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di Emidio Tribulato
Per WINNICOTT D. W., ‹‹I bambini sono estremamente sensibili al tipo di relazione esistente tra i genitori: quando tra le quinte va tutto bene, il bambino è il primo a rendersene conto e lo dimostra: infatti è palesemente più a proprio agio ed è felice; è anche più facile accudirlo››.[1] Cosa succede, invece, nell’animo di un bambino quando le persone che dovrebbero, più delle altre, dargli sicurezza e serenità, iniziano tra loro una contesa della quale non si conoscono i risultati ma si avvertono sicuramente i danni inferti?
In questi casi vi sono fondamentalmente due condizioni: la prima riguarda i bambini molto piccoli, ancora non in grado di capire le cause della conflittualità ambientale; la seconda riguarda i bambini un po’ più grandetti, i quali, avendo maggiori capacità di osservazione e comprensione dell’ambiente e delle persone che li circondano, sono capaci di dare dei giudizi sugli altri e su se stessi.
Nel bambino molto piccolo i conflitti genitoriali o familiari sono facilmente e immediatamente avvertiti dal tono di voce acuto e aggressivo dei contendenti; tono di voce che è esattamente opposto a quello da lui cercato e desiderato. I conflitti sono avvertiti anche dalla inusuale tensione delle braccia che lo stringono a sé, dai modi bruschi usati dalla mamma, dal papà o dagli altri familiari che hanno cura di lui, così come sono facilmente avvertiti dalla scarsa disponibilità, pazienza e attenzione nei suoi confronti. In questi piccoli bambini appare prevalente lo stato di turbamento, allarme e ansia per quanto succede attorno a loro, per cui essi rispondono con svariati sintomi di sofferenza come la perdita dell’appetito, il rigurgito eccessivo, il pianto, l’insonnia, l’agitazione o al contrario l’apatia, la chiusura e il distacco. Sintomi questi ultimi che spesso sono trascurati o sottovalutati, proprio a causa dei diverbi in atto.
Nel caso di un bambino più grandetto, oltre al turbamento e all’istintivo stato di allarme, sopravviene in lui il bisogno di capire quanto succede nel suo mondo e di collocarsi in una posizione ben definita. Il figlio avverte, inoltre, l’urgenza di ricercare, delle soluzioni alla sgradevole situazione nella quale si ritrova. Purtroppo tutti questi bisogni sono molto difficili se non impossibili da realizzare. a causa delle limitate possibilità presenti nell’età infantile.
Intanto spesso il bambino non sa dare delle risposte alle tante domande che lo assillano: ‹‹Cosa succede?››. ‹‹Chi ha ragione?››. ‹‹ Chi ha torto?››. ‹‹Perché mamma grida?››. ‹‹Perché papà minaccia e sbatte la porta e manca da casa?››. Da queste ed altre domande simili non possono che nascere violenti sensi di colpa: ‹‹Questa tempesta che ha colpito la mia casa, è stata forse causata da me? dai miei capricci e dalle mie monellerie?››. E poi: ‹‹Chi ha ragione?››. ‹‹Chi ha torto?››. ‹‹Chi devo lodare e amare?››. ‹‹Chi devo disprezzare e odiare?››. ‹‹Cosa posso fare io per far cessare questa contesa che procura tanto danno?››.
L’ansia e la paura che nascono da questi continui conflitti non possono non riflettersi nell’animo dei minori, i quali avranno notevoli difficoltà ad amare e rispettare i genitori. A volte il rancore dei figli si riverserà su entrambi, altre volte su uno solo di essi. In altri casi o in altri momenti l’odio si alternerà all’amore.
Purtroppo lo stesso giudizio conflittuale, imbevuto di odio e di amore potrà essere rivolto anche a se stessi, ritenuti, quasi sempre a torto, causa del conflitto stesso in quanto, a volte, i motivi di scontro riguardano, almeno apparentemente, le decisioni da attuare e la linea da seguire nella cura e nell’educazione del figlio. Questi conflitti tendono ad ampliarsi e ad ingigantirsi in quanto il bambino potrà chiedersi quando, dove e perché ha sbagliato: ‹‹Se io fossi stato più bravo, se io fossi stato più buono, i miei genitori non avrebbero litigato tra loro!››.
Altri sensi di colpa possono nascere dai giudizi dati verso l’uno o verso l’altro genitore: ‹‹Non è giusto che io abbia giudicato male mia madre, schierandomi con mio padre››. E viceversa: ‹‹Non è giusto che abbia difeso mia madre quando, obiettivamente, lei ha un pessimo carattere, così che facilmente fa arrabbiare ed esasperare mio padre››. Lo schierarsi, per un figlio equivale a bollare di iniquità uno dei due genitori, accettando in tutto o in parte le accuse dell’altro, per cui è facile che lui si allontani, sia fisicamente sia psicologicamente, dalla madre o dal padre ritenuto, a torto o a ragione, colpevole.
L’ambiente conflittuale, frequentemente e facilmente si allarga anche ai parenti e agli amici della famiglia, i quali, spesso, non riescono ad essere neutrali. Prima o poi, infatti, tendono a schierarsi e a parteggiare per l’uno o per l’altro dei coniugi, aggiungendo aggressività e livore ad altra aggressività e livore. In queste tristi condizioni anche la rete familiare si sfilaccia, fino a rompersi del tutto. Con la rottura della rete familiare, se gli adulti soffrono molto, ancor più soffrono i bambini, poiché sono costretti a vivere in mezzo al sospetto, all’intrigo, ai gesti di aggressività, di ripicca, alle bugie e agli inganni.
Purtroppo, poiché in molte coppie i conflitti stanno diventando sempre più frequenti e sempre più gravi, l’ambiente nel quale il bambino è obbligato a vivere è diventato sempre di più un luogo di guerra piuttosto che un luogo di pace. E nei luoghi di guerra è difficile non rimanere vittime di gravi lesioni, nel nostro caso, vittime di gravi lesioni psichiche.
Non sempre la conflittualità ambientale coincide con la conflittualità coniugale. Spesso il piccolo si ritrova volente o nolente coinvolto in diatribe con nonni, zii, tate, baby – sitter, ma anche contro i vicini di casa o i cosiddetti “amici di famiglia”. Anche in questi casi la tensione ambientale può danneggiare il piccolo che si affaccia alla vita e che vorrebbe vivere e crescere tra persone che si stimano e vogliono bene, specialmente se queste persone sono a lui vicine.
[1] D. W. WINNICOTT, Il bambino e la famiglia, Firenze, Giunti e Barbera, 1973, p. 113.