
Recentemente sono stati proposti sul mercato dei test per Covid-19 più semplici e meno invasivi, che utilizzano la saliva come campione da analizzare. Anche per i test salivari esistono sia test di tipo molecolare – che rilevano quindi la presenza nel campione dell’RNA del virus – sia di tipo antigenico – che rilevano nel campione le proteine virali. Ancora, però, sono in fase di valutazione [2].
Dottore, quale scegliere tra i test per Covid-19?
Alla luce delle evidenze al momento disponibili, della situazione epidemiologica e della necessità di garantire test in tempi compatibili con le diverse esigenze di salute pubblica, è fondamentale una scelta appropriata tra i test per Covid-19 disponibili in funzione delle diverse strategie per l’identificazione di infezione da SARS- CoV-2. Come hanno dichiarato il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità, infatti, “la sensibilità e la specificità dei test non possono rappresentare l’unico criterio nella scelta del tipo di test da utilizzare nell’ambito di una strategia che prevede non solo la diagnosi clinica, ma anche la ripetizione del test all’interno di una attività di sorveglianza che sia sostenibile e in grado di rilevare i soggetti positivi nel loro reale periodo di contagiosità” [6].
Il test molecolare, il cosiddetto tampone, è indicato per:
- Caso sospetto sintomatico con o senza link epidemiologico.
- Soggetto in quarantena se compare sintomatologia.
- Contatto stretto di caso confermato che vive o frequenta regolarmente soggetti fragili a rischio di complicanze.
- Asintomatico per ricovero programmato.
- Screening degli operatori sanitari o di personale che lavora in contesti ad alto rischio.
- Soggetto in isolamento per la conferma di guarigione.
- Contatto asintomatico in quarantena per la chiusura a 10 giorni.
Il tampone antigenico rapido, invece, è indicato per:
- Soggetto con pochi sintomi in assenza di link epidemiologico.
- Contatto stretto di caso confermato che è asintomatico (ad esempio per le scuole e il lavoro), senza conviventi fragili.
- Persona asintomatica proveniente da Paesi a rischio.
- Screening di comunità per motivi di sanità pubblica.
- Persona asintomatica che effettua il test su base volontaria.
- Motivi di lavoro, di viaggio o per richieste non correlate a esigenze cliniche.
Infine, il test sierologico è indicato per:
- Screening di comunità per motivi di sanità pubblica.
(Fonte: dottoremaeveroche.it)