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“Il collezionista di stelle” di Pietro Venuto

“Il collezionista di stelle” di Pietro Venuto

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Chi colleziona stelle? Forse chi, sospeso tra il tempo e l’infinito, fissa con un occhio il presente e con l’altro l’eterno divenire delle cose dei mondi. E ciò perché le stelle non appartengono al nostro e a nessun pianeta, ma brillano di luce propria e irradiano la nostra brevissima storia regalandole un tocco d’immortalità.

Questa, in estrema sintesi, l’essenza dell’ultima fatica letteraria di Pietro Venuto, scrittore e medico ma, soprattutto, imperterrito conservatore di memorie antiche e significanti che scaturiscono dal profondo delle sue radici d’origine. Saponara, piccolo e pittoresco borgo adagiato sulle pendici dei Peloritani, è per il Nostro un vero e proprio paese simbolo – come già lo è stato Mineo per il grandissimo Bonaviri – punteggiato da personaggi di un passato che ha lasciato traccia indelebile nella sua cifra umana e letteraria.

“Il collezionista di stelle” (Pungitopo Editrice 2024, pp. 88) è un lungo e struggente canto alle gemme preziose che sono i ricordi scanditi dal campanile della chiesa madre, dal bar della piazza, dei verdi crinali che corrono verso la spiaggia, autentici luoghi dell’anima del Nostro. Ivi si consuma ininterrotto un corso di eventi i quali, scrutati dal balcone della memoria, assumono forma e consistenza di sogno. La vita, questa “gioia preziosa” che ci viene regalata da un caso o un destino non si sa bene, fluisce in pagine odorose di miti, uno tra tutti il mare e il pescatore che parla ai gabbiani e salva il protagonista e un suo compagno dalla morte per annegamento. La giovinezza “che correva da una sorgente all’altra, nello spazio senza confini della vita terrena e del sogno infinito” costituisce lo sfondo di qualunque accadimento possa prender forma tra cielo, mare e terraferma.

Ed è in questo infinito di stelle, pianeti e satelliti vaganti nel buio cosmico che, a intermediare il delicato passaggio tra transeunte ed eterno, ecco apparire la luna, satellite per eccellenza, sui cui crateri le anime dei trapassati soggiornano prima di spiccare il volo verso il Mistero divino.

Chissà quante volte, dalla finestra della sua casa d’infanzia, il Nostro l’avrà contemplata, come già i Poeti di ogni tempo, timoroso che prima o poi potesse spegnersi, non ammantando più della sua luce argentea la nostra terra. Un incubo, risolto però dal pronto intervento del “lupinario” che, presala tra le braccia, “la distese sul carro d’argento e la riportò al suo posto nell’infinito firmamento”.

Perché nessun “collezionista di stelle” – com’è il Nostro – potrà mai abdicare alla luminescente dimensione del sogno.

GIUSEPPE RUGGERI