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Vincenzo Lo Turco1, Benedetta Sgrò2, Ambrogina Albergamo3, Marcello Saitta3,
Federica Litrenta2, Angela Giorgia Potortì3, Giuseppa Di Bella4
1Professore associato, 2Dottorando, 3Ricercatore, 4Professore ordinario, Chimica degli Alimenti; Dipartimento di Scienze Biomediche, Odontoiatriche e delle Immagini Morfologiche e Funzionali (Biomorf) dell’Università di Messina
Nella grande famiglia della frutta a guscio, i pistacchi sono tra i semi oleosi più apprezzati dagli italiani non solo come ingrediente nella produzione di dolci, creme, gelati, salumi (es. mortadella), primi piatti e secondi piatti ma anche come snack, spesso tostati e salati. Il pistacchio detiene il quarto posto per consumo a livello mondiale, dopo mandorle, noci e anacardi [1]. Il consumo di frutta a guscio, dunque di pistacchi, è consigliato dalle linee guida alimentari emesse da governi di paesi europei e non, per i notevoli benefici alla salute che ne derivano [2,3]. Il primo studio scientifico a evidenziare effetti benefici legati al consumo di frutta a guscio è stato lo studio PREDIMED, condotto in Spagna e concluso nel 2011, che ha dimostrato come la dieta mediterranea integrata con 30 grammi di noci al giorno fosse efficace nel ridurre la glicemia, la pressione arteriosa e il colesterolo, riducendo il rischio di malattie cardiovascolari [4]. Successivamente, i benefici legati al consumo della frutta a guscio, pistacchio incluso, sono stati evidenziati da differenti studi [5,6].
Ciò che comunemente viene definito pistacchio è il seme commestibile della drupa prodotta dall’albero da frutto Pistacia vera (Figura 1), specie appartenente alla famiglia delle Anacardiaceae, caducifoglie e latifoglie, di circa 5-6 metri di altezza, molto longevo, caratterizzato da una fruttificazione alternata, ad anni con produzione abbondante seguono anni con produzione scarsa. Il seme, che assume colorazione che va dal giallo al verde scuro, è protetto da una buccia viola e un guscio legnoso non commestibile (Figura 2), un mallo verde con sfumature di colore rosso che variano in base al grado di maturazione (Figura 1) [7].
Figura 1. Pistacia vera: a sinistra l’albero, a destra il frutto (drupa).
Figura 2. Pistacia vera: seme.
Il termine “pistacchio” deriva dalla lingua persiana “pistak” poiché, essendo un albero originario dell’Asia occidentale, è stato ampiamente coltivato nell’antico impero persiano, e da lì la coltivazione si è gradualmente estesa, prima, nei paesi del Mediterraneo e, poi, in tutto il mondo [8]. Attualmente, gli USA detengono il primato mondiale per la produzione di pistacchio, seguiti dalla Turchia e dall’Iran [9]. In altri paesi come Siria, Grecia, Italia e Spagna esiste una produzione di nicchia del pistacchio. In Italia, la coltivazione del pistacchio è presente quasi esclusivamente in Sicilia ed è concentrata su suoli ricchi di lava alle pendici dell’Etna, nella zona di Bronte, e nel comune di Raffadali, in provincia di Agrigento. I pistacchi provenienti da queste due distinte aree sono tutelati dalle Denominazioni di Origine Protetta (DOP) “Pistacchio Verde di Bronte” e “Pistacchio di Raffadali” [10].
Nonostante il pistacchio sia la frutta a guscio meno studiata esistono ampie prove che confermano gli effetti benefici sulla salute e, in particolare, il suo contributo positivo nel ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e di altre patologie [6].
A livello nutrizionale, il pistacchio è tra la frutta in guscio più ricca al mondo. Ha un basso contenuto di acqua e ad alta densità calorica principalmente per l’elevata concentrazione di grassi (48-63%). Presenta, inoltre, un buon contenuto di proteine (18-22%) e di fibra alimentare (8-12%). I lipidi, sebbene presenti in grandi quantità, sono principalmente acidi grassi monoinsaturi (56-77%) e polinsaturi (14-33%), che svolgono effetti positivi poiché abbassano i livelli di colesterolo LDL e trigliceridi e aumentano i livelli di colesterolo HDL. Il pistacchio contiene anche un notevole contenuto di minerali. È una fonte di potassio e contiene anche buone quantità di fosforo, magnesio e calcio [11,12].
