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di Marinella Ruggeri
L’Istituto Superiore di Sanita’ ha pubblicato le indicazioni ad interim sui principi di gestione del Long-COVID (Rapporto ISS COVID-19 n. 15/2021) nella Versione del 1 luglio 2021
Questo documento è il prodotto di riflessioni ed analisi emerse da diversi gruppi europei responsabili delle Linee Guida NICE-SIGN-RCGP su Long-COVID pubblicate il 18/04/2021
Sono stati definiti i criteri temporali:
- Fino a 4 settimane: Covid-19 acuto
- Tra 4 e 12 settimane: Covid-19 sintomatica persistente
- Oltre le 12 settimane: Sindrome post-Covid-19
E’ stato sottolineato il necessario approccio di “empowerment” per presa in carico di gruppi più vulnerabili, coinvolgimento di caregiver e utilizzo di strumenti di contatto differenziati, pianificando assistenza, diario della patologia, monitoraggio e sviluppo di ricerca.
Data la grande variabilità delle manifestazioni di segni e sintomi, la valutazione sul paziente deve essere multidisciplinare e riguardare aspetti sia generali che cognitivi, psicologici e psichiatrici
Compito principale è indagare sui sintomi che impattano sulle attività di vita quotidiana, pertanto il Primo Step è l’ascolto attento della loro storia.
Vengono indicati gli esami da effettuare, i sintomi persistenti più frequenti che si confermano, in tutti i dati, e sono: cefalea, delirium, perdita di gusto e olfatto, faticabilità, febbre.
I numeri emersi risultano significativi:
1 su 5 a 5 settimane, 1 su 7 a 12 settimane
L’Ipotesi di genesi del Long-Covid è che si tratti di danno organico diretto, anche se con un modello biologico nuovo, per la mancanza di persistenza di una replicazione virale.
Più accreditata è l’ipotesi di una risposta immunitaria innata con rilascio di citochine infiammatorie e lo sviluppo di stato pro-coagulativo, peculiare immunoattivazione persistente.
I fattori FAVORENTI sono:
- Età avanzata, sesso FEMMINILE, obesità e ospedalizzazione.
Sfida per la Medicina di Genere, il Long Covid si caratterizza per una differenza nei due sessi con le donne che hanno il doppio di probabilità, per una risposta immune più forte sia per fattori genetici che per fattori ormonali; rammentiamo che l’outcome appare più severo per il COVID-19 ACUTO nel sesso maschile, MA la reazione autoimmune più frequente nel sesso femminile, mostra maggiore probabilità di sviluppare il LONG-Covid fino ai 60 anni, poi , i dati appaiono meno squilibrati fra i due sessi.
Le manifestazioni cliniche possibili del LONG-COVID sono generali ed organo-specifiche, e tra queste, le più frequenti sono quelle neurologiche, specie la cefalea pulsante, bilaterale, in regione temporo-parietale , frontale o periorbitale, ad insorgenza graduale o improvvisa, con scarsa risposta agli analgesici; il « brain fog»: calo di concentrazione, lacune mnesiche, difficoltà delle funzioni esecutive; la disautonomia tra le manifestazione più recenti, osservate.
…Il « cognitive Impairment» è il modo migliore per misurare il Long Covid, certamente, anche più della compromissione polmonare ( prof Antinori)…
E’ stato descritto il LONG-COVID del Bambino: caratterizzato da affaticamento persistente, cefalea, astenia, cambiamenti del tono dell’umore, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, vertigini, disfunzioni cognitive.
E’ stato descritto il LONG-COVID dell’Anziano con frequenza doppia rispetto ai giovani, peggioramento dello stato di fragilità e sviluppo di disabilità. Disturbi più frequenti sono neurodegenerativi, specie neuro-cognitivi ( demenza con rischio del 2%) con correlati psichiatrici e malnutrizione. Si sottolinea, come, sia sempre opportuna la valutazione multidimensionale
Va , infine, posta la diagnosi Differenziale con la:
- Post-Intensive Care Syndrome ( in cui la funzionalità polmonare appare compromessa e quadro acuto è stato grave) ,
- Sindrome da Fatica cronica per un correlato più ampio di sintomi nel LONG-COVID.
Quest’ analisi, da me effettuata, negli ultimi tre mesi, trova conforto nei dati elaborati e trasmessi nel documento dell’ISS. Sono necessari studi osservazionali pianificati, al fine di ottenere maggiori elementi sui criteri diagnostici, sulle opzioni terapeutiche, sul monitoraggio multidisciplinare, in cui, il medico di medicina generale, in primo luogo, e diversi specialisti, tra cui, in particolare, il neuropsicologo, sono chiamati a dedicare una formazione mirata per poter fornire un valido contributo alla gestione di questi malati.