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Il caldo record e i 1.500 morti in più al Sud: «Colpa dei tagli alla sanità, i fragili sono penalizzati»

Il caldo record e i 1.500 morti in più al Sud: «Colpa dei tagli alla sanità, i fragili sono penalizzati»

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I numeri del sistema di sorveglianza regionale. La climatologa: ci vogliono strategie di adattamento

Il caldo record che ha investito l’Italia ha provocato 1.500 morti in più al Sud a luglio. Soprattutto anziani, prima di tutto over 85. Ma anche nella fascia di età dai 65 agli 84. In totale, spiega oggi Repubblica, si possono stimare in mille in più i morti nella settimana tra il 19 e il 25 luglio. In tutto il mese invece si arriva a 1.500. I numeri sono ricavati da una proiezione di quelli pubblicati dal ministero della Salute. Ed elaborati dal dipartimento epidemiologico della Regione Lazio. Ovvero il “Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera”, che utilizza i dati delle anagrafi di 51 città italiane. Secondo i ricercatori «i risultati evidenziano un eccesso di mortalità contenuto al Centro-Sud, del +7%, e una mortalità inferiore all’attesa nelle città del Nord».

La mortalità

L’epidemiologo della Statale di Milano Carlo La Vecchia spiega che nel Centro-Sud muoiono in media circa 800 persone al giorno (e 650 hanno più di 65 anni). Se si moltiplica per 28 giorni, quelli presi in considerazione nel monitoraggio, e si ricava poi il 7%, si ottengono appunto circa 1.500 decessi. Nel bollettino si fanno gli esempi degli incrementi «significativi di Napoli, +10%, Bari +50%, Taranto +42%, Reggio Calabria +90% e Catania +34». Intanto, al Nord addirittura si registra un -14% di mortalità. Un dato in controtendenza. Che si può spiegare con i sistemi di protezione che hanno funzionato. O forse con la pandemia di Covid, che ha colpito anziani e fragili più al nord che al sud. Secondo il presidente della Fnomceo Filippo Anelli il dato si spiega anche con i tagli alla sanità. «Per aiutare queste persone, quelle fragili o molto vecchie, bisogna avere un buon sistema sociale, per stare loro vicino magari al domicilio, e anche sanitario, per le eventuali cure, in emergenza e non. E nel nostro Paese questi servizi sono molto diversi al Nord rispetto al Sud».

L’aspettativa di vita

Anelli spiega che al Sud l’aspettativa di vita è già più bassa di 2-4 anni rispetto al Nord: «Intanto ci sono difficoltà di carattere organizzativo per mettere in piedi un adeguato modello domiciliare, che dovrebbe essere la risposta tipica a questi problemi. Come ho detto, non ci vuole solo il medico, c’è bisogno ad esempio di assistenza a casa. Ma qui se vuoi mandare qualcuno da un anziano a fare una qualunque attività, come la riabilitazione, aspetti giorni e giorni». E poi ci sono i problemi ambientali: «Al Sud gli anziani non vivono con l’aria condizionata, ad esempio. Questo dipende dai soldi. I pensionati spesso non se la possono permettere. Una delle battaglie che facciamo con i figli è di convincerli a installare i condizionatori ai loro genitori. Di fronte ai 48 gradi che abbiamo avuto qui, non si possono aprire le finestre, la casa chiusa diventa comunque un forno e il ventilatore non serve a niente. Con queste temperature ci vuole l’aria condizionata».

La climatologa

La climatologa Serena Giacomin, che è presidente dell’Italia Climate Network, dice invece che «in Italia con la crisi del clima c’è il di rischio vivere periodi più siccitosi, con piogge in genere meno frequenti ma più intense ovunque: ovviamente però soprattutto Sud e Sicilia sono più esposti alle ondate di caldo di origine subtropicale innescate dal famoso anticiclone nord africano. Il problema, nel caso di luglio, a livello di salute credo sia da ricercare soprattutto nella durata di questo fenomeno». Mentre «la temperatura percepita è spesso legata all’umidità, un parametro molto importante a livello sanitario. Se il tasso di umidità è elevato facciamo fatica a termoregolarci. Il problema è che queste masse d’aria torrida, ovvero secca, che arrivano dal deserto con più frequenza oggi sono estremamente calde e immagazzinano molto vapore d’acqua di cui si caricano passando sul Mediterraneo e quando arrivano sull’Italia sono molto cariche, trasformando il caldo in afoso, umido, una condizione che ci fa soffrire e alla quale dobbiamo preparaci».

Le strategie di adattamento

In questa ottica per prepararsi «servono strategie di adattamento e serve consapevolezza. Serve politica e serve che chiunque fa informazione dia indicazioni precise, dettagli che aiutino ad individuare i rischi che si nascondano dietro alle ondate di caldo. Al contrario dire per esempio “è estate e fa sempre caldo” è dannoso, perché non aiuta a valutare bene il problema».

(Fonte: www.open.online)