Il pistacchio rientra tra i 50 alimenti al più alto contenuto di sostanze antiossidanti [13]. Queste sostanze sono in grado di contrastare, rallentare o neutralizzare la formazione di prodotti intermedi altamente reattivi che si formano costantemente nell’organismo durante le reazioni di ossidazione (es. respirazione cellulare, digestione, esercizio fisico). Tra questi prodotti vi rientrano specie reattive dell’ossigeno (ROS) e specie reattive dell’azoto (RNS) in grado di danneggiare le diverse componenti delle cellule, primo tra tutti il DNA, ma anche proteine e lipidi che compongono le membrane delle cellule, rendendo l’organismo più predisposto all’insorgenza di malattie. Per evitare ciò è necessario, dunque, mantenere un equilibrio tra sostanze ossidanti e antiossidanti [14]. Tra gli antiossidanti più importanti, il pistacchio contiene antociani, resveratrolo, acidi fenolici e flavonoidi e stilbeni. Presenta un elevato contenuto di tocoferoli, sostanze che costituiscono la vitamina E, e carotenoidi, precursori della vitamina A. Contiene, inoltre, clorofilla, vitamina C, proantocianidine, isoflavoni, acido anacardico e cardanoli [14-16]. Come dimostrato da svariati studi scientifici condotti sia sull’uomo che in laboratorio su animali o colture cellulari, queste sostanze, oltre ad avere una potente azione antiossidante, presentano effetti antinfiammatori, anticancerogeni, cardioprotettivi e antimicrobici: abbassano il rischio di sviluppare malattie infiammatorie, neoplasie, diabete, obesità e malattie neurodegenerative e cardiovascolari quali infarto e ictus [17,18]. Inoltre, questi composti concorrono a conferire la tipica colorazione del pistacchio: il verde del seme dipende dalla presenza di tocoferoli e clorofilla, mentre il colore viola della buccia è conferito dalla presenza di antocianine e resveratrolo. Nella maggior parte dei casi i pistacchi vengono commercializzati e consumati tostati. Il processo di tostatura della frutta secca riduce generalmente il contenuto di sostanze antiossidanti a causa delle elevate temperature raggiunte. Tuttavia, l’attività antiossidante del pistacchio in seguito a tale processo rimane stabile o migliora leggermente poiché se da un lato le elevate temperature determinano la diminuzione di alcune sostanze fenoliche dall’altro determinano la formazione di ulteriori sostanze antiossidanti, quali feofitine, pirazine e composti che conferiscono il tipico aroma di pistacchio tostato [11].
Differenti studi scientifici condotti sull’uomo hanno dimostrato come il consumo di pistacchio, nell’ambito di una dieta sana ed equilibrata, è in grado di contrastare l’ipercolesterolemia e l’ipertrigliceridemia, condizioni strettamente legate allo sviluppo di malattie cardiovascolari quali infarto e ictus, riducendo il colesterolo cattivo (LDL) e i trigliceridi e aumentando il colesterolo buono (HDL) [19,20]. Per beneficiare degli effetti positivi legati al consumo di pistacchio, tuttavia, è bene limitare le quantità assunte, considerando l’elevata densità calorica. Secondo le Linee Guida italiane per una sana alimentazione redatte dal CREA (Centro per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), la porzione consigliata di frutta a guscio è pari a 30 g, equivalenti a circa 45 semi di pistacchio. Inoltre, è sempre consigliato preferire prodotti “al naturale”, ossia senza sale e zucchero aggiunti, ingredienti correlati all’insorgenze di differenti patologie quali ipertensione e diabete [2].
In conclusione, il pistacchio è un’importante fonte di componenti bioattivi: acidi grassi insaturi, proteine vegetali, fibra alimentare, potassio e vitamine. La sua composizione ricca di sostanze antiossidanti rende il pistacchio un alimento funzionale, con proprietà benefiche e protettive per l’organismo, se inserito in un regime alimentare equilibrato. Insomma, una garanzia per una vita longeva e in salute!
Bibliografia e sitografia
